Qual è l’eredità dell’imperatore Federico II di Svevia, lo “Stupor Mundi”, figlio di Costanza d’Altavilla in cui corre il sangue normanno di Ruggero II e di Enrico VI di Hohenstaufen imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Sicilia per soli tre anni dal 1194 al 1197?

Se si fa una valutazione complessiva della vastità della sua opera, mentre la sua figura troneggia nel campo della cultura e delle lettere – fu infatti, il fondatore delle laiche Università di Napoli e Padova – è invece il suo significato politico a sovrastare ogni cosa. Attraverso tre incoronazioni ad imperatore e tre scomuniche che gli arrivarono da due papi diversi, ostinatamente a lui contrari, Gregorio IX e Innocenzo IV, Federico nato a Jesi da una siciliana si è sempre sentito profondamente siciliano e, più ancora che siciliano, italiano. Il suo sogno era quello di fare della Sicilia e dell’Italia un regno unito all’interno dell’Impero. Ecco perché l’importanza del suo messaggio va ricercata nel campo amministrativo e politico, ancora più, a nostro giudizio, che nel campo culturale ed artistico. Certo per la forza della sua personalità e del suo intelletto è ricordato come Stupor Mundi. Non è solo il nipote di Federico Barbarossa e di Ruggero II. Dal primo aveva ereditato certamente una energia instancabile, l’abilità militare, il coraggio ma anche una certa idea dell’Impero. Da Ruggero II aveva preso invece l’insaziabilità delle conoscenze, l’apertura mentale, le curiosità linguistiche (parlerà sino a sei lingue), la passione per le arti e per le scienze, dalla geografia alla scultura alla architettura.
La sua figura è legata innanzi tutto a quell’atto mancato nella storia d’Italia che era stato il suo principale impegno nell’immaginare la penisola riformata secondo un piano unitario che avrebbe offerto al Paese il ruolo di appendice mediterranea dell’Impero, secondo un disegno centralizzatore, che avrebbe creato con quattro secoli di anticipo un nuovo stato peninsulare non più frammentato dai privilegi feudali o dalle presenza particolaristiche dei comuni settentrionali con le loro libertà comunali ristrette ai soli ambiti urbani.
Concependo, innanzitutto, l’atto giuridico fondamentale della nuova ITALIA : una nuova Costituzione unitaria. Ecco il senso della raccolta di leggi contenuta nel FRIDERICI II. LIBER AUGUSTALIS (nelle foto), comunemente chiamato Liber Constitutionum Regni Siciliae o anche Constitutiones Melphitanae, dalla città di Melfi (attualmente comune della provincia di Potenza, in Basilicata) dove vennero promulgate nel 1231. Una costituzione fondata non sul diritto ecclesiastico ma sul diritto romano e in cui trova anche spazio la tradizione normanna con 65 leggi che si riferiscono a quella cultura. Considerato il più importante monumento legislativo del Medio Evo, il Liber Augustalis intende riaffermare l’universalità del diritto romano, ispirandosi a Cesare, Teodosio e Giustiniano, opponendosi quindi alla frammentarietà del mondo feudale, eliminando i poteri intermedi e avocando al centro le prerogative di un potere unico ed indivisibile.
Immaginando la penisola ripartita in quelle sono divenute le attuali province, i giustizierati, e facendo il territorio della penisola oggetto di norme, le regalie, di applicazione uniforme su tutto il territorio. Quest’opera monumentale, se promulgata il 1° settembre 1231 dal giustiziere Riccardo di Montenero, è un’opera certamente collettiva durata alcuni mesi, in cui emerge in particolare il contributo del giureconsulto capuano di scuola bolognese Pier delle Vigne e dell’arcivescovo di Capua, Giacomo Amalfitano, del resto fortemente redarguito per la sua opera dal Papa Gregorio IX che poi scomunicherà Federico II, con una sanzione poi ribadita da Innocenzo III. Avendo come obiettivo principale l’unità del regno e l’abolizione dei titoli e dei privilegi feudali, permettendo quello che apparirebbe oggi come un diritto italiano di cittadinanza, le Constitutiones del Liber Augustalis sono divise in 255 titoli che in tre libri separati regolano il diritto pubblico (109 titoli), la procedura giudiziaria ( 52 titoli) e il diritto feudale, privato e penale ( 94 titoli). Le norme superando il diritto germanico intendono affermare innanzi tutto la tradizione romana della eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Questo già nella seconda metà del XIII secolo!
