Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di un’ amica che ha voluto condividere con noi la mail che ha inviato al Servizio di ascolto de Les Hôpitaux Robert Schuman  che risponde a:”ecoute@hopitauxschuman.lu ” per denunciare un caso di malasanità e violenza ostetrica di cui è stata vittima in Lussemburgo durante il parto. Ometteremo i nomi e i cognomi per ragioni di privacy e per proteggere la nostra fonte. Nel giorno in cui si celebra la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne, noi speriamo che questo possa servire a lei e alle altre donne che vogliono denunciare per liberarsi dalla rabbia e dalla pena che hanno nel cuore. Consapevoli che problemi di malasanità esistono anche nel Granducato, ci auguriamo che questo caso possa servire non ad aiutare tutte le donne che hanno subito violenza in uno dei momenti più delicati della vita di una donna, quello del parto, ma anche ad aprire uno spazio di “mutuo aiuto” per casi del genere. Se avete altre storie da denunciare scrivete a : info@passaparola.info

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Da: 
Date:
Subject: Faute médicale et violence obstétrique
To: <ecoute@hopitauxschuman.lu>

Buongiorno,
Nel 2023 contattai la signora A. J. al telefono per raccontarle dei fatti accaduti il giorno del mio parto. Mi consigliò di scrivere una mail nella mia lingua madre e fare report a questo indirizzo. Il dolore e il forte trauma mi hanno impedito di parlare per quasi due anni, perché faceva troppo male ripensare a quei giorni. Sono passati quasi due anni e mentre scrivo questa email, sono di nuovo in lacrime, ma questa volta vado avanti perché, come mi ha consigliata il mio medico, a nessun’altra donna sia fatto il male che mi è stato fatto in 8 giorni di ospedale, la sofferenza, il dolore e il trauma. 
Il giorno 31 Gennaio 2023 mi sono sottoposta alla visita prevista prima del parto con il dottor J. L., il quale ha praticato un distaccamento dell’utero senza consenso. Quel giorno non lo sapevo, ho solo sentito un clack e un forte male durante la visita interna. Il dolore come da ciclo mestruale è stato costante per tutto il pomeriggio dopo la visita, con piccole perdite di sangue. Per tutta la notte tra il 31 gennaio 2023  e il primo febbraio 2023, ho avuto crampi, dolori e perdite ematiche sempre più copiose. Il 1 febbraio mattina le perdite erano abbondanti e mi sono recata nel vostro ospedale, come d’accordo e istruita dai corsi preparto sostenuti nel vostro ospedale. Le sage femme mi hanno monitorata e poi informata del ricovero. Fin dalla mattina era chiaro che il mio ‘progetto parto’ concordato e richiesto, non sarebbe mai stato realizzato perché :1) mi hanno portato in una sala parto senza vasca con l’acqua 2) da subito hanno messo ossitocina e intimato di procedere con l’epidurale, anche se io non ne avevo alcun bisogno 
Nel primo pomeriggio (non più tardi delle 13:30/14) la richiesta dell’infermiera per procedere con l’epidurale è stata sempre più insistente. Mi è stato detto che se non l’avessi fatto subito, poi non ne avrei più potuto fare richiesta e che, dato l’uso dell’ossitocina deciso dal dottor M.L., avrei subito dolori insopportabili. A seguito di tutte queste richieste ho accettato l’anestesia ma ambulatoriale, e non l’epidurale sulla spina dorsale. La sola anestesia per endovena, mi ha fatto addormentare e lo stesso è accaduto al mio bambino. Di fatto il travaglio è stato interrotto dalla stessa anestesia ambulatoriale. Al quel punto e dopo qualche ora, la stessa  infermiera è tornata nel pomeriggio inoltrato, ed ha aumentato considerevolmente l’ossitocina per riattivare le contrazioni e intimando di nuovo di procedere con l’epidurale. L’improvviso aumento di ossitocina, le contrazioni chimicamente indotte, più la pressione dell’infermiera mi hanno fatto capitolare. Dato l’atteggiamento aggressivo della stessa infermiera la quale ha dichiarato “devi partorire da sola e ti farà malissimo” , ricordo che ero spaventata e confusa mi hanno fatto l’epidurale . Una o forse due ore dopo un’infermiera è entrata e senza consenso mi ha rotto le acque. 
