Condividiamo con voi le ragioni per cui ci è piaciuta l’interpretazione di Seydou Sarr, il protagonista del film di Matteo Garrone, Io Capitano (Moi, Capitain), premio Mastroianni per il Miglior attore emergente alla Mostra del cinema di Venezia e in programmazione al Festival del Film di Villerupt
Il film va visto, non solo perché Matteo Garrone ha vinto il Leone d’argento alla regia di Venezia 80 e non solo perché questa pellicola rappresenterà l’Italia ai prossimi premi Oscar nella categoria del miglior film straniero. Ma, secondo noi, perché mostra i volti di quelle migliaia di persone che lasciano l’Africa per l’ Europa, che attraversano deserti e mari, torture e prigioni per arrivare da noi. E realizzare i propri sogni. I volti di persone come quello di Seydou Sarr e di Moustapha Fall, i due protagonisti adolescenti su cui è incentrata la trama del film. Che racconta il loro viaggio dal Senegal fino in Italia.
Volti speranzosi, impauriti, determinati, schiavizzati sono quelli delle persone che vediamo quasi tutti i giorni arrivare con gli sbarchi a Lampedusa, quelli che sbarcano traumatizzati dalle navi che li salvano in mare, quelli di cui forse ci dimentichiamo nelle cronache abbondanti tra giornali e TV, che cominciamo a dare per scontati anche quando i naufragi spezzano le loro vite (proprio mentre scriviamo arriva la notizia dell’ennesimo naufragio di Selinunte (Trapani), ndr). E allora condividiamo con voi le ragioni per cui ci è piaciuta l’interpretazione di Seydou Sarr, il protagonista del film di Matteo Garrone, Io Capitano, premio Mastroianni per il Miglior attore emergente alla Mostra del cinema di Venezia:
- La pacatezza con cui ribalta il discorso con la mamma sulla sua partenza verso l’Europa.
- L’attaccamento alle tradizioni e agli ancestri
- La carezza che fa alla sorella che lo scopre la notte in cui decide di partire di nascosto
- Il suo pianto di fronte alla donna anziana che sta morendo nel deserto per la quale torna indietro (e che oniricamente salva!)
- La dolcezza con cui si lascia cullare dall’abbraccio del muratore che gli salva la vita nella prigione libica
- La delicatezza con cui lava il cugino Moussa quando si rincontrano di nuovo nel cantiere di Tripoli
- La determinazione con cui vuole portare in salvo tutti i naufraghi sulla nave
- L’orgoglio e la rabbia con cui grida: Io Capitano quando finalmente si avvicina alle coste italiane. Con gli occhi pieni di sogni.
Il nostro protagonista, intervistato dal Corriere della Sera, ha risposto così all’inviata a Venezia Stefania Ulivi:
Cosa vorrebbe dire ai vostri coetanei italiani?
«Di essere consapevoli di avere la fortuna di non dover mettere a rischio la vita per avere il diritto viaggiare. Per noi non è così, il film mostra esattamente cosa succede nel deserto e nel mare ai migranti. I loro sogni, gli orrori che affrontano».
E Kouassi Pli Adama Mamadou, la persona a cui è ispirata la storia di Io Capitano (sceneggiata da Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini, Andrea Tagliaferri) in una recente intervista al Fatto Quotidiano ha sostenuto:
Ho scelto di contribuire alla realizzazione di questo film per far capire meglio alle ragazze e ai ragazzi che scelgono di partire dall’Africa che Libia e Tunisia non sono paesi sicuri in cui rifugiarsi a vivere, ma luoghi di terribili malvagità, e per sensibilizzare il pubblico europeo ai valori del salvataggio e dell’accoglienza.
Per noi il film ha già vinto l’Oscar.
(picci)
Prossime proiezioni: venerdì 3 novembre ore 19 (L’Arche 1, Villerupt) – domenica 5 novembre ore 14,30 (MJC- Audun- le- Tiche) – martedì 7 novembre ore 17.30 (Hotel de Ville) – venerdì 10 novembre ore 17, 30 (Hotel de Ville) – domenica 12 novembre ore 14,30 (L’Arche 1, Villerupt)