Venendo ad una breve sintesi dei contenuti, le Consitutiones prevedono così l’ampliamento del potere regio a scapito di feudatari e poteri urbani; l’esercizio della giustizia delegato al re e ai suoi magistrati; il divieto del porto d’armi; l’attribuzione allo Stato della proprietà dei feudi; la sottomissione degli ecclesiastici ai tribunali comuni, senza possibilità della instaurazione su base religiosa di una giustizia concorrente; l’obbligo per le città di rientrare nella giurisdizione dei giustizierati senza poter nominare consoli o podestà; l’introduzione di una fiscalità generale attraverso dei regi tributi ad imposizione diretta; sancisce l’uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, la difesa dei piu’ deboli, abolisce il giudizio di Dio, organizza la magistratura e il corpo dei magistrati che divengono dei funzionari stipendiati dallo Stato. La modernità delle Constitutiones si ritrova anche nel nuovo ruolo attribuito alle donne che possono dirigere autonomamente dei feudi e, se coniugate, nell’ambito delle cause penali sono autorizzate per la prima volta a nominare propri procuratori legittimi (II,2). Il complesso ordinamento politico immaginato è strutturato secondo un sistema centralizzato in cui al vertice sta il Re che emana le leggi data la discendenza divina del suo potere per intercessione papale. Al suo fianco stanno come ministri i grandi ufficiali della Corona, che divengono sette ma non sono di appartenenza nobiliare, il Grande Ammiraglio, Il Gran Protonotaro, il Gran Camerario, il Gran Siniscalco, il Gran Cancelliere, il Gran Connestabile, il Maestro Giustiziere che amministra la Suprema Corte di Giustizia (Magna Curia).

Esiste un Parlamento centrale o Curia in cui siedono i feudatari, i rapprresentanti delle Università e dei Comuni, non destinato a promulgare leggi ma a costituire un foro di manifestazione di esigenze e volontà. Sono previste anche delle assemblee provinciali che rispettano le competenze dei giustizierati .
Sotto il profilo delle finanze, è prevista una Corte dei Conti centrale ( Magna Curia Rationum), mentre nelle province accanto ad ogni giustiziere doveva sedere un camerario, che si potrebbe oggi definire come magistrato contabile.
Per il resto, le Constitutiones prevedevano una unione doganale interna, con abolizione delle dogane, per favorire gli scambi, un monopolio del sale, seta, ferro e grano, l’unificazione dei pesi e delle misure, la coniazione di monete ,rispettivamente “imperiali” e “augustali”, la riduzione dei privilegi commerciali di cui godevano Pisa e Genova, risalenti al Barbarossa, la creazione di una flotta, l’introduzione in agricoltura di nuove colture del cotone e della canna da zucchero, la costruzione di masserie. Se si consulta oggi questo straordinario documento si resta esterrefatti per la cura con cui (XCV,2) si provvede alla lotta contro la corruzione . “ Lo stesso Imperatore, Vogliamo e in forza della presente legge stabiliamo che i giustizieri e i camerari, una volta terminato l’incarico, secondo la forma del diritto antico, rimangano degradati continuamente con i sostituti per cinquanta giorni, durante i quali si dia a tutti la possibilità di denunciare in pubblico le loro mancanze nella giurisdizione, qualora avessero proceduto erroneamente o con frode riguardo ai nostri mandati o ai vantaggi del nostro erario o riguardo a diritti privati…”.Legislazione che fa veramente a pugni con i tentativi in conso in Italia mille anni dopo di abolire l’abuso d’ufficio….e altre indegnità.
Al di là di ogni altra vicenda nella storia tormentata della Penisola, la mancata attuazione della centralizzazione amministrativa della penisola auspicata dal Liber Augustalis, dalla Costituzione di Melfi, costituisce il fondamentale atto mancato della storia d’Italia. Che avrebbe potuto sottrarsi dal suo fato di essere di “dolore ostello” per configurarsi già nel Medio Evo come un fondamentale Stato-nazione nelle vicende europee. Come saranno via via la Francia, la Gran Bretagna, la Spagna, il Portogallo, ma mai l’Italia preda designata secondo una lamentazione del 1552 “di questi animali strani, galli francesi, orsi tedeschi e levrieri spagnoli”.
Come è noto Federico II rimase travolto dalle sconfitte militari e dalla sua morte prematura a soli 56 anni nel 1250. Fu vittima politica principalmente del Papato, predisposto come eterno blocco per impedire ogni tentativo di riunificazione della penisola, ma anche dell’egoismo feudale dei nobili e territoriale dei liberi comuni soprattutto settentrionali perennizzanti comunque nella frammentazione geografica il provincialismo ambiente e l’assenza di sentimento nazionale. Rimane la possenza della sua opera e la lungimiranza della prospettiva nazionale concepita per l’Italia che proprio dal suo cosmopolitismo traeva la linfa per il superamento di ogni frammentazione culturale, che ci rimane eternamente documentato nelle “Consitutiones Regum Regni Utrisque Siciliae mandante Friderico II. Imperatore per Petrum De Vinea Capauanum Praetorio Praefectum et Cancellarium” Concinnatae”, Castello di Melfi, 1231. Uno straordinario atto mancato nella storia d’Italia che dovrebbe formare oggetto di studio in tutte le scuole medie italiane.
Carlo degli Abbati