Alle 22 sentivo la testa di mio figlio. Un’altra infermiera dopo essere stata chiamata diverse volte finalmente è venuta nella sala. Bloccata sul letto, le ho detto che sentivo la testa di mio figlio tra le gambe.  L’infermiera del nuovo turno mi ha detto che dovevo aspettare che il dottore era impegnato. Al mio urlo di paura finalmente mi ha visitata ed ha visto la testa ed è andata a chiamare il dottore. 
Il dottor M. mi ha detto di spingere cosa che ho fatto, ma alla terza spinta ha preso la ventosa e ha iniziato a tirare con la ventosa la testa di mio figlio; anche in questo caso non mi è stato chiesto il consenso. 
Ricordo di aver sentito un forte dolore quando mi ha messo dei punti ed ha affermato che non mi ero lacerata. Poi ricordo solo mio figlio e tutto l’amore che ho per lui. 
Al primo giorno di ricovero tutto è andato bene, ma già dalla notte del secondo giorno ricovero non mi sentivo in forma. Mi prudeva e bruciava la vagina. Ho chiesto una visita da un ginecologo,  mi hanno portato ghiaccio e ingenti quantità di ibuprofene  (400 ogni 6/4 ore). L’allattamento è stato da subito perfetto e mio figlio si è attaccato da subito bene. Dopo il calo fisiologico dopo il parto, mio figlio ha preso subito peso, ma al terzo/quarto giorno, se non sbaglio,  c’è stato un calo di peso, ma non considerevole. Il pediatra ha ritenuto di tenerci ancora in ospedale. Dalla mattina seguente le sage femme si sono presentate con latte artificiale, biberon e mi hanno detto che dovevo attaccarmi ad una macchina Medela per pompare il latte. Procedura sbagliatissima a quanto poi ho imparato e capito. Mio figlio per fortuna ha rifiutato il latte artificiale, ma per fortuna si attaccava benissimo al seno. Al sesto giorno di ricovero erano sei giorni che avevo dolori, prurito e bruciori alla vagina. Spesso non riuscivo a mangiare a causa dei dolori allo stomaco causati dalle ingenti quantità di ibuprofene che mi erano state date. Spesso ho dovuto scegliere in quei giorni di ricovero di sopportare il dolore, prurito e bruciore nella vagina saltando la dose di ibuprofene, per poter mangiare e avere il latte per mio figlio. Erano 6 giorni che non mi sedevo, ma o ero attaccata alla macchina Medela o sdraiata ad allattare mio figlio, allattare e cambiare mio figlio in piedi. Ho detto e riferito tutto ad ogni visita delle sage femme, delle infermiere e dei medici: 1) non potevo sedermi 2)facevo pipì in piedi bagnandomi tutta 3) puzzavo di putrido nonostante 3/4 docce al giorno (unico sollievo) 4) non avevo perdite di sangue 5) non mi sentivo bene e qualcosa non andava. 
L’odore nelle parti basse era di putrido e le infermiere aprivano solo la finestra e mi dicevano di fare la doccia disgustate visibilmente. Ricordo l’umiliazione. Mi hanno dato anche un disinfettante che mi ha bruciato la pelle della vagina. Seguivano poi 4 pasticche di ibuprofene al giorno e anche di più su richiesta, e ghiaccio che addirittura potevo andarmi a prendere da sola (come mi hanno detto le sage femme mostrandomi il frigo, così non avrei disturbato)
Al campanello rispondevano raramente e dicevano che era perché era rotto. Poi dicevano che l’avrebbero cambiato, ma di fatto il sette febbraio sera, non ero più in grado di fare pipì. Non urinavo dalla sera del giorno prima. Un’infermiera ha detto che dovevo farle una provetta di pipì per fare le analisi, ma io non riuscivo a fare pipì neanche più in piedi. In due sono entrate in stanza e mi hanno provato a cateterizzare, ma il dolore è stato tanto forte e per fortuna si sono fermate al mio urlo. Mi avrebbero sfondato una vescica se avessero proceduto credo.
