Carlo Verdone ha detto: “Il film che avrei voluto girare”.
Woody Allen ha commentato: “Ne girero’ un remake con Scarlett Johansson”.
Un gioiello che brilla della luce vigorosa degli abitanti napoletani (Mymovies.it)
PassaParola intervista Paola Randi e Peppe Servillo, rispettivamente la regista e il co-protagonista di Into Paradiso.
Un commedia garbata in cui si ride molto. Lo spaccato di una Napoli multietnica. Cosa rappresenta per te Napoli?
Paola Randi: Napoli è una città straordinaria, cosmopolita per tradizione, che mi ha guidato nei suoi anfratti e mi ha permesso di mostrare qualcosa di nascosto. E quindi la scoperta di una parte della nostra società contemporanea multietnica che è nascosta sebbene sia sotto gli occhi di tutti. Solo Napoli poteva consentirmi una cosa del genere, perchè è una città dove la cultura dell’accoglienza è eccezionale quindi consente piccoli miracoli come quello della comunità dello sri lanka. Che esiste veramente. Il film è stato girato al Cavone, nel quartiere dell’Avvocata che è proprio la strada dove c’è il maggior numero di famiglie dello srilanka a Napoli e quindi è proprio cosi come è stata rappresentata nel film. E ci ha accolto sia il quartiere che la comunità in maniera straordinaria. E’ stata un’esperienza molto bella.
Una parte degli attori sono presi dalla strada. Come hai scelto in questo film?
Paola Randi: Io ho fatto quattro mesi di ricerche a Napoli, vivendo nella comunità e mi sono fatta molti amici che sono diventati protagonisti del film. In realtà i protagonisti Saman Anthonyed Eloma Ran Janz sono stati scelti grazie a Fabiola Banzi, che è la mia casting che ha fatto mesi di ricerche nella comunità e ha trovato queste due meraviglie. Invece, l’altra attrice non protagonista è la signora anziana Shatzi Mosca, che è la zia del produttore Fabrizio Mosca. Poi ho avuto degli attori professionisti eccezionali: Peppe Servillo e Gianfelice Imparato con i quali ho lavorato in maniera meravigliosa. E’ stato meraviglioso lavorare con loro. Una grandissima lezione di vita e di cinema.
Il personaggio che interpreti Vincenzo Cacace, è un politico corrotto che dice: “L’Italia è una terra di lavoro”. Cosa puoi dirci in merito?
Peppe Servillo: In realtà quella è a battuta che cita il nome con il quale viene chiamata la mia terra, il casertano perchè era una terra agricola che in origine godeva di un terreno vulcanico, quindi molto fertile. Ovviamente abbiamo messo questa battuta in bocca al personaggio perchè oggi come oggi questa terra è quella che registra il più alto tasso di disoccupazione quindi, fa ridere. Ma come tutto il film c’è un tono di commedia leggero che cerca di richiamare nel pubblico quella che in fondo è una verità sulla quale va fatta una riflessione e il film lo fa senza pendanteria ma con il sorriso, senza strizzare l’occhio alla commedia come nuovo genere che va, anche perchè è stato pensato e scritto in tempi non sospetti relativamentre all’ultima ondata di commedia italiana. E’ una figura di politico purtroppo non inusuale di questi tempi nel nostro Paese, anzi richiama proprio degli esempi fondanti del modo di fare politica, pero’ speriamo tutti che le cose cambino.
Sei un artista a tutto tondo: musicista, attore, compositore. Quanto è difficile vivere con il proprio lavoro oggi in Italia?
Peppe Servillo: Io non mi considero un artista a tutto tondo perchè si potrebbe pensare che sono superficiale, se uno la legge anche in un altro modo. Io coltivo un’espressività nel mio modo di fare il cantante che poi mi ha portato anche a lavorare al cinema e anche a teatro; io credo e spero di fare lo stesso lavoro. Che è anche un lavoro antico : il cantare e il recitare sono apparentati come mestieri. Resta difficile come resta difficile fare tanti altri lavori. Io in prima persona mi ritengo fortunato perchè posso gioare su tavoli diversi, pero’ qualcuno forse, come idea anche un po’ vecchia dice che in tempi difficili glia rtisti sono stimolati i più..creativamente. pero’ è vero che in questo momento nel nostro paese gli spazi vengono sottratti agli artisti per fare quello che dovrebbero fare. Resta comunque difficile. Ci sono vicende come quello del Valle occupato, per es. a Roma che richiamano l’attenzione proprio su questo.
Nel nostro Paese c’è un deficit di partecipazione se il teatro e l’arte sono un momento di assemblea nella civiltà, della comunità che si autorappresenta allora nel nostro paese, siccome c’è crisi di rappresentatività, di democrazia e partecipazione allora c’è anche nell spettacolo; perchè nello spettacolo i flussi di idee e la circolazione delle stesse è avvantaggiata. Oggi invece si tende a metterci tutti davanti alla TV.
Paola Cairo