Un film può essere un quadro e un quadro può essere film? Sì, perché è quanto è riuscito a fare Fabrizio Maltese, regista e anche sceneggiatore (insieme all’amico Stephan Roelants) del film I FIORI PERSI, distribuito da Tarantula (tarantula.lu) e in gara al Luxembourg City Film Festival dal 3 al 13 marzo 2022 nella categoria documentari
Venerdì 4 marzo, nella pittoresca e intimissima cornice della Cinémathèque (cinematheque.lu), la pellicola è stata presentata in anteprima. Maltese, italiano (di Viterbo), che vive fra Parigi e Lussemburgo, ha raccontato, con infinita poesia e senza pudori, il dramma del confinamento nella primavera del 2020, del Covid-19 che ha colpito entrambi i suoi genitori e che gli ha portato in pochi giorni la madre. Protagonista il padre Maurizio Maltese, che si è lasciato filmare mettendo a nudo i propri sentimenti, la commozione, la disperazione, il coraggio di reagire. Location del documentario la casa di famiglia, in una Viterbo blindata e deserta: una casa piena di oggetti, gli unici veri protagonisti quale unica prova tangibile di qualcuno che non c’è più. Una casa che trabocca di vestiti, fotografie, suppellettili, che sembrano galleggiare però in un vuoto che si fa sentire forte, prepotente… Il vuoto lasciato da questa donna che, come tanti, è andata via troppo in fretta, troppo all’improvviso. I fiori appaiono a fasi alterne durante il film, fioriti e sfioriti, metafora delle vista stessa, come le tre mele, simbolo di padre/madre/figlio. E tra fiori e frutta, ovvero natura, si torna al quadro: che fotografa un istante, nel disperato tentativo di fermare il tempo. Quelle immagini – come ci ha spiegato il regista durante il dibattito seguito alla proiezione – all’inizio ‘’rubate”, ma che gli hanno poi regalato l’intuizione per realizzare la pellicola. Una pellicola che posa lo sguardo sulle grandi vittime di questa pandemia: gli anziani. E lo posa con tenerezza, empatia. Quella tenerezza con cui Maurizio Maltese (anch’egli presente in sala) parla della sua amatissima moglie, che non si vede mai nel documentario (tranne di sfuggita in qualche foto), ma che è la vera protagonista, perché ovunque se ne percepisce la presenza.
PassaParola Magazine, presente all’evento, ha fatto due domande al regista.
C’è stato un momento in cui il dolore e il coinvolgimento sono stati talmente forti che hai pensato di mollare tutto e non fare il film?
Si, più di una volta, ma poi ha preso il sopravvento il bisogno di raccontare, ti testimoniare un dramma che non è stato solo il dramma della mia famiglia, ma di tante, tantissime famiglie. Ho avuto anche il dubbio che il mio lavoro potesse poi non interessare a nessuno. Dubbio smentito da chi mi ha ringraziato per aver potuto capire molto meglio, grazie ad esso, il dramma, a cui molti sono fortunatamente scampati, vissuto da tanti altri in prima persona.
Il film ti è servito a elaborare il lutto?
In buona parte sì, ma è ancora un processo in divenire.
9.03.2022 18h30 Utopia
Nelle sale dal 20 aprile.
Maria Grazia Galati