Quella stessa notte dopo essermi alzata la pancia e messa in posizione che non riesco a descrivere per iscritto, sono riuscita a fare uscire un po’ di pipì e consegnare le analisi.
Al giorno 8 febbraio, il dottor M. tramite l’infermiera e la Sage Femme di turno, mi fatto sapere che potevo essere dimessa, perché le urine erano pulite, ma se ero in ansia potevo prendermi un sacchetto di monuril (un antibiotico per infezioni urinarie). Ho chiesto di essere visitata. Il dottor M. mi ha ricevuto 3 ore dopo il giro 8 febbraio, dopo averlo raggiunto e atteso due ore in un’altra zona dell’ospedale. Il dottor M. non mi ha visitata e non si è tolto neanche lo zaino dalle spalle. Mi ha detto che era tutto ok, che dovevo tornare a casa. Le sage femme prima che andassi via si sono presentate con svariate bottigliette di latte artificiale, biberon e ciucciotti non richiesti. 
Il giorno 10 febbraio la sage femme libérale J. M. C. ha visitato mio figlio e da subito mi ha confermato che mio latte era ok, il peso di mio figlio era super ok e l’allattamento era perfetto. Mi ha spiegato altre cose ed è andata via. Di quei giorni ricordo la gioia e il dolore. Il dolore era quando dovevo andare in bagno, la puzza, il non potermi sedere, la gambe che tremavano, i brividi di freddo, i tremori la sera e i  crampi improvvisi. Il giorno 13 febbraio, esattamente la sera la stessa Sage Femme  è tornata in visita e, dopo essersi occupata di mio figlio (il quale per inciso aveva preso peso ed era super ok), mi ha chiesto del mio stato di salute. Ho riferito lei le stesse cose dette in ospedale per 8 giorni. 
J. M. C. si è insospettita, mi ha voluta visitare e da subito è rimasta scioccata: 1) avevo le natiche cucite con 3 punti senza ragione 2) il dottor M. aveva dimenticato di rimuovere una palla di garze dalla mia vagina dopo il parto che in 13 giorni si erano intrise di tutto il sangue post partum che avrei dovuto spurgare naturalmente. 
A seguito della rimozione delle garze e dei punti, mi sono recata in visita al pronto soccorso del CHL, dove mi è stato prestato soccorso, visite, analisi, sostegno e conforto. 
Ho preso per due settimane bacterin forte (se non sbaglio, purtroppo era l’unico compatibile date le mie allergie agli antibiotici) contro l’infezione in corso. Questo ha causato forte stress e ha inciso sull’allattamento. Questa terapia antibiotica e il forte trauma mi ha costretta a reintrodurre latte artificiale per sostenere la crescita di mio figlio, il quale non ha tollerato il latte artificiale ed ha iniziato ad avere problemi di reflusso, vomito e crampi.  Di conseguenza e finita la terapia antibiotica, ho dovuto praticare estenuanti sessioni di power pumping ( tecnica utilizzata durante l’allattamento al seno, ndr) per recuperare i picchi naturali di crescita e produzione di latte per l’allattamento. Al CHL mi hanno seguita e aiutata, ma è stato estenuante. 
Mi sono sottoposta alla visita post partum con il dottor J., informandolo di quanto accaduto. Non ho mai ricevuto scuse, ne indennizzo per tutto il male, la violenza e la sofferenza. 
Ad oggi non mai più avuto rapporti sessuali.
Questa è la mia storia e questo è quello che ho subito. Non so se leggerete mai quello che ho scritto e se mai vi importerà. 
L’ho scritta e ora dopo due anni forse, ma solo forse , smetterò di piangere pensando ai giorni della nascita di mio figlio. 

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