I libri ci hanno fatto compagnia più del solito durante il “blocco sanitario”, che, però, ci ha allontanato purtroppo dai luoghi che ne sono per eccellenza il “sacro tempio”. Come spiega questo articolo, che esplora l’universo meraviglioso dove le librerie sono luoghi incantati e i protagonisti sembrano personaggi da fiaba
Ogni volta che ho una giornata storta, di quelle che sembrano fatte apposta per infastidire il mio umore, ho sempre la stessa soluzione a portata di mano: entrare in una libreria e respirare profondamente il profumo di carta e stampa che ne inebria l’aria. Il libro è magia, ma è anche un laboratorio emotivo in cui è possibile sperimentare stati d’animo. I libri l’avevano sempre affascinata. Erano possibilità, nuove occasioni. Erano risposte. Custodirli, offrirli a chi li cercava era molto più che un mestiere. La sua era una vocazione. Non avrebbe dovuto negarla.
Nel romanzo La rilegatrice di libri Cristina Caboni racconta la storia di due donne appassionate di libri, vissute in due epoche differenti, ma con la stessa passione per la lettura. A Torino c’è una libreria che si chiama La Bussola, nome più che azzeccato, perché tra i libri si può trovare il Nord, il Sud, l’Est e l’Ovest quando pensieri impazziti fanno naufragare i nostri progetti più ambiziosi e sembrano sbatterci contro gli scogli, senza poter tornare a un porto sicuro. Ma, tra i libri, la bussola possiamo anche perderla intenzionalmente, lasciandoci trascinare verso lidi e atmosfere lontane e seducenti.
Come nella libreria di Baranquilla che, in Cent’anni di solitudine di García Márquez, il titolare trattava i classici e i clienti come fossero i membri della propria famiglia. Quando Aureliano Buendìa entrò nella libreria trovò quattro ragazzi ciarlieri, infervorati in una discussione sui metodi per uccidere gli scarafaggi nel Medioevo e il vecchio libraio, conoscendo la passione di Aureliano per i libri lo invitò a far da arbitro nella controversia. Fu il principio di una grande amicizia e il colonnello continuò a trovarsi tutti i pomeriggi a discutere in quelle riunioni che iniziavano alle sei del pomeriggio e finivano allo spuntare del giorno. Lo scrittore e i suoi lettori hanno un rapporto speciale.
Lo sapeva bene Italo Calvino che in Se una notte d’inverno un viaggiatore ha realizzato uno scambio di ruoli: non è l’autore a confezionare il romanzo, ma il lettore che diventa motore della creazione della storia, a cui Calvino si rivolge proprio come ad un amico. Il protagonista del testo, il lettore, rientrato dalla libreria si accorge che la copia del romanzo è difettosa e inizia a cercarne una perfetta, senza immaginare minimamente che si ritroverà immerso in un libro che solo lui potrà scrivere. Qui, più che in ogni altro testo, si simboleggia l’importanza del ruolo del lettore nel valore di un’opera letteraria. C’è un libraio che passa le notti a leggere nella sua bottega e un ragazzo che scappa di casa di notte per lasciarsi ammaliare ne Il Libraio di Selinunte di Roberto Vecchioni.
Quando un giorno gli abitanti del villaggio, per invidia, bruciano la libreria, si accorgono che anche le parole spariscono insieme alle cose e al libraio morto nel rogo. Ma il ragazzo ha dentro di sé la voce perduta dei libri e grazie a lui le parole resteranno ancora vive. Per oltre 20 anni Sultan Khan ha continuato a vendere libri a Kabul, nonostante i tentativi di ostacolarlo da parte delle autorità: è stato in carcere e i soldati talebani hanno bruciato pile di libri. La giornalista svedese Asne Seierstad nel 2002 ha vissuto un anno con la famiglia di Khan e ha raccontato la storia de Il Libraio di Kabul con una particolare attenzione al mondo femminile. Libri e librerie, librai e lettori: binomi esclusivi che resisteranno nel tempo, nonostante la “rete” e i suoi giganti commerciali.
Gilda Luzzi