Dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 l’Algeria sotto la ancora recente presidenza di Abdelmajid Tebboune – che ha fatto nel 2019 seguito al lungo regno sul paese di Abdelaziz Bouteflika – ha visto sfilare quasi all’improvviso una lunga serie di premier e dignitari occidentali in visita

 (Image: AFP/Getty images)

Da Mario Draghi a Emmanuel Macron, da Anthony Blinken a Charles Michel. Non si tratta di un improvviso generale interesse per la cultura arabo-berbera degli imazighen, ma del nuovo interesse per le risorse energetiche del paese da parte di governi che hanno deciso dopo appunto l’invasione dell’Ucraina di separarsi per motivi etici dal gas e dal petrolio russi. In realtà, gli idrocarburi rappresentano la spina dorsale dell’Algeria, del piu’ vasto paese d’Africa con la sua superficie di 2,4 milioni di km2 e una estensione costiera di 1200 km., che è anche il decimo produttore e sesto esportatore di gas mondo. Il giacimento di R’Mel nel deserto algerino è collegato all’Italia attraverso il gasdotto TRANSMED che attraverso la Tunisia raggiunge la Sicilia. La vendita di gas e di petrolio costituisce il 43 % delle entrate del bilancio algerino, il 33 % del PIL e circa il 93% del ricavo delle esportazioni. Circa la metà della forza lavoro algerina è direttamente o indirettamente legata a questo settore. Del resto, l’Algeria, dopo essere stata colonia della Francia dal 1830, era stata convertita in territorio metropolitano francese. Storicamente si deve proprio al deputato di Algeri il 30 agosto 1954 la mozione che mise fine nell’Assemblea parigina alla speranza di vedere, con la ratifica francese, nascere in Europa una Comunità’ Europea di Difesa (C.E.D.). Per inciso, se oggi esistesse la CED, cioè se Pierre Mendès-France avesse posto la questione di fiducia evitando che si perpetrasse quello è stato chiamato “il crimine del 30 agosto 1954” si sarebbe forse evitata la debolezza diplomatica e militare che esprime oggi l’Unione europea, obbligata a stornare linee di bilancio destinate alla pace al sostegno dell’acquisto di armi da parte degli Stati membri.

Source: University of Texas, Perry Castaneda Library Map Collection – Courtesy of the Un. of Texas Libraries, The University of Texas at Austin

Fortemente industrializzata già durante il periodo di appartenenza alla Francia, l’Algeria dopo l’indipendenza del 1962 si è trovata di fronte a problemi speculari rispetto a quelli affrontati dagli altri paesi del Nord-Africa. La esigenza cioè di decongestionare le zone di forte industrializzazione nelle regioni costiere poste a Nord della catena montuosa dell’Atlante, delocalizzandole verso la c.d. “cintura degli altipiani”. Ancora più importante era poi l’esigenza di non finire nelle contraddizioni tipiche di uno stato rentier dipendente esclusivamente dalla rendita petrolifera, attraverso una diversificazione delle produzioni. Il modello prescelto fra gli anni ’60 e gli anni ’70, introdotto dal presidente Muhammad Buharubah (Houari Boumédiène), si era concentrato sulle industries industrialisantes. Si era immaginato che un processo irreversibile di accumulazione e di crescita sarebbe scaturito dalla priorità data alle industrie di base ad alta intensità di capitale (siderurgia, petrolchimica, industrie meccaniche e dei materiali da costruzione) e agli investimenti nelle infrastrutture che avrebbero creato nell’indotto una moltitudine di imprese minori. Un modello peraltro che, se era particolarmente costoso in investimenti, comportava invece un moltiplicatore degli impieghi molto basso, cioè una bassa creazione di posti di lavoro. Ma la scelta di questo modello imperante sino alla fine degli Anni ’70 aveva comportato anche l’abbandono del settore agricolo, la perdita di ogni autosufficienza alimentare, errore che per esempio Muammar al Gheddafi in Libia non aveva mai commesso. L’obbligo di importare la grande parte dei prodotti alimentari aveva indirettamente comportato la destabilizzazione del paese quando, nel 1986, a causa della caduta dei prezzi internazionali dei prodotti petroliferi esportati, l’Algeria aveva per la prima volta contratto un prestito col FMI (Fondo Monetario Internazionale). Le condizioni del prestito secondo l’abituale decalogo imposto dal Fondo uniformemente a paesi finanziariamente in difficoltà, con la Conditionalities Matrix”, prevedevano anche la svalutazione del 50 % del tasso di cambio del dinaro algerino, considerato dal FMI eccessivamente sopravvalutato. Questa condizione aveva immediatamente provocato, a causa dell’immediato rincaro interno dei prezzi dei prodotti alimentari importati con un dinaro indebolito, la destabilizzazione sociale delle fasce meno abbienti della popolazione algerina, soprattutto urbane. Questo doveva essere il fattore scatenante della guerra civile algerina, scoppiata nel 1992 con l’arresto da parte dell’esercito del processo elettorale prima del secondo turno delle elezioni politiche che avrebbero visto l’inevitabile ascesa al potere al posto del FNL (Fronte di Liberazione Nazionale) di governo del partito islamista FIS (Fronte Islamico della Salvezza). La guerra civile algerina dopo aver fatto più di 150.000 vittime fra il 1993 e il 2005, si è chiusa nel 2006 con l’approvazione della “Carta per la pace e la riconciliazione nazionale” accompagnata da una larga amnistia. Il paese, secondo la Costituzione del 1989, dopo un lungo periodo di monopartitismo derivato dal modello sovietico, ammette il pluripartitismo, anche se il FLN, protagonista dell’indipendenza, ha sempre formato il riferimento politico del paese. La struttura economica come eredità del monopartitismo è comunque rimasta sino ad oggi rigida e statalista, non favorisce la diversificazione, è basata su di un gravoso sistema di sussidi statali senza riuscire a contrarre l’elevata disoccupazione giovanile. La delusione giovanile, la mancanza di prospettive occupazionali erano state in effetti nel 2019/20 alla base dello scoppio nel paese di un movimento generale di protesta, l’Hirak. Il potere algerino aveva comunque approfittato delle restrizioni sanitarie imposte dalla epidemia di Covid-19 dal 2020 per bloccare la protesta e in seguito incarcerare gli oppositori. Si è introdotto a tal fine un nuovo articolo del codice penale che incrimina per “terrorismo” o “sabotaggio” chiunque inciti al “cambio del sistema di governo con metodi non convenzionali”, norma che si presta evidentemente a delle interpretazioni arbitrarie.

Il rialzo dei prezzi internazionali degli idrocarburi dal 2021/22 che influenza fortemente le entrate del bilancio algerino, ha permesso una recente ripresa dell’economia e una consistente riduzione del debito e della disoccupazione che rimane comunque del 12,7 % con una disoccupazione femminile del 33,8 % nel 2021, particolarmente giovanile. Il governo sin dal 2019 ha cercato di porvi rimedio con un ampio programma di investimento nella formazione professionale, nell’educazione, nell’insegnamento superiore e nella ricerca, non esente da critiche da parte degli ambienti islamisti del paese.

(Foto: thenationview.com)

Ma le capacità produttive algerine sono comunque ben lungi dal consentire i toni entusiastici con cui anche in Italia si è celebrato, dopo la visita di Mario Draghi o quella più recente di di Giorgia Meloni, il nuovo ruolo dell’Algeria come paese fornitore ersatz della Federazione russa. Il contesto produttivo è quello di un invecchiamento delle infrastrutture e dell’aumento in parallelo dei consumi interni. La produzione algerina fra il 2007/08 e il 2021 è scesa da una produzione di 60-65 miliardi di mc3 annui ai 42-43 miliardi di mc3 attuali, una riduzione di un terzo, mentre il consumo interno nello stesso periodo è aumentato di più del 50%. Il che non rende immediata la possibilità di incrementi delle quantità esportate, malgrado tutta la disponibilità espressa alla compagnia nazionale, la SONOTRACH, dalle compagnie europee di partecipare a nuove prospezioni e alla modernizzazione degli impianti. 

Del resto, con il governo italiano il governo algerino si è solo impegnato nell’immediato ad un aumento delle forniture per un 10%. La percentuale fornita passerebbe così dal 31 al 34% del fabbisogno italiano, ma le forniture di gas russo arrivavano a ben il 49%.

Comunque per l’Algeria, per un paese la cui economia si trovava indebolita alla fine degli anni 2010, l’aumento dei flussi e dei prezzi di gas e petrolio consente un aumento delle riserve, un andamento di nuovo positivo della bilancia commerciale (+5,4% del PIL) e attraverso l’aumento della spesa pubblica il mantenimento della pace sociale. Resta invece il rischio di un consolidamento dell’Algeria nella sua condizione di paese rentier, in luogo della desiderata e mai realizzata, nonostante vari tentativi, diversificazione industriale.

Riferendoci poi alla situazione attuale della sicurezza in Algeria, il paese, che non ha conosciuto gli stessi episodi di rivolta di altri paesi arabi nel 2010-2011, ed è comunque meglio dotato di reparti militari addestrati, riuscendo così a espletare una lotta efficace contro il terrorismo islamista,  è comunque esposto al rischio legato alla porosità delle frontiere con Libia, Tunisia e Mali.

Senza che questo incontri l’interesse particolare dei media internazionali, due delle più pericolose brigate di Al-Qaida – Yusuf ibn Tashfin e Trek Bin Ziyad – si sono insediate nell’Adrar d’Ifoghas, a nord del Mali, a dispetto dei frequenti interventi francesi coordinati con le forze locali (op. Serval e poi Barkhane), aggiungendo un ulteriore pericolo alla infiltrazione delle forze dell’ISIS (Organizzazione dello Stato Islamico ) che penetrano da Ramada. Il sud algerino è diventato così una delle frontiere avanzate di confronto fra gruppi jihadisti. Come unità jihadiste algerine si distinguono in particolare la Brigata al-Ghurabaa già parte di AQMI e il Battaglione di Al-Ansar .

Entrambi hanno dichiarato baya’ah , fedeltà all’ISIS, rafforzando così la sua presenza in un territorio sempre dominato dal Al-Qaida. Del resto abbiamo già citato nell’articolo sulle migrazioni come una sezione di AQMI operi dal Mali soprattutto nel traffico di migranti sotto la guida dell’algerino Mokhtar Belmokhtar, il famoso, tristemente, Mister Malboro.

Del resto, come abbiamo più volte osservato, i gruppi jihadisti presenti nel Sahel hanno trovato nella situazione regionale provocata dalla dislocazione del regime libico di Gheddafi un eccellente terreno di coltura per la loro disseminazione. Questo spiega perché il governo algerino abbia sempre cercato di accompagnare di recente una evoluzione positiva della situazione interna libica.

Sul piano internazionale come accade per altri paesi africani l’appoggio offerto dall’URSS durante il processo di indipendenza ha reso sempre particolarmente strette le relazioni russo-algerine. Non solo la Russia è il primo fornitore di armamenti all’esercito algerino ma ha anche il privilegio di scalare con la sua flotta i porti algerini durante le sue crociere nel Sud-Mediterraneo. In un certo senso  l’Algeria costituisce il pendant meridionale di Tartus, l’unica base di cui dispone la Russia nel Mediterraneo settentrionale per concessione della Siria di Assad. In un Mediterraneo o Medioceano che, grazie alla nuovo condizione del Baltico divenuto un lago NATO dopo le adesioni di Svezia e Finlandia, è destinato ad assumere una ben diversa importanza geo-strategica per la Federazione russa.

Questo fa anche pensare che per il futuro delle forniture ai paesi occidentali l’Algeria difficilmente potrà andare nel senso di un interesse smaccatamente contrario alle produzioni russe di gas e petrolio. L’andante sarà quello di un “adelante Pedro, con juicio”. Come le parole rivolte al cocchiere che Manzoni presta nella folla al Gran Cancelliere di Milano, Antonio Ferrer. In questo quadro di maggiore stabilità economica la presidenza di Abdelmajid Tebboune si distingue poi per un chiaro impegno militare e diplomatico. Sul piano militare, aumentando considerevolmente il budget della difesa che ha raggiunto nel 2023 22,7 miliardi USD. Sul piano diplomatico, il paese traumatizzato dalla defenestrazione occidentale di Gheddafi nel 2011 prevede una cintura di sicurezza contro ogni forma di minaccia. Perdurando le tensioni per il Sahara occidentale con il Marocco che ha nel 2020 normalizzato le relazioni con Israele, l’Algeria si pone come vate di un nuovo panarabismo, cercando la creazione di un nuovo asse maghrebino con Libia e Tunisia e riaffermando “la centralità della questione palestinese”, come nel corso del recente vertice della Lega Araba del novembre 2022. Data la precarietà della situazione interna in Libia e le tensioni che in Tunisia solleva la rivoluzione autocratica voluta dal presidente Kais Saied, che un paese fondamentale del Maghreb come l’Algeria si rafforzi e rafforzi la sua presenza internazionale non puo’ che essere salutato con piacere da chi si preoccupa della crescente instabilità del quadrante sahelo-mediterraneo.

Encadré  L’Algeria con quasi 44,2 milioni di ab. su una superficie di 2.381.741 km2 presenta una bassa intensità abitativa di 18,5  ab./km2., ma la maggior parte della popolazione vive nella regione di 280.000 km2 posta a Nord della catena montuosa dell’Atlante .Il Sud scarsamente abitato nei suoi 2,1 milioni di km2 comprende gli aridi altipiani del Tell e gli immensi spazi del deserto. Il paese ha conosciuto dal 1990 se si eccettuano gli anni della recente pandemia una progressione costante del suo Indice di sviluppo umano.  Oggi il paese si colloca nel gruppo di paesi a Alto Sviluppo Umano (HDI) e si trova al 91° posto sui 191 paesi censiti dal PNUD con un valore di 0,745. Presenta un PIL di 164,56 Miliardi di USD (2021) e un PIL pro-capite annuo che è passato dagli 8.512 USD $del 1990 ai 10.800 USD (in PPA 2017) del 2021,  che sono in effettivo 3.701 USD. Le attività principali sono i servizi (59%) e il settore secondario (31%). L’agricoltura presenta una produzione molto varia estesa alla fascia costiera, agli altipiani e alle oasi, mentre sulla costa sono presenti vari porti di pesca. La aspettativa di vita alla nascita è in media di 76,4 anni, 74,9 anni per gli uomini e 77,9 per le donne, la fecondità è di 2,9 (2020) e la mortalità infantile è di 19,5 per mille. La scolarità effettiva è in media di 8,06 anni D 7,73 U 8,43. Il debito estero del paese è salito nel 2020 a 5,178 Miliardi USD, pari al 3,1% del PIL. La bilancia commerciale ha segnato invece nel 2021 un attivo pari al 5,4% del PIL secondo la Banca Mondiale, in ragione del buon andamento dei prezzi internazionali dei prodotti petroliferi. Il bilancio dello Stato con 6,092 miliardi sostiene una economia fortemente sussidiata. Positivo negli ultimi tempi è anche l’andamento delle riserve che equivalgono a dodici mesi di importazioni e sono salite dai 46,7 miliardi del 2021 ai 53,5 miliardi del 2022.

Carlo degli Abbati

Bibliografia consigliata

  • G. Calchi Novati- C. Roggero, Storia dell’Algeria indipendente dalla guerra di liberazione a Bouteflika, Bompiani, Milano, 2014
  • V. Sereni, Diario di Algeria, Einaudi, Milano, 1996
  • C. degli Abbati, Trasporti marittimi e ipotesi di sviluppo industriale dei paesi africani del Mediterraneo, ECIG, Genova, 1983 (cap.Algeria)

*Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione Europea al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani al Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento è stato funzionario responsabile del controllo della cooperazione europea allo sviluppo presso la Corte dei Conti Europea a Lussemburgo.

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