Che cosa succede alle sinistre europee? Il trend elettorale dei vari Paesi europei nell´ultimo anno, fino alla vittoria di David Cameron in Inghilterra lo scorso 7 maggio è chiaro. Laddove la sinistra è al potere, l´emorragia di voti è pressochè scontata. Nei Paesi in cui è all´opposizione, la sinistra non solo non riesce a diventare partito di governo, ma diviene spesso terza o quarta forza politica. Ad oggi, sussiste un´unica eccezione a questo trend catastrofico: l´Italia.
La Francia, governata dalla sinistra e con François Hollande come capo di Stato, sta vivendo uno dei momenti politico-sociali tra più delicati della storia recente. Frequenti cambi di governo, proclami elettorali delle presidenziali del 2012 ad oggi disattesi hanno lacerato la sinistra francese (PS), spianando la strada ad un potenziale ritorno all´Eliseo nel 2017 del redivivo Sarkozy. L´attuale primo ministro socialista francese, Manuel Valls, è spesso accusato dal suo partito di attuare politiche “di destra”, soprattuttto in tema di giustizia. La politica francese sta pagando l´assenza di una figura presidenziale carismatica, dato abbastanza inusuale nella storia dell´Hexagone, a tutto vantaggio di forze populiste, quale il Front National di Marine Le Pen.
In Germania nel 2014, Angela Merkel – centro-destra (CDU) – si è largamente riconfermata al governo, nonostante sia accusata dai Paesi europei di eccessivo rigore fiscale e in casa propria di un certo immobilismo nell