Ogni settimana una poetessa, un poeta, un profilo, una citazione sul suo intendere il modo di costruire le parole, la sua poesia.

CAMILLO SBARBARO

Ligure di Santa Margherita in cui nasce nel 1888 è liceale a Savona. Pubblica a ventitré anni la sua prima antologia per sottoscrizione dai compagni di scuola. Richiamato nella Prima Guerra in fanteria dopo la smobilitazione si stabilisce a Genova dal 1919 dove insegna greco e continua la sua straordinaria collezione di licheni iniziata nelle trincee. Interprete magistrale della poetica dell’infanzia svolge anche una apprezzata attività di traduttore. Si ritira a Spotorno dove si spegne nel 1967. Note le sue raccolte Resine (1911), Pianissimo (1914), Trucioli (1918) Rimanenze (1955). Nanni Scheiwiller pubblica a Milano nel 1958 la sua ultima raccolta, Fuochi fatui. La sua straordinaria raccolta di licheni è conservata nel Museo di Storia Naturale Andrea D’Oria di Genova

Loris Jacin

“Quando m’accade di metter gli occhi su quello che scrissi, la delusione ogni volta di non aver detto ciò che unicamente m’importava. Che cosa, se da dire non ho nulla? O forse ciò che importava l’ho detto arrivando con l’affanno in gola della corsa? o già tutto col primo vagito?

Anche della mia lingua ho una conoscenza approssimativa; tante parole le evito, malsicuro del loro significato; e se non lo cerco nei vocabolari, non è solo che dei vocabolari diffido, ma che una parola non assimilata in tanti anni, non divenuta carne e sangue, mi saprebbe d’accatto.

Finalmente! Leggo in un libro – l’ultimo uscito sulla controversa questione – che il lichene non è un crittogramma né l’associazione di due, ma solo un conflitto; un fenomeno, dunque – e di distruzione; paragonabile a quello di due sostanze che venute a contatto si elidono. Capisco, adesso, perché questa passione ha attecchito in me così durevolmente: rispondeva a ciò che ho più di vivo, il senso della provvisorietà. Sicché, per buona parte della vita, avrei raccolto, dato nome, amorosamente messo in serbo….neppure delle nuvole o delle bolle di sapone – che per un poeta sarebbe già bello; ma qualcosa di più inconsistente ancora:  delle effervescenze, appunto. Saluto con trasporto la nuova interpretazione e l’abbraccio: nessun bilancio a trent’anni di ricerche andrebbe più a genio a chi vive nell’attimo.”

LA BAMBINA CHE VA SOTTO GLI ALBERI

La bambina che va sotto gli alberi

Non ha che il peso della sua treccia,

un fil di canto in gola.

Canta sola

e salta per la strada; ché non sa

Che mai bene più grande non avrà

Di quel po’ d’oro vivo per le spalle,

di quella gioia in gola.

A noi che non abbiamo

altra felicità che di parole,

e non l’acceso fiocco e non la molta

speranza che fa grosso a quella il cuore,

se non è troppo chieder, sia tolta

prima la vita di quel bene.

( da Rimanenze)

PADRE, ANCHE SE TU NON FOSSI IL MIO

Padre, se anche tu non fossi il mio

padre,

per te stesso egualmente t’amerei.

Ché mi ricordo d’un mattin d’inverno

che la prima viola sull’opposto

muro della tua camera scopristi

e ce ne desti la novella allegro.

Poi la scala di legno tolta in spalla

di casa uscisti e l’appoggiavi al muro.

Noi piccoli stavamo alla finestra.

E di quell’altra volta mi ricordo

che la sorella, bambinetta ancora

per la casa inseguivi minacciando

(la caparbia aveva fatto non so che).

Ma raggiuntala che strillava forte

dalla paura ti mancava il cuore:

ché avevi visto te inseguir la tua

piccola figlia, e tutta spaventata

tu vacillando l’attiravi al petto,

e con carezze dentro le tue braccia 

l’avviluppavi come per scamparla

da quel cattivo ch’era il tu di prima.

Padre, se anche tu non fossi il mio

padre,

fra tutti quanti gli uomini già tanto

pel tuo cuore fanciullo t’amerei.

(da Pianissimo)

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