Da Rocco Scotellaro a Mimmo Lucano. Alla luce della sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria che ha ribaltato la sentenza di primo grado che condannava l’ex sindaco di Riace a 13 anni (la pena è ridotta a un anno, ndr), il professor degli Abbati riflette sui corsi e ricorsi storici legati alle inchieste politiche sui sindaci (e non solo) del nostro Paese
Rocco Scotellaro nel 1947 è sindaco di Tricarico, nel Materano. Ha poco più di vent’anni, non è ancora divenuto celebre per le sue poesie. Si batte per la sua gente, cerca di creare un primo ospedale. Ma è iscritto al PSI apparentato allora al PCI. Nel clima di anticomunismo dell’epoca (l’attentato a Togliatti è dell’anno dopo e sola la vittoria di Gino Bartali al Tour de France scongiurerà in Italia una guerra civile) Scotellaro con la testimonianza di un carabiniere viene accusato di concussione e incarcerato. Avrebbe richiesto 10.000 lire per il rilascio di licenze comunali di trasporto e 20.000 lire per il rilascio di licenze commerciali. Sarà incarcerato nel 1950 per poi essere scagionato completamente, con il patrocinio dell’Avv. Niccolò De Ruggieri, tre anni dopo, addirittura prosciolto in istruttoria. Era tutto falso. Ma Scotellaro morirà lo stesso anno in cui è definitivamente prosciolto nel 1953, a soli trent’anni.
Anche Enzo Tortora morirà prematuramente pochi anni dopo la sua ingiusta carcerazione. E settant’anni dopo tocca a Mimmo Lucano. Cerca come sindaco di Riace nella Locride di creare un centro di accoglienza migranti. E’ un esempio pericoloso di una iniziativa che, se moltiplicata sul territorio italiano, leverebbe una delle grandi leve del consenso politico leghista: l’invasione dell’Italia dal mare dei migranti che non va risolta per il partito leghista di Salvini ma perpetuata per continuare parlando alla pancia degli italiani ad incassare il facile dividendo elettorale. Questo esclude di operare nei confronti dei migranti ogni forma di integrazione per mantenerli costantemente ai margini come nemici visibili della comunità nazionale. Pazienza se il gerontocomio italiano con la sua età media di 46 anni ha un bisogno disperato di giovani braccia che gli italiani non mettono più al mondo . Quello che conta non è l’interesse degli italiani, ma l’interesse elettorale.
Il tentativo di Mimmo Lucano va stroncato sul nascere. Partono le accuse: associazione a delinquere, peculato, frode, falso in atto pubblico, abuso d’ufficio e truffa intorno al funzionamento del Villaggio Globale che Lucano aveva creato a Riace per l’accoglienza dei migranti. Tredici anni e due mesi di condanna in primo grado dal Tribunale di Locri nel settembre 2021 fra le grida di giubilo della destra italiana che forse scambia Mimmo Lucano per Totò Riina.
Poi la doccia fredda. In appello l’11 ottobre 2023 per la Corte d’Appello di Reggio Calabria resta solo un abuso d’ufficio per un certificato non conforme rilasciato ad una prostituta nigeriana. E una condanna residuale a un anno e sei mesi. Ma per Fratelli d’Italia Mimmo Lucano resta “colpevole politicamente”. Colpevole di che cosa? Di avere cercato di fare qualcosa per mantenere in piedi anche in futuro il gerontocomio nazionale cercando in giro qualche giovane badante secondo un modello di accoglienza lodato in tutto il mondo? O del reato di abuso d’ufficio che proprio l’attuale governo di destra bipolare (economico-politica) vorrebbe depennare?
Carlo degli Abbati