Se “Figlia di Merda” racconta il peso delle aspettative familiari, racconta anche un’altra storia, parallela e luminosa: quella delle amicizie femminili come rete, sostegno, bussola e antidoto. Nel libro, le amiche sono specchio, ironia, confronto e conforto. Un modo per ricordare che il percorso verso una forma di libertà emotiva non si affronta soli. Paola Strocchio parla delle amiche con gratitudine, affetto e umorismo. La loro presenza nel libro non è marginale: rappresentano la dimensione comunitaria del sentirsi FDM, quella voce condivisa che permette di stemperare le paure e normalizzare sentimenti che, altrimenti, apparirebbero insormontabili
Abbiamo esplorato con l’autrice la reciprocità del perdono, l’amore adulto verso i genitori, il ruolo cruciale delle amiche e, perfino, un’ipotesi di titolo alternativo al libro.

Se il libro è un manuale di sopravvivenza per le figlie, crede che i genitori, a loro volta, debbano “sopravvivere” alle figlie adulte? C’è spazio per un “Manuale di sopravvivenza per Genitori di Figlie di Merda”?
Mi chiedo spesso come ci si senta a essere i miei genitori, ma la risposta è inevitabilmente viziata, perché la do io. Anche loro hanno il diritto di sopravvivere alle figlie adulte, soprattutto se i genitori di figlie di merda non sono genitori di merda. Non so se i miei mi abbiano perdonato per avere disatteso le loro aspettative. Appartengono a una generazione molto pudica nell’affrontare tematiche squisitamente emotive e soprattutto intime. So che mi vogliono molto bene, e questo – il più delle volte – mi basta.
Il traguardo del libro è la liberazione. Una volta raggiunta questa consapevolezza, come si modifica il rapporto con i genitori? Si può amare profondamente un genitore mantenendo un distacco emotivo e decisionale sano?

Non sono ancora in grado di rispondere, perché non ho ancora raggiunto quel distacco emotivo e decisionale sano cui in qualche modo anelo. Ci sono momenti in cui mi pare di esserci vicina, ma poi torno ad anni luce dal traguardo. Basta una piccola cosa, una fragilità anche momentanea, e mi ritrovo risucchiata in questo vortice di dipendenza. Di bisogno di farli stare bene, di vederli sereni. La mia serenità passa ancora dalla loro. Questo premesso, credo che si possa amare profondamente una mamma e un papà mantenendo quel giusto distacco. Conosco persone che ci sono riuscite, anche se non esiste – per fortuna – un metro per l’amore.
Le amiche giocano un ruolo cruciale nella creazione del “Club delle FDM. Quanto sono importanti queste figure femminili esterne alla famiglia per convalidare i sentimenti e la legittimità della propria vita?
Tanto, perché ti aiutano a sentirti meno sbagliata e meno sola. Le amiche sono fondamentali, sempre. Magari non le vedi tutti i giorni e ti scambi con loro soltanto il “buongiornissimo” su WhatsApp, ma ci sono e sono un porto sicuro. Non credo di essere mai andata a caccia di conferme, con loro, perché credo di avere sempre mantenuto una certa lucidità nelle mie valutazioni. Però sono state preziose perché mi hanno fatto sentire meno sola.
Se avesse dovuto intitolare il libro senza usare la parola “merda,” quale sarebbe stato il titolo che avrebbe catturato meglio l’essenza del suo messaggio sulla dipendenza dall’approvazione?
Non ho nemmeno un dubbio piccolino. “Ingrata”. Perché è il sentire che mi è passato per le mani con maggiore frequenza. Se si disattendono le aspettative di mamma e papà, che tanto hanno investito su di noi (per lo meno nel mio caso è andata così), è perché in qualche modo si è ingrati.
Elisa Cutullè
