Lo scorso 26 novembre scorso il Presidente francese Emmanuel Macron si è recato a Roma, più precisamente al Palazzo del Quirinale, per incontrare il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed il Presidente del Consiglio Mario Draghi. L’appuntamento era atteso dal lungo tempo e noto alle cronache: la firma del c.d. Trattato del Quirinale. Si tratta di un accordo bilaterale tra Italia e Francia i cui negoziati iniziarono ai tempi del Governo Gentiloni, messi in pausa durante il Governo Conte I ed infine ripresi dal Governo Conte II

Il trattato prevede una serie di principi ispiratori per una “cooperazione bilaterale rafforzata” in materia di Affari Esteri ed Europei, Sicurezza e difesa, Politiche migratorie, Cooperazione economica, Sviluppo Sostenibile, Giovani e tanto altro. L’art. 7 addirittura sancisce la cooperazione bilaterale tra i due Paesi in materia di esplorazione spaziale, riaffermando il ruolo fondamentale dei due paesi nella politica spaziale dell’Unione Europea ed in particolare nello sviluppo dei lanciatori Ariane e Vega.

Al di là delle singole disposizioni per i cui effetti pratici la valutazione è da rimandarsi al prossimo futuro, il risultato politico è eccezionale e sancisce il riassetto politico interno all’Europa per il futuro post-Covid. In particolare, con la fine dell’era Merkel e la Germania che attende di conoscere se e come la nuova coalizione di governo funzionerà, Francia e Italia hanno deciso di mettere da parte alcune frizioni diplomatiche ed industriali degli ultimi anni (casi Vivendi-Tim e Fincantieri-Stx), per mostrare al mondo che sono pronti a guidare l’Europa in un mondo caratterizzato da un contesto geopolitico sempre più disordinato.

È in un tale contesto che va considerata la disposizione del Trattato che nell’ambiente già si inizia informalmente a chiamare “Erasmus dei Ministri”. In particolare, l’articolo 11 prevede che un membro di Governo di ciascuno dei due Paesi prenda parte, almeno una volta per trimestre e in alternanza, al Consiglio dei Ministri dell’altro Paese. Questa previsione ci mostra come le cooperazioni internazionali prenderanno forma nel prossimo futuro, dove il ruolo degli ambasciatori nel contesto bilaterale non solo diplomatico ma soprattutto economico e industriale, potrebbe essere insufficiente a coordinare e sviluppare l’integrazione economica e sociale di due Paesi che scambiano ogni anno merci e servizi per un valore di circa 80 miliardi di Euro.

Non sappiamo ancora che forma prenderà questa visita dei relativi ministri ma è fuori di dubbio che abbia aperto ad una strada nuova di dialogo interno all’Europa. Non sarà che, nell’attesa degli Stati Uniti d’Europa, un giorno vedremo cittadini di un paese UE sedere stabilmente nel Consiglio dei Ministri di un altro con il ruolo di ministro senza portafoglio?

Filippo Mancini

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