Fidel, padre della rivoluzione cubana, se ne andato (lo scorso 25 novembre, ndr) lasciando orfani il popolo cubano e milioni di persone nel mondo. La tristezza è tanto grande per il popolo cubano, il quale, grazie a lui, è riuscito a conquistare la sua indipendenza e a creare una società più giusta. Il 16 aprile 1961, alla vigilia dell’invasione mercenaria della Baia dei Porci, Castro aveva dichiarato: La Rivoluzione cubana è la rivoluzione degli umili, con gli umili e per gli umili e questo, a soltanto 150 km degli Stati Uniti, era troppo! E non gli fu mai perdonato. Fidel non era di quelli che abbassano la testa, si sottomettono o di quelli che – come succede spesso – si lasciano corrompere. Anche per questo hanno tentato di ucciderlo più di 600 volte.
Il popolo cubano, di una dignità, di un coraggio e una capacità di resistenza impareggiabile, ha avuto un ruolo determinante tanto nella lotta che ha portato al trionfo della rivoluzione quanto nella resistenza che non si è mai fermata. Né il criminale blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti più di cinquanta anni fa – convinti di sottomettere i Cubani con la fame e la miseria – né il tentativo di sbarco mercenario, né la guerra batteriologica, né gli attentati terroristici che sono costati la vita a più di 3.478 persone e che ne hanno mutilato più di 2.099, niente di tutto ciò è arrivato a sconfiggere questo popolo orgoglioso e valoroso. Tuttavia, il clamore mediatico e la disinformazione di cui è vittima Cuba dal trionfo della rivoluzione fanno che, per una larga maggioranza dell’opinione pubblica internazionale, Fidel sia stato un dittatore. Basta rispondere a qualche domanda per capire che non è vero.
Cosa poteva spingere Fidel, avvocato e figlio di un proprietario agricolo, a volere intraprendere una rivoluzione? Solo un idealista ribelle, umanista e altruista, amante dell’indipendenza e della giustizia sociale come era Fidel, poteva lanciarsi in una tale impresa. Se, come certi insinuano, era interessato solo al potere, perché è sempre stato in prima linea, ha messo in pericolo la sua vita, dall’assalto della caserma di Moncada del 1953 – prima azione del Movimento del 26 luglio – fino alla Baia dei porci nel 1961, allorché la rivoluzione aveva già trionfato da due anni?
Perché, durante la riforma agraria, le prime terre ad essere nazionalizzate furono quelle delle sua famiglia? Quanti politici di casa nostra, che si definiscono “democratici” e al servizio del popolo, possono vantare di aver rinunciato a tutto e mettere la loro vita in pericolo per assicurare una vita migliore al proprio popolo come ha fatto Fidel?
È questa la ragione della grande popolarità di Fidel, considerato per una larga maggioranza dei Cubani come un fratello e come un padre; è questo che spiega la grande tristezza alla notizia della sua morte. Sono stati milioni a rendergli l’ultimo saluto al Memorial Jose Marti e durante la cerimonia ufficiale sulla Piazza della Rivoluzione a La Havana, o ancora durante il passaggio del convoglio che trasferiva le sue ceneri a Santiago.
Facciamo i seri! Come si può chiamare dittatore qualcuno che, dopo essere stato eletto democraticamente, ha rinunciato a dirigere il Paese, considerando che le sue condizioni fisiche non lo permettevano più?
Infine, per dimostrare che tipo d’uomo era Fidel, basta ricordare che egli ha sempre vietato che fossero edificate statue o busti in suo onore e, nelle volontà post-mortem, che nessuna via, piazza o istituzione portasse il suo nome.
Quando un popolo vede che un uomo ha dedicato tutta la sua vita – donando tutto perché la vita sia degna di questo nome – è ovvio che lo sostenga contro tutti e a qualunque prezzo. E questo è quello che succede a Cuba dal 1959! Non si può chiedere che Fidel raggiunga l’unanimità. Questo nessuno potrà farlo. Malgrado le mancate risorse e il terribile blocco americano, i principali diritti sociali acquisiti della rivoluzione (salute, educazione…) sono sempre stati guarantiti, al meglio, anche nei momenti più difficili.
Come sarebbe stata oggi Cuba se avesse disposto di più di 125.873.000.000 dollari di perdita che le ha inflitto il blocco americano? Un Paese del terzo mondo con un sistema sociale unico al mondo, in cui il popolo avrebbe potuto vivere, non nel lusso, ma per lo meno correttamente. E questo per gli Stati Uniti era intollerabile e lo hanno impedito ad ogni costo. Nonostante siano stati condannati 25 volte dall’assemblea dell’ONU, il blocco americano è ancora oggi presente e continua giorno dopo giorno ad indebolire l’economia cubana.
Non contento di fare tutto questo per il suo popolo, Fidel ha sempre tentato di aiutare i popoli africani, asiatici e dell’America Latina, facendo dell’internazionalismo un punto fermo della rivoluzione. Dall’inizio della rivoluzione Cuba ha offerto il suo aiuto a numerosi Paesi, sia nel settore della salute (attualmente circa 50.000 medici e personale infermieristico lavorano in una sessantina di Paesi, o nella formazione gratuita dei medici) sia nell’educazione e anche, militarmente, per la conquista dell’indipendenza. Per Fidel, l’internazionalismo era il modo per Cuba di pagare il suo debito nei confronti dell’Umanità. A questo proposito Luther Castillo, medico dell’Honduras, formatosi gratuitamente nella Scuola Latino-americana di Medicina di Cuba, al Parlamento europeo ha detto: Contrariamente agli altri Paesi, Cuba non offre quello che ha in eccesso, ma solo quello che ha.
E questo gli imperialisti e i loro “vassalli” occidentali non l’hanno mai perdonato a Fidel, neanche dopo la sua morte!
Una cosa è certa: i responsabili politici inqualificabili, che a dispetto dell’onestà intellettuale non si fermano davanti a nulla, non riusciranno ad offuscare l’immagine di Fidel, malgrado godano del sostegno incondizionato di “agenzie d’informazione e di altri network” che ingannano l’opinione pubblica. Il lavoro di questi mezzi d’informazione e stato duro in questi ultimi giorni. Come spiegare all’opinione pubblica, dopo avere mentito per oltre 60 anni, il dolore del popolo e l’omaggio che milioni di Cubani gli hanno reso? Ci saranno sempre delle eccezioni come Ségolène Royal che – durante la cerimonia in omaggio del leader maximo tenutasi a Santiago sabato scorso – dopo avere parlato obiettivamente di Fidel e della rivoluzione cubana, ha provocato una vera protesta.
Ma Fidel fa parte degli uomini che fanno la Storia e non sarà mai dimenticato. È riuscito a dimostrare che un altro mondo, un mondo migliore, è possibile.
E in tutti questi anni le sue idee si sono diffuse nel mondo, hanno aperto gli occhi e svegliato le coscienze, creando una vera trincea anti-imperialista intercontinentale. In tutto il mondo la gente difende oggi le sue idee e suoi principi e continua la sua lotta. Fidel ha seminato e ora cominciano a nascere i frutti. Nel 1953, al momento del suo processo in seguito all’attacco della caserma di Moncada, disse ai giudici: Condannatemi, la storia mi assolverà”.
Oggi milioni di voci gridano: «Hasta la victoria siempre, Comandante!».
Ivano Iogna Prat