Dai sultanati alle dominazioni, passando per la colonizzazione, il regno di Menghistu fino allo stato federale, geopolitica del paese africano che incrocia la sua storia con quella dell’Italia

Abbiamo visto in questa rubrica, nel capitolo sull’Eritrea, che il territorio eritreo, con l’altipiano dell’Asmara, lembo piu’ settentrionale dell’Acrocoro Etiopico  degradante lentamente verso una piana costiera arricchita dall’arcipelago delle isole Dahlak, aveva formato l‘estremo lembo nord occidentale del regno etiope di Axum fra il I e il VII secolo. In seguito, aveva conosciuto l’influenza dei regni salomonici etiopi nel XIII secolo nati per influenza del patriarcato di Alessandria d’Egitto e dal XVI secolo, dopo il ripiegamento del re cristiano di Gondar intorno al lago Tana, il dominio ottomano con il nome di provincia degli Habesh – Habesh Eyaleti – da cui l’uso del termine italiano Abissinia- che controllava i porti di Massua e di Souakin (Sudan). La parte meridionale degli antichi territori del regno di Gondar e dei sultanati musulmani nati nella regione a partire da quello di Barr Sa’ad ad-Dîn vedono l’insediamento di una popolazione agropastorale non monoteista, gli Oromo- Burana e Baarentuu- che progressivamente si fonda con la popolazione locale cristiana o musulmana. Con il declino dell’importanza di Gondar durante il periodo chiamato “l’era dei principi” (1769-1885) si era assistito al declino dell’autorità reale. Solo alla metà del XIX secolo si afferma la centralità del potere reale in Etiopia con Menelik II (Saleh Mariam) che da re della Scioà diventa nel 1889 imperatore d’Etiopia, Negus Nagast.

Source: University of Texas, Perry Castaneda Library Map Collection – Courtesy of the Un. of Texas Libraries, The University of Texas at Austin

Ma, ritornando all’Eritrea, gli inglesi negli anni ’80 del XIX secolo stentano a domare la ribellione dei mahdisti sudanesi e per questo chiedono l’aiuto dell’Italia che ne ottiene in cambio nel 1885 Massaua, diventato terriorio italiano. Ma la conquista della nuova colonia fu tutt’altro che facile. Le sconfitte di Dogali (1887), a venti miglia da Massaua,  è in tutti i libri di scuola. Dopo l’occupazione del forte di  Saati, sotto controllo etiope,  l’opposizione del Negus Giovanni IV era stata fortissima. Le truppe di ras Alula decimeranno a Dogali  nel 1887 la colonna De Cristoforis mandata da Massua in aiuto del contingente italiano a Saati. Si salverà solo un romagnolo, Luigi Zoli. Solo il ritiro del Negus permetterà la successiva avanzata su Asmara. Il trattato di Uccialli (Wouchalé) firmato fra il nuovo Negus Nagast Menelik II e il conte Ugo Antonelli, plenipotenziario italiano, il 2 maggio 1889, consente all’Italia di prendere il controllo definitivo dell’Eritrea secondo il nome che gli assegnava il Regno decreto del 1890 che costituiva la prima colonia italiana, con capitale Asmara (in tigrino i quattro-villaggi- uniti, Arbate Asmara). Ma quando, per delle interpretazioni contrastanti del trattato di Uccialli, scoppia fra Italia e Etiopia la prima guerra di Abissinia nel 1895, le truppe italiane si troveranno di fronte, a cusa della ricomposizione dell’Impero sotto Menelik II, non delle milizie disparate ma un esercito etiope ben organizzato. Nel 1896 il contingente di 14.000 uomini comandato  dal Gen. dei Bersaglieri Oreste Baratieri penetrato nel Tigré sarà decimato ad Adua dalle truppe di Menelik II forti di 120.000 uomini ed il governo italiano dovrà firmare il trattato di Addis Abeba il 26 ottobre 1896 che riconosceva la piena sovranità etiopica con una linea di demarcazione con l’Eritrea segnata dal confine Mareb-Belesa-Muna. Trattato che marcherà la fine delle ambizioni italiane nel Corno d’Africa sino all’avvento del fascismo e alla seconda guerra di Etiopia del 1936.

