Tante volte, passando per piazza Numa Pompilio, in attesa di un verde che non arriva mai, perché il  semaforo è chiamato a regolare il traffico caotico di quel decisivo snodo romano che per due strade ti porta dentro la parte storica della città e per un’altra ti accompagna verso l’Eur o più ancora in là verso il mare, ho impegnato l’attesa ad immaginare come potesse essere “dentro” la villa dell’Albertone nazionale.

Oggi, grazie alla Fondazione Museo Alberto Sordi, quella villa, che ha rappresentato per Alberto la sua oasi di tranquillità e il suo rifugio lontano dai riflettori e dalla ribalta, è aperta al grande pubblico che l’ha sostenuto ed amato.

La prima sensazione che mi assale, mentre percorro la leggera salita del parco che porta all’ingresso principale, è una grande tranquillità: là fuori ho lasciato il caos di una città preoccupata e congestionata, clacson che manifestano un’ansia che non si può dissimulare, autobus invecchiati che faticano a sopportare il loro carico, persone che corrono perché il tempo, ahimè, è una risorsa a termine. Eppure quassù, tra il verde degli alberi che pare non abbia ancora incontrato l’autunno, tutto questo non si sente: c’è solo un grande silenzio ristoratore.

 

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Subito dopo aver varcato la porta d’ingresso, mentre si apre davanti a me uno scenario maestoso, mi rendo conto che questa “casa” è proprio un po’ come me l’ero immaginata: suntuosa e semplice, austera ed accogliente, ordinata e caotica, elegante e modesta.

E poi c’è lui, Alberto, non solo perché video e audio della sua voce accompagnano l’ospite nelle varie stanze. C’è Alberto perché l’emozione che si prova è proprio quella di vederlo lì, il Sordi privato, mentre seduto sulla sua poltrona di barbiere si specchia con la faccia insaponata o mentre prega nella sua camera da letto, o ancora mentre legge un libro o ascolta musica nel suo studio. Sordi che accoglie i suoi ospiti invitandoli ad assistere a proiezioni o spettacoli nel suo teatro o a bere qualcosa nel suo salotto con vista sul parco.

C’è una Roma diversa, più sorridente ma anche più affaticata. C’è l’Italia inginocchiata del Ventennio e quella “esplosiva” del boom economico. C’è l’attore ironico e struggente sui set cinematografici e il figlio devoto alla famiglia e ai suoi valori. C’è l’artista irriverente con le sue partner e il galantuomo che mantiene il riserbo sui suoi amori.

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E poi oggi ci sono anch’io che sono sua ospite. Lascio che Alberto mi accompagni attraverso la sua vita e le sue esperienze: quelle artistiche note, come il teatro, il cinema, la radio, ma mi faccio affascinare anche dai suoi racconti più intimi come il suo impegno nella solidarietà per i più sfortunati o il suo sostegno agli anziani e agli animali o ancora il suo rapporto “speciale” con Giovanni Paolo II.  E mentre mi commuovo guardando la sua bicicletta, che è stata prodotta dal negozio dove mio padre lavorava da ragazzo, mi pervade la definitiva certezza di sentirmi qui, incredibilmente, davvero a casa!

Gilda Luzzi

Per prenotazione visite e informazioni: https://www.fondazionemuseoalbertosordi.org/

 

 

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