La storia del Laos comincia con un grido angosciato che un monaco animista di Luang Prabang lancia guardando in bocca al primogenito del re: “Oh disgrazia disgrazia, il principino ha 33 denti

Siamo al principio del XIV secolo a Luang Prabang ,nel regno di Chao Phi Fa, esteso al nord dell’attuale Laos. Luang Prabang si chiamava allora Xieng Dong -Xieng Tong e lungo le acque argentee del Mekong e dei suoi affluenti le popolazioni locali avevano già visto arrivare nella regione popolazioni thai dal Tonchino (Vietnam) con il mitico principe Kum Bulum ma anche a due riprese dallo Yunnan, oggi cinese, la seconda nel XIII secolo sotto la spinta delle orde turco-mongole arrivate anche in Cina a minacciare direttamente la dinastia Ming. Ma il papà pietoso non uccide “il mostro”, lo affida alle acque del Mekong, novello Mosé. Lo raccoglie il re del magnifico regno cambogiano di Angkor, Lampong, diviene il suo pupillo. Si chiama Fa Ngnum. A 24 anni decide di ritornare nel suo paese, con i tre doni che gli ha fatto il re di Angkor: un esercito di 10.000 uomini; la religione buddhista ormai prevalente in Cambogia e un palladio, costituito da una statua di oro, argento e bronzo alta quasi un metro, in puro stile Khmer che nel tempo avrebbe dato il nuovo nome a Xieng Dong-Xieng Tong: Luang Pha Bang, il luogo del Pha Bang. La statua è ancora visibile nel Royal Palace Museum di Luang Prabang. Fa Ngnum riconquista il regno paterno di Muang Seua e in circa quarant’anni fra il 1340 e il 1380 estenderà il suo regno verso sud. Cosi’ il Laos praticamente già contenuto nelle frontiere attuali diventerà “il regno dei mille elefanti e del parasole bianco” (Lan Xang). Seguiranno 600 anni di alterne vicende del regno, marcate dall’apogeo del XVII secolo con il re Suligna Vongsa, che durante il suo lungo regno iniziato nel 1637 riceverà la visita di un gesuita italiano, Giovanni Filippo De Marini. Dopo secoli di equilibrio fra Annamiti (Vietnamiti) Siamesi e Cambogiani il Laos prima della colonizzazione francese scivolerà verso la fine del XVIII sotto controllo siamese, e per un tradimento del re vassallo laotiano Chao Anu, le truppe siamesi di Rama I distruggeranno Vientiane. Si salverà ed è oggi la sua pagoda piu’ antica, proprio il Vat Sisakhet costruita da Chao Anu.

Poi sarà il lungo controllo francese nell’ambito dell’”Indochine française”. Il dominio francese comincia nel 1886 con la apertura di un consolato a Luang Prabang (Auguste Pavie è il primo console) e si concluderà nel 1949 con il riconoscimento della indipendenza del Laos nel quadro dell’Union francese. Ma il Laos non sarà mai al centro dell’interesse coloniale francese, tutto rivolto al Vietnam. Vientiane resterà una tranquilla, polverosamente provinciale città coloniale in cui i segni della colonizzazione francese saranno limitati all’arrivo di migliaia di funzionari vietnamiti, al cambio di denominazione (da Lao a Laos), oltre alla introduzione della “petang”, il gioco di bocce senza passi, la popolare petanque, mentre i giovani preferiscono giocare con i piedi una sorta di beach-volley con palle fatte di intreccio di vimini. La marca piu’ evidente della colonizzazione francese è la pressione diplomatica sul Siam per evitare suoi sconfinamenti sulla sponda destra del Mekong, secondo frontiere che nel 1907 sono chiaramente delimitate. Solo la regione della parte piu’ occidentale del Laos, l’Isan, passerà alla Thailandia dopo il breve passaggio di questo paese a fianco del Giappone nel 1942.

Dopo la II guerra mondiale, in un contesto in cui – non per opportunismo, ma per convinzione -, il presidente F.D. Roosevelt con il vice-presidente Henry Wallace appoggiava dal 1945 il Viet Minh in lotta contro il potere coloniale francese, in Laos si afferma un movimento di liberazione (Lao Issara) in cui si distinguono due principi discendenti dal re Sisavang Vong, al potere dal 1905. Due fratellastri, Suvanna Phuma e Suphanavong avranno una parte importante nel futuro del paese. Sino a che il Laos verrà travolto dalla decisione americana di intervenire nella guerra del Vietnam, contro i Viet Kong, secondo una nuova visione americana del mondo che, speculare a quella di Henry Wallace, era incarnata dal nuovo segretario di Stato John Foster Dulles. Una domino theory che immaginava l’inevitabilità che governi neutrali appoggiati da partiti comunisti (in Laos il Pathet Lao) nella regione si convertissero in futuri governi comunisti. In questo modo uno dei popoli piu’ pacifici e ospitali dell’orbe terracqueo ha avuto diritto a dieci anni di bombardamenti tanto terribili quanto politicamente inutili.

Vale la pena di ricordarlo, dato la memoria polarizzata delle cose del mondo che si tende ad avere. Certo si ribadisce l’aspetto negativo di una decisione americana, ma forse è meglio per tutti ricordare anche gli errori delle democrazie piu’ importanti, quelle che esercitano sul mondo un effettivo potere.

Con la premessa del capo di stato maggiore dell’aviazione statunitense dell’epoca Gen. Myers (“li faremo ritornare all’era della pietra”) il milione di laotiani allora abitanti nella provincia nord-occidentale di Xieng Khuang, oggi Phonsavan, che solo di recente ha ripreso il nome originale, ritenuta di attraversamento del “sentiero di Ho Chi Min”, ricevono 2.100.000 tonnellate di bombe americane. Dopo che Kennedy nel 1962 avrà affermato il suo sostegno ad un Laos “indipendente e neutrale” i bombardamenti saranno attivati attraverso una “guerra segreta” della CIA che finanzierà un esercito clandestino formato dalla minoranza Hmong della montagna, berretti verdi, mercenari tailandesi, attivando anche i voli di bombardamento di una compagnia creata ad hoc, Air America, società sorella della Bird Air che bombardava la Cambogia, dalla vicina Thailandia ma anche da basi più lontane. Dal 1964 al 1973 il governo laotiano dovrà salvarsi dai bombardamenti in grotte carsiche ricostruendo sotto terra l’amministrazione del paese, i ministeri, la banca centrale. Ma alla fine nel 1975 verrà proclamata la Repubblica Democratica Popolare del Laos che instaura un regime socialista sostenuto dal Vietnam, scelta obbligata di un paese devastato per anni da una certa idea della difesa globale della democrazia.

Ancora oggi il Paese resta socialista con un unico partito il PRPL: Partito Rivoluzionario del Popolo Lao. E’ lo Stato a possedere la proprietà del suolo il cui sfruttamento viene affidato ai rappresentanti delle comunità locali e gestito dalle comunità di villaggio. E’ anche onesto constatare che, si fa astrazione dalla diversa disponibilità di macchinari agricoli, la possibilità di sfruttare tutto il valore aggiunto della terra permette normalmente alle comunità contadine laotiane di godere di condizioni economiche migliori dei braccianti tailandesi. Questi ultimi per l‘alto prezzo dei terreni che il re di Thailandia, come proprietario, affida in comodato gratuito ma che sono compravenduti fra privati non sono normalmente in grado di convertirsi in piccoli proprietari contadini. Mentre le comunità contadine laotiane dividono il frutto del lavoro comune, ma permettono anche alle famiglie di svolgere in più delle attività private, come curare orti o laghetti di piscicoltura. Interessante poi notare che nei villaggi per tanti anni bombardati, la paziente operosità contadina abbia nel tempo trasformato gli ordigni di guerra in strumenti di pace. Bombe e metalli bellici di ogni tipo sono diventati contenitori d’acqua, tubazioni, piatti, coppe e bicchieri. L’unico residuo bellico non utilizzato sono le pale degli elicotteri, che restano nei depositi, muti testimoni di una guerra lontana ma che continua a far sentire i suoi effetti nefasti anche mezzo secolo dopo: ogni anno da 300 a 400 laotiani muoiono ancora nei campi, vittime delle bombe inesplose.

Sotto il profilo etnico, il Laos presenta una varietà di gruppi con una componente lao maggioritaria (53%) e poi un insieme minoritario in cui si distinguono i Khmou, Phouthay, Tai, Hmong oltre ad una varietà molto interessante di gruppi minori. I Hmong-Mien della montagna nel nord del paese hanno animato sino al recente passato una forte resistenza rispetto al governo centrale.

(Foto: amica travel.org)

Il paese resta ancora oggi eminentemente agricolo con una coltura del riso soprattutto del tipo agglutinante –sticky rice- che è estesa a quasi il 60% della superficie in gran parte collinare se si eccettuano le due rive del Mekong che attraversa il paese da nord a sud, sino all’andamento pianeggiante nella regione di Pakse con i suoi tremila isolotti per poi continuare la sua corsa verso la Cambogia. Dalle alte terre della provincia settentrionale di Phongsali incuneata fra Cina Birmania e Vietnam sino alle basse terre di Champasak al confine con la Cambogia.

Con una orografia in gran parte montagnosa e collinare, privo di sbocchi al mare, il Laos ha cercato di uscire dal suo isolamento attraverso una politica di infrastrutture ferroviarie e stradali. Un collegamento ferroviario esiste già, la linea Vientiane-Boten che mette il sistema ferroviario laotiano in collegamento con il sistema cinese di treni ad altra velocità. Un altro collegamento ferroviario è previsto fra Vientane e il porto vietnamita di Vung Ang, mentre una grande autostrada finanziata dalla Cina, collegante lo Yunnan lungo il Laos, la Tailandia e la Malesia con Singapore è da anni in corso di realizzazione per il tronco laotiano che interessa le due provincie di Luang Namta e Udomxai. Questo comporta un forte indebitamento nei confronti della Cina, che ha peraltro provveduto a fornire come dono di stato il campus universitario degli studenti delle minoranze etniche venuti a studiare a Vientiane. Di recente, la congiuntura internazionale con lo scoppio della pandemia di Covid 19 ha negativamente influenzato la situazione interna del paese. L’inflazione ha conosciuto nel 2021 un aumento del 15%, mentre la moneta nazionale, il kip, con il suo forte deprezzamento rende più difficile il rifornimento in carburante soprattutto nelle campagne già toccate dal rincaro dei fertilizzanti, la cui minore disponibilità è anche indirettamente la conseguenza della guerra in Ucraina.

(de g. à dr.) S.A.R. le Grand-Duc ; Thongloun Sisoulith, Président de la république démocratique populaire Laos. dans le contexte du 25e anniversaire des relations diplomatiques et de coopération au développement entre le Luxembourg et le Laos, S.A.R. le Grand-Duc et Franz Fayot ont été accueillis pour une entrevue par le président du Laos, Thongloun Sisoulith (Foto: Maison du Gran Duc/Sophie Margue)

Nel Paese è oggi evidente la presenza della cooperazione lussemburghese, che ha fatto del Laos uno dei principali paesi della sua agenda operativa. Nel quadro del lodevole impegno del Granducato di destinare l’1% del proprio bilancio annuale al sostegno della cooperazione internazionale allo sviluppo.

Il Laos con 7,42 milioni di ab. su una superficie di 236.800 km2 presenta una bassa intensità abitativa di 31 ab./km2. I villaggi delle zone collinari restano spesso isolati nel periodo delle piogge monsoniche che rendono impraticabili le strade verso le città principali. Il paese ha conosciuto dal 1990 se si eccettuano gli ultimi due anni di pandemia una progressione costante del suo Indice di sviluppo umano.  Oggi il paese si colloca nel gruppo di paesi a Medio Sviluppo Umano (MDI) e si trova al 140° posto sui 191 paesi censiti con un valore di 0,607. Presenta un PIL di 17,69 Miliardi di USD e un PIL pro-capite annuo che è passato dai 1994 USD (in PPA 2017)  del 1990 ai 9525 USD (in PPA 2017) che scende in effettivo a 2514 USD. L’attività principale è l’agricoltura con il 62,4% di attivi, mentre grazie alla crescita del turismo, il settore terziario ha raggiunto un ragguardevole 25,7%  degli attivi. La aspettativa di vita alla nascita è in media di 68,06 anni, 66,15 anni per gli uomini e 70,07 per le donne, la fecondità è di 2,5 (2020) e la mortalità infantile, anche per effetto dell’isolamento periodico di molti villaggi è di 49,3 per mille. Il debito estero del paese soprattutto verso la Cina è salito nel 2020 a 17,164 Miliardi USD, pari al 97% del PIL. La bilancia commerciale ha segnato invece nel 2021 un attivo di 1, 089 Miliardi, grazie al turismo, all’energia elettrica esportata in Thailandia e all’inizio dello sfruttamento soprattutto con capitali cinesi delle modeste ricchezze del sottosuolo (oro, carbone, rame, argento, calcare).

Bibliografia consigliata

– Mervin Brown, War in Sangri-La. A Memoir of Civil War in Laos, Radcliff Press. Londra, 2001

-Tiziano Terzani, Fantasmi. Dispacci dalla Cambogia, TEA, Milano, 2014

-Tiziano Terzani, Tiziano Terzani in Asia, TEA, Milano, 2019

Carlo degli Abbati, Appunti da un pianeta globale, Genoa Un. Press, 2010 (cap.Laos)

Carlo degli Abbati

Carlo degli Abbati insegna Diritto dell’Unione Europea al Dip. di Lingue e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Genova. Già docente di Economia dello Sviluppo presso lo stesso Ateneo e di Storia dei Paesi musulmani presso il Dip. di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, è stato funzionario responsabile del controllo della cooperazione europea allo sviluppo presso la Corte dei Conti Europea a Lussemburgo.

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