Seguiranno cinque anni dall’ingresso ad Addis Abeba il 5 maggio 1936 sino al 1941 di un dominio coloniale italiano sull’Etiopia, primo passo secondo Mussolini della “fondazione dell’Impero Italiano”,  marcato da un triste ciclo rivolte-repressioni-rivolte soprattutto dopo il mancato attentato a Rodolfo Graziani del 1937. Solo la sostituzione di Rodolfo Graziani come governatore con il principe Amedeo Duca di Aosta permetterà di ridurre, ma non di stroncare, pur usando ogni mezzo, la resistenza etiopica. Ma come osserva Angelo del Boca come grande storico delle colonie, “nessuno dei processati dopo la caduta del regime fascista o dei condannati a morte è stato mai processato o condannato per crimini commessi in Africa….una amnistia mai promulgata, mai sottointesa, cancella tutti i genocidi, le rapine, i furti, le violenze, le deportazioni di massa, la distruzione delle chiese, l’uso sistematico della guerra chimica, lo sterminio dell’intellighenzia etiopica”. E aggiunge con un accenno che sembra oggi attualissimo: “Si nota invece la tendenza già a partire dal 1945, ad elogiare tutto ciò che è stato fatto in Africa dall’Italia, senza un minimo di autocritica e al di là dei confini imposti dalla decenza”.

(arazzo etiopico rappresentante la battaglia di Adua, Smithsonian)

Restano  come unico ricordo concretamente positivo la pianificazione di una serie di lavori pubblici nel paese fra cui il Piano regolatore di Addis Abeba e delle opere di colonizzazione agricola vanificate dall’entrata in guerra dell’Italia e dalla rapida perdita di controllo del paese sin dal 1941 per l’azione congiunta delle forze britanniche e dei resistenti etiopici, gli arbegnuoc. L’Etiopia riprenderà una  piena sovranità con il trattato anglo-etiope del dicembre 1944. L’Eritrea vi viene integrata come regione autonoma federata secondo una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU del 1950, ma l’imperatore d’Etiopia Hailé Sélassié ( Tafari Makonnen) originario dell ‘Harar l’annette nel 1962 con decisione unilaterale. Sarà questa decisione a dare avvio alla trentennale  guerra irridentista del Fronte Popolare di Liberazione Eritreo nel cui ambito si affermerà l’attuale presidente Isaias Afeworki.

Alcuni anni dopo, a causa della crisi petrolifera mondiale e  di una forte carestia che per la maledizione delle piogge che colpisce regolarmente il Corno d’Africa aveva prodotto nel paese la morte di 100.000 persone, una guerra civile porta alla defenestrazione dell’imperatore Hailé Selassié nel 1975 e all’avvento del DERG, una giunta militare ad orientamento marxista-leninista, sostenuta dall’Unione Sovietica,  in cui si afferma dal 1977 l’ala  più radicale che fa capo al maggiore Menghistu Hailé Mariam. Questi afferma un rigido e sanguinoso regime comunista (il c.d. periodo del Terrore Rosso) che farà centinaia di migliaia di vittime. Dopo la guerra per il controllo dell’Ogaden contro la Somalia nel 1987-88, conclusa con un trattato di pace, ed una ulteriore carestia che colpisce l’Etiopia fra il 1983 e il 1985 si diffonde nel paese una insurrezione anti-comunista che vede protagonisti soprattutto in Eritrea e nel Tigré una coalizione, il Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (EPRDF) che rovescerà Mengistu nel 1991 e che da allora controlla strettamente il governo etiopico. Con l’Eritrea riesploderà il conflitto nel 1998 e dopo un lungo stallo si arriverà solo vent’anni dopo nel 2018 con gli accordi di Jeddah alla firma di un vero  e proprio accordo di pace.

Ma l’Etiopia non conosce alcuna stabilità sul piano interno, nonostante la conclusione dell’accordo di pace con l’Eritrea e l’arrivo al posto di primo ministro d’Abiy Ahmed Ali, di etnia Oromo,  cui era stato attribuito il premio Nobel per la Pace proprio per la pace promossa con l’Eritrea. L’Etiopia è uno stato federale composto da un autentico mosaico identitario caratterizzato dalla presenza di 80 etnie anche se in numero molto minore sono quelle che pesano geopoliticamente nel paese: gli Oromo (o Galla) maggioritari (36%) originari del centro-sud, gli Amhara del centro-nord (26,2), i Tigré del nord (5,9%), i Somali dell’est( 6%), gli Afar del nord-est, i Sidama del centro-sud,  i Nilo-sahariani del sud-ovest, i Guragie, i Welaita. La forte presenza nel governo dei tigrini già preponderanti all’epoca della formazione del primo governo di transizione dopo la cacciata di Menghistu hanno provocato dei lunghi periodi di agitazione delle etnie ahmara e oromo lamentanti una marginalizzazione politica. In realtà, prima dell’attuale primo ministro di etnia oromo, Abiy Ahmed Ali, in carica dal 2018, sia Meles Zenawi che il suo successore Haile Mariam Desalegn sono stati entrambi di etnia tigrina.

La decisione di Ahmed di rinviare le elezioni sospese per la pandemia di Covid-19 ha portato all’opposizione dal 2020 del Fronte Popolare di Liberazione del Tigré (TPLF)  e lo scoppio della guerra con il governo federale. In realtà la guerra civile etiopica ha due teatri principali : il Tigré e l’Oromia, oltre a focolai minori a ovest nel Benishangui-Gumuz e a est nel Somali. Da novembre 2020 a novembre 2022 il governo federale si è alleato all’Eritrea contro il Fronte di Difesa del Tigré, mentre in Oromia il governo deve far fronte all’ALO, l’esercito di liberazione dell’Oromia, che controlla vasta parte del territorio. Lontana dagli occhi indiscreti della stampa internazionale la guerra civile in Etiopia ha fatto in due anni mezzo milione di vittime e tre milioni di sfollati. In un quadro del resto aggravato dalla perdurante siccità che colpisce il Corno d’Africa e dalle tensioni regionali con Egitto e Sudan provocate dalla costruzione della grade diga sul Nilo GERD (Great Ethiopian Renaissance Dam), la più grande diga dell’Africa, suscettibile di confliggere con gli interessi dei paesi limitrofi dipendenti dalle acque del Nilo.

Etiopia . La mappa etnica

Anche se nel novembre 2022 il FLPT e il governo federale sono giunti ad un accordo quasi inaspettatamente, il problema di fondo alla base dei conflitti non è stato risolto. In effetti, dopo Menghistu con l’EPRDF l’etnicità era stata elevata a fondamento della rappresentazione politica, con la suddivisione del paese in regioni considerate etnicamente rappresentative e un approccio generale di tipo federalista. Abiy Ahmed ha invece tentato dal 2018 il superamento del fattore etnico, presentandosi come un riformatore, cambiando il nome del partito da EPRDF in Partito della Prosperità e introducendo un elemento di centralizzazione e di assimilazione nell’assise politica etiopica tradizionalmente multi-etnica. In questa opzione se ha l’appoggio dei nazionalisti Ahmara incontra però la netta opposizione sia dell’ALO che del FPLT, che hanno una  speculare visione di un federalismo  fondato sull’etnicità. A questo difficile contesto si aggiunge la crisi alimentare del paese, vittima di anni di siccità che ha fatto molte  vittime nel sud del paese, l’inflazione nel prezzo degli alimentari, effetto indiretto anche della guerra in Ucraina, con una situazione di insicurezza alimentare che riguarda almeno il 25 % della popolazione etiopica. Last but not least Ahmed è passato da una visione di grandi progetti pubblici a degli interventi mirati in una logica più  liberista, dallo “sviluppo” alla “prosperità”,  cioè alla tolleranza  delle diseguaglianze che fomentano gli scontri politici.

Carlo degli Abbati*

Encadré L’Etiopia figura correttamente nelle statistiche elaborate dal PNUD, ma occupandovi stabilmente uno degli ultimi posti della categoria dei paesi a basso sviluppo umano (LHDI). La sua posizione è il 175° posto (l’Eritrea figura un solo posto indietro al 176°) sui 191 paesi censiti dal PNUD con l’indice di 0,498. La sua popolazione stimata è di 120.283.026 ab. (2021) ripartiti su di una superficie di 1.064.063 km2. con una densità di 113 ab./km2  ed una bassa densità urbana, appena il 22,2% della popolazione totale (2021). L’Etiopia è anzi tutto un paese enclavé, senza sbocco al mare, con tre paesi che si interpongono ad Est fra essa e il Mar Rosso (Eritrea, Gibuti e Somalia) e confina a Sud con il Kenya, a Ovest con il Sudan e il Sud-Sudan. La Fossa Galla divide in due il grande altopiano etiopico. L’Acrocoro Etiopico raggiunge i 4550 m. del Ras Dascian ed è formato da una serie di massicci isolati incisi da corsi d’acqua (il Nilo Azzurro che sfocia nel lago Tana, l’Omo, l’Ausch), mentre a SE l’altopiano degrada verso la Somalia. Altri fiumi sono il Giuba e lo Uebi Scebeli. Il clima caldo e umido nelle regioni meridionali diventa temperato sopra i 2000 m. e caldo e secco sotto i 1.500 metri, con forti variazioni che ricordano il clima eritreo fra la marittima Massaua e la continentale Asmara. La popolazione attiva si ripartisce fra le attività primarie (63,5%), il secondario (6,3%), il terziario (30,2%).  Al PIL annuo prodotto di 99,269 miliardi USD (2021) contribuisce l’agricoltura e l’allevamento per il 37,2%, il settore secondario per il 24,2 %, il terziario per il 38,8 %. Il PIL pro-capite annuo è di 2.361 USD (in PPP 2017) (2021), che in effettivo annuo è di 996 USD, contro i 3.581 di Gibuti, i 631 dell’Eritrea, i 120 della Somalia….. La popolazione etiopica è formata come citato da 80 gruppi etnici di cui ricordiamo solo i principali: Oromo (Galla) 35,3%, Amhara 26,2%, Somali 6%, Tigrini 5,9%, Sidama 4,3%, Guragie 2,7%, Welaita 2,3%. I gruppi minori totalizzano il restante 17 % della popolazione totale. la maggioranza della popolazione è di religione copta 43,15%, ma è anche presente una forte componente musulmana, 34,1% e cristiana protestante 19,4%. La popolazione dalla ridotta concentrazione urbana (solo il 22,2%) presenta una speranza di vita alla nascita di 65 anni ( D 68,3 anni U 61,9), una fecondità del 4% (2020), una mortalità infantile di 35,4 per mille, una mortalità materna di 401 casi su 100.000 nascite, mentre il numero di nascite da madri adolescenti è di 69,2 su 1.000 (2021), ma da anni in miglioramento costante. La scolarità attesa è di 9,65 anni (D 9,82 U 9,55), quella effettiva di 3,2 anni (D 2,16 U 4,23). 

A differenza dell’Eritrea, l’Etiopia fornisce appropriati  indici di genere, sia nella forma di Gender Development Index (GDI), 921, (2021) in miglioramento costante dal 2000, sia nella forma di GII (Gender Inequality Index) (0,520), anch’esso in miglioramento costante dallo 0,7 del 2001. Si possiedono sul paese altri dati indicativi della situazione. Con un indice di Povertà multidimensionale MPI di 0,3666, la popolazione in situazione di povertà (sotto 2,15 USD/g.) sarebbe di 30 milioni ca. (il 25% del totale) con un tasso di analfabetismo del 48,2%(2017). La spesa pubblica per l’istruzione è stata del 5,1% PIL nel 2018; quella per la sanità dello 0,7% PIL nel 2019; il numero di medici di 0,1 ogni 1000 ab. (2018), l’accesso all’acqua potabile del 49,6% (2020), l’inflazione del 26,8% (2021),  la percentuale pop. attiva, 55,89 % F 46,4 % ( 2021); l’indice di Corruzione Percepita (PCI) per il 2022 è di 38, il che pone l’Etiopia al 94° posto al pari del Marocco e della Tanzania  su 180 paesi censiti, cioè in una delle migliori posizioni di un continente affetto dalla corruzione delle élite come il Continente africano, secondo le statistiche elaborate da Transparency International (2022). La disponibilità calorie ab/g.: 2.404 (2019-21); il consumo energia el. /hab.: 96 KWh (2019); i telefoni cellulari ogni 1000 ab.: 387,1 (2020); gli utenti Internet: 240 ogni 1000 ab.(2020); i casi di malaria registrati nel 2020: 1.848.231. Il consumo di CO2 / ab. è di 0,127 t. (2021). Quanto ai dati finanziari risalgono al 2020.Bilancio dello Stato: entrate 394.966 Milioni birr;  spese 488.243 mil. birr (1 USD = 55,6 birr), ca. 8,8 Miliardi USD; deficit  19,1% ; in % del PIL: 1,7%  Debito estero: 30,364 miliardi USD (2020); Aiuti dall’estero: 5,305 miliardi  USD (2020)  (5,5 % PIL) (2020).

Bibliografia consigliata

  • Massimo BOCALE- Piera BORGHETTI, Etiopia. Nel cuore antico dell’Africa Nera, Polaris, Faenza, 2002
  • Matteo GUGLIELMO, Il Corno d’Africa. Eritrea, Etiopia, Somalia, Il Mulino, Bologna, 2013
  • Pietro VALSECCHI ( ed.), Africa fra Stato e società. Studi in onore di Giampaolo Calchi Novati, Franco Angeli, Milano, 2008
  • Federico DONELLI, Le due sponde del Mar Rosso. La politica estera degli Stati mediorientali nel Corno d’Africa, Mondadori Università, Milano, 2019
  • Angelo DEL BOCA, Gli Italiani in Africa Orientale. La caduta dell’Impero, Laterza, Bari, 1982
  • Angelo DEL BOCA, Gli Italiani in Africa Orientale. Nostalgia per le colonie, Laterza, Bari, 1984
  • Angelo DEL BOCA, Gli Italiani in Africa Orientale. La conquista dell’Impero, Laterza, Bari, 1986

*Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione Europea al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani presso il Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, è stato funzionario responsabile del controllo della cooperazione europea allo sviluppo presso la Corte dei Conti Europea a Lussemburgo.

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