Le parole del Santo Padre durante il triduo pasquale sono potenti e fanno riflettere

“Ciascuno di noi conosce il proprio luogo di risurrezione interiore, quello iniziale, quello fondante, quello che ha cambiato le cose. Non possiamo lasciarlo al
passato, il Risorto ci invita ad andare lì per fare la Pasqua.”

Ci sono articoli che “si scrivono da soli”, senza tanti fronzoli linguistici o individualismi esasperati. Ci sono articoli che “si scrivono da soli” e questo è uno di quelli perché le riflessioni di Papa Francesco – che ha voluto presenziare tutte le celebrazioni della Settimana Santa, nonostante il recente ricovero – rappresentano il miglior articolo possibile.

Francesco si fa umile e torna dopo 10 anni a lavare i piedi a 12 giovani ragazzi e ragazze ospiti del carcere minorile di Casal del Marmo. Francesco assiste da “comune fedele” alla celebrazione della Passione in San Pietro. Francesco vive da Santa Marta la Via Crucis del Colosseo con le meditazioni “Voci di pace in un mondo di guerra”, testimonianze ascoltate dal Santo Padre nel corso dei sui Viaggi Apostolici e in altre occasioni. Francesco parla di pace in un mondo sempre più occupato dalle guerre e presiede, a voce ferma, la veglia del sabato notte in basilica e la messa della Santa Pasqua sul sagrato.

“A volte succede anche a noi – come alle donne davanti al sepolcro – di pensare che la gioia dell’incontro con Gesù appartenga al passato, mentre nel presente conosciamo soprattutto delle tombe sigillate: quelle delle nostre delusioni, delle nostre amarezze e della nostra sfiducia, quelle del “non c’è più niente da fare”, “le cose non cambieranno mai”, “meglio vivere alla giornata” perché “del domani non c’è certezza”. Anche noi, se siamo stati attanagliati dal dolore, oppressi dalla tristezza, umiliati dal peccato, amareggiati per qualche fallimento o assillati da qualche preoccupazione, abbiamo sperimentato il gusto amaro della stanchezza e abbiamo visto spegnersi la gioia nel cuore. A volte abbiamo semplicemente avvertito la fatica di portare avanti la quotidianità, stanchi di rischiare in prima persona davanti al muro di gomma di un mondo dove sembrano prevalere sempre le leggi del più furbo e del più forte. Altre volte – continua Papa Francesco che appare affaticato nel fisico ma assai temprato nello spirito e nella voce – ci siamo sentiti impotenti e scoraggiati dinanzi al potere del male, ai conflitti che lacerano le relazioni, alle logiche del calcolo e dell’indifferenza che sembrano governare la società, al cancro della corruzione, al dilagare dell’ingiustizia, ai venti gelidi della guerra. E, ancora, ci siamo forse trovati faccia a faccia con la morte, perché ci ha tolto la dolce presenza dei nostri cari o perché ci ha sfiorato nella malattia o nelle calamità, e facilmente siamo rimasti preda della disillusione e si è disseccata la sorgente della speranza. Così, per queste o altre situazioni, i nostri cammini si arrestano davanti a delle tombe e noi restiamo immobili a piangere e a rimpiangere, soli e impotenti a ripeterci i nostri “perché. Invece, le donne a Pasqua non restano paralizzate davanti a una tomba ma, dice il Vangelo, «abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, corsero a dare l’annuncio delle Resurrezione ai suoi discepoli».

Scorrono fluide le parole del Papa, quasi con una “fretta” spasmodica di comunicare che ci ricorda che il Tempo è inarrestabile. Predica “fretta” Francesco quando ci esorta: “Affrettiamoci anche noi a crescere in un cammino di fiducia reciproca: fiducia tra le persone, tra i popoli e le Nazioni. Lasciamoci sorprendere dal lieto annuncio della Pasqua, dalla luce che illumina le tenebre e le oscurità in cui troppe volte il mondo si trova avvolto. Affrettiamoci a superare i conflitti e le divisioni e ad aprire i nostri cuori a chi ha più bisogno. Affrettiamoci a percorrere sentieri di pace e di fraternità. Gioiamo per i segni concreti di speranza che ci giungono da tanti Paesi, a partire da quelli che offrono assistenza e accoglienza a quanti fuggono dalla guerra e dalla povertà.”

La guerra, i poveri, i rifugiati, i deportati, i prigionieri politici, i migranti, le vittime del terrorismo internazionale, tutti coloro che soffrono la fame, la povertà e i nefasti effetti del narcotraffico, della tratta di persone e di ogni forma di schiavitù. E ancora le vittime del terremoto in Turchia e Siria, il Libano, la Tunisia, Haiti, l’Etiopia e il Sud Sudan, gli israeliani e i palestinesi. Per loro Francesco rivolge un’accorata supplica al Signore risorto e “ai responsabili delle nazioni, perché nessun uomo o donna sia discriminato e calpestato nella sua dignità; perché nel pieno rispetto dei diritti umani e della democrazia si risanino queste piaghe sociali, si cerchi sempre e solo il bene comune dei cittadini, si garantisca la sicurezza e le condizioni necessarie per il dialogo e la convivenza pacifica”.

In quanto a noi, “ritroviamo anche noi il gusto del cammino – ci incita Francesco – acceleriamo il battito della speranza. Per camminare dobbiamo ricordare; per avere speranza dobbiamo nutrire la memoria. Se hai sperimentato la tristezza e, come per i discepoli, tutto è sembrato senza prospettiva, con un macigno a sigillare la speranza, oggi la forza di Pasqua invita a rotolare via i massi della delusione e della sfiducia. Questo è l’invito: ricorda e cammina!”

Gilda Luzzi

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