L’artista siciliana, da tanti anni a Berlino, sarà ospite il 25 luglio al Festival di Wiltz (Lussemburgo) con il concerto “Parlami d’amore”, spettacolo musical-letterario in tedesco e italiano, accompagnata dal Trio Eva Freitag, Cathrin Pfeiffer e Fabio Tricomi. Intervista in anteprima
Sei nata in Sicilia, una delle isole più belle del mondo e anche una delle culle più importanti della cultura mediterranea. Quanto la Sicilia ha influenzato il tuo modo di scrivere musica?
Moltissimo, perché la Sicilia è il luogo in cui io mi sento me stessa e in cui fin da bambina ho scoperto la musica e soprattutto un certo modo di cantare più appassionato, curioso e meno accademico che forse solo nel Sud si può trovare.
Negli Anni ’90 ti sei trasferita in Germania dove, prima ad Amburgo e poi a Berlino, hai vissuto alcune esperienze musicali fondamentali per la tua carriera (per esempio con la London Session Orchestra) che poi ti hanno resa una star di calibro internazionale. Culturalmente parlando, con particolare riguardo alla musica, che cosa offre di più la Germania o comunque la Mitteleuropa rispetto alla nostra penisola?
Difficile rispondere perché il trasferimento è una scelta personale. Non so esattamente dire cosa offra di più. C’è questo mito che il Nord, che l’Europa e che la Germania diano maggiori possibilità in tanti campi e soprattutto nella musica. Sicuramente ci sono strutture che permettono di poter apprendere e di poter poi, in seguito, lavorare come musicista; cosa che è più difficile in altri luoghi. In generale direi che offre la possibilità di conoscere e studiare varie culture. Questo, insieme al fatto di viaggiare, aiuta la musica a liberarsi da schemi e limiti, anche se personalmente, talvolta, mi pone in un piano di conflitto essendo molto legata al mio passato culturale.
Naturalmente non si smette mai di amare la propria terra e le proprie radici musicali. Lo hai fatto anche dedicando un album a una voce storica e contrastata della Sicilia: Rosa Balistreri. Nel 2005 esce infatti “Canta Ro”. Recentemente hai inciso un disco dedicato allo scrittore Vincenzo Consolo, altra figura carismatica dell’isola. Quali sono i messaggi importanti che hai voluto trasmettere al tuo pubblico attraverso questi lavori?
Io non mi prefiggo di dare un messaggio perché mi sembra una responsabilità troppo grande che stona con la mia personalità. Il mio obiettivo è quello di offrire un impulso che si può interpretare in vari modi e da questo impulso possono scaturire altre idee. Per me la musica è un modo di comunicare e di crescere insieme. Quello che vorrei regalare è un momento di raccoglimento, un momento di riflessione, un momento di ascolto tra le persone perché la musica genera emozioni, divertimento ed esperienze che poi ogni persona fa proprie. Il messaggio, quindi, viene da se stessi e non da me.
Nel 2018 hai pubblicato l’album “Il passo interiore”, altro omaggio alla lingua siciliana con la collaborazione di musicisti internazionali come Cathrin Pfeifer, Susanne Paul, Patrice Heral, Hinrich Dagefor e altri. Com’è stato suonare questo particolare repertorio con musicisti stranieri?
Io collaboro sempre con musicisti di varia provenienza e mi piacciono le commistioni. In questo disco, che è album di riflessione sulla vita, il progetto era quello di lavorare in maniera raccolta raccontando quello che è successo nella mia storia personale o nella storia generale di questi ultimi anni. Abbiamo inciso nella mia casa, che è anche il mio studio di registrazione, e abbiamo condiviso anche momenti di vita privata. Ho lavorato, dunque, con i musicisti che mi sono più vicini non solo in musica, ma anche nella vita. La maggior parte di loro suonano con me da molti anni.
Hai suonato in Lussemburgo in passato, in particolare al Kulturhaus di Mersch. In quell’occasione abbiamo avuto anche l’onore di ospitarti nella nostra trasmissione radiofonica. Sono passati diversi anni, adesso tornerai a trovarci nel bellissimo scenario del Festival di Wiltz. Quanto sei cambiata artisticamente in questi ultimi anni?
Certamente alcune cose sono cambiate. Da un lato ho avuto l’esperienza di lavorare in formazioni diverse e questo mi ha fatto crescere. Dall’altro, quello che avevo appreso nella mia formazione musicale si è sedimentato nel mio DNA e nel mio subconscio. Alcune cose invece sono rimaste le medesime, come il fatto di suonare musica siciliana.
Intervista a cura di Paolo Travelli