Grande partecipazione di pubblico per l’evento “Andrea Camilleri: l’uomo, lo scrittore, il traduttore”, organizzato dalla Fondazione Cavour con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia in Lussemburgo,  tenutosi ieri (giovedì 23 ottobre), presso l’Auditorium Intesa Sanpaolo di Lussemburgo-città

L’iniziativa si inserisce nel quadro delle celebrazioni per il centenario della nascita di Andrea Camilleri (1925–2025), maestro della letteratura italiana contemporanea, amatissimo in tutto il mondo per il suo linguaggio inconfondibile e per la creazione del celebre commissario Montalbano. Durante la serata, il numeroso pubblico ha potuto approfondire le molteplici sfaccettature della figura di Camilleri grazie agli interventi del professor Giovanni Capecchi, docente di Letteratura italiana all’Università per Stranieri di Perugia e della professoressa Simona Mambrini, docente di Lingua e mediazione linguistica francese.

Il professor Capecchi ha ripercorso con passione e competenza le tappe della carriera letteraria di Camilleri. Dagli esordi come poeta nel 1946, passando per gli articoli e i testi teatrali, fino al trasferimento a Roma nel 1949, dove intraprese una brillante carriera nel mondo del teatro, della radio e della televisione. In RAI produsse celebri sceneggiati come Maigret e Sheridan e insegnò al Centro Sperimentale di Cinematografia. Nel 1994, con la pubblicazione de “La forma dell’acqua”, Camilleri diede vita al personaggio del commissario Montalbano, inaugurando la fortunata serie ambientata nella Sicilia immaginaria di Vigàta. Da quel momento, la sua fama conobbe una straordinaria ascesa, rendendolo uno degli autori italiani più letti e tradotti nel mondo.

Capecchi ha sottolineato come la leggerezza e l’ironia di Camilleri derivassero dalla sua capacità di “togliere peso alla realtà”: una realtà complessa, che attraverso la sua penna diventava accessibile, divertente e profondamente umana.

La professoressa Simona Mambrini ha offerto un’interessante analisi linguistica dell’opera di Camilleri, soffermandosi sull’uso originale e innovativo della lingua. Come ha spiegato, Camilleri non è un autore dialettale in senso stretto: utilizza il dialetto in modo intelligente, come strumento per ampliare i confini dell’italiano. Attribuisce al dialetto la funzione di un serbatoio espressivo, da cui attinge parole ed espressioni che l’italiano standard non riesce a contenere, trasformandolo in una lingua viva e ibrida, un “italiano geneticamente modificato”. Questa scelta non nasce dal desiderio di creare una lingua artificiale, ma dalla volontà di rendere il parlato autentico, vicino alla vita quotidiana dei personaggi e al senso di comunità che anima le sue storie. Come un traduttore, Camilleri guida il lettore nel ricavare dal contesto il significato di termini sconosciuti, permettendo di entrare in contatto diretto con la cultura e la sensibilità siciliana. La professoressa Mambrini ha, inoltre, ricordato le difficoltà che i traduttori incontrano nel restituire questa ricchezza linguistica in altre lingue, sottolineando come il linguaggio stesso, nei romanzi di Camilleri, diventi un vero e proprio personaggio — come ha osservato Pau Vidal, uno dei suoi più noti traduttori.

La serata si è conclusa con un sentito omaggio a uno scrittore che è stato non solo narratore e regista, ma anche interprete profondo della società italiana, capace di restituirne con grazia, ironia e umanità le ombre e la bellezza.

Amelia Conte

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