La Gazzetta, opera buffa di Gioachino Rossini, che ha debuttato al Rossini opera festival il 10 agosto dopo il successo de “Le Comte Ory”, sarà in replica domani a Teatro Rossini di Pesaro

L’opera è ambientata a Parigi, anni Cinquanta.
Don Pomponio, ricco napoletano, volendo far sposare la figlia con un nobile del luogo, pubblica sulla gazzetta locale un annuncio con cui spera di trovare qualche pretendente ad hoc.
Inutile dire: la notizia desta ilarità e confusione, anche se nessuno sa che Lisetta è già segretamente impegnata col locandiere Filippo.


A complicare la faccenda è il conte Alberto: è in cerca di moglie e sulle prime chiede a Pomponio (attirato anche dalla dote cospicua della ragazza) di sposare sua figlia, come scritto sul giornale. Poi, però si innamora della giovane Doralice (che è stata promessa dal padre Anselmo a Monsieur Traversen).
La vicenda si complica ulteriormente: per evitare che la tresca tra Lisetta e Filippo si scopra, quest’ultima si inventa di essere sposato con Madama la Rose, scatenando la gelosia feroce della sua innamorata, tanto che quando infine si presenta a don Pomponio per chiedere la mano della figlia, quest’ultima ancora gelosa, lo rifiuta.
Dopo rappacificazioni, duelli e una caotica festa in maschera, la verità viene a galla: Anselmo e Pomponio si vedono costretti ad acconsentire alle due nozze.
Questa la trama de “La gazzetta”, opera buffa di Gioachino Rossini, che ha debuttato al Rossini opera festival il 10 agosto (prossima replica domani 18 agosto) dopo il successo de Le Comte Ory.
Il poeta Giuseppe Palomba (autore di oltre 300 libretti anche se inferiore, come vena poetica, allo zio Antonio) ne ricavò il libretto da Il matrimonio per concorso di Carlo Goldoni, principe indiscusso della commedia settecentesca, che scriveva storie esilaranti di amori contrastati, travestimenti ed equivoci senza indulgere troppo nell’approfondimento psicologico (che non lo interessava) ma trattando i personaggi come emblemi di uno stereotipo comportamentale. La commedia goldoniana Il matrimonio per concorso è un quadro di vita borghese, perfetto per un’opera “semi-seria”, ma nel libretto di Giuseppe Palomba (anche in quanto il lavoro era stato commissionato del Teatro dei Fiorentini nella capitale del Regno delle Due Sicilie), il personaggio del padre (molto scialbo in Goldoni) viene trasformato nel “buffo napoletano”, Don Pomponio Storione, tanto più esilarante poiché l’azione si svolgeva nella Parigi elegante di inizio Ottocento (l’opera è del 1816). 
Palomba sfruttò la precedente riduzione librettistica del veronese Gaetano Rossi per la musica di Giuseppe Mosca (Avviso al pubblico, Milano, Scala, 1814). A sua volta, il libretto di Palomba fu rivisto dal napoletanto  Andrea Leone Tottola.
Fu scritta dopo il disastro romano del Barbiere di Siviglia avvenuto al Teatro Argentina di Roma e tre mesi prima dell’Otello. Fu scritta probabilmente per “fare cassa” utilizzando più che mai auto imprestiti, provenienti dal Turco in Italia, dalla Pietra del paragone, da L‘Equivoco stravagante e dalla Cambiale di matrimonio. A loro volta, alcuni brani della Gazzetta, tra cui la sinfonia, furono trapiantati ne La Cenerentola.
Andò in scena il 26 settembre 1816 al Teatro dei Fiorentini di Napoli,
Il lavoro ebbe un buon successo, ma venne ripreso poche volte e, soprattutto, nel Regno delle Due Sicilie. Quindi, ebbe una modesta eco in quella parte dell’Italia dove il giornalismo musicale era più importante e aveva più risonanza. 
In epoca moderna, l’opera è stata messa in scena al ROF di Pesaro nel 2001, con Stefania Bonfadelli, Pietro Spagnoli e Bruno Praticò (regia di Dario Fo) firmò uno spettacolo dai tratti onirici e surreali in una cornice Belle époque
Nel 2011, negli Archivi della Collezione del Conservatorio di Palermo  fu ritrovata nel 2011 la musica del quintetto dell’Atto Primo, considerata perduta. La prima rappresentazione critica dell’opera, a cura di Philip Gossett, è avvenne nel 2013, al New England Conservatory, a cui sono seguite le repliche del 2014 a Liegi e il ritorno nel 2015 al ROF con la divertente regia di Carniti che attualmente si ripropone.
Non é un nuovo allestimento ma ovviamente non si tratta della semplice fotocopia del vecchio spettacolo. Ho aggiunto 2-3 cose nuove, piccole ma importanti novità, qualche aggiornamento anche nelle luci compreso un omaggio ad Alberto Zedda che mi aveva voluto per questo spettacolo
Ho cercato di lavorare per sottrazione, per ricondurre tutto alla mia idea di teatro essenziale. Le grandi produzioni mi piacciono poco’-ha commentato alla stampa il regista supportato dalle scene di Manuela Gasperoni, i
i costumi di Maria filippi, le luci di Fabio Rossi.

Tutto il cast è all’altezza della situazione anche se sul palco si impongono le voci di Carlo Lepore nelle vesti del protagonista, Don Pomponio Storione e Giorgio Caoduro in quelle di Filippo, il locandiere.
Il primo è il tipico basso parlante napoletano (il primo interprete fu nientemeno che Carlo Casaccia peraltro somigliantissimo al re Ferdinando I), ovviamente a proprio agio nella madrelingua partenopeo che mostra con disinvoltura e senza ostentazione, senza mai cadere in eccessi e forzature. Cosicché non scade mai in eccessi e forzature. Caoduro ha cantato i ruoli principali baritono del repertorio belcanto nei più prestigiosi teatri del mondo , è quello che era chiamato “buffo cantante’” nel linguaggio attuale un basso baritono brillante dalle eccellenti qualità virtuosistiche.
E’ un belcantista sopraffino, impeccabile , capace di interpretare il personaggio, facendo intendere ogni parola anche nella rapidità e nella coloratura.
Sul podio il M° Carlo Rizzi ha diretto con brio l’Orchestra sinfonica Rossini. Il coro del Teatro della Fortuna di Fano è stato preparato da Mirca Rosciani.
Un’opera divertente e ben curata, adatta a grandi e piccini!

Paola Cecchini

(foto copertina: Gazzetta Martiniana Antonie_Pietro Adaini_Carlo Lepore_Giorgio Caoduro_ Maria Grazia Schiavo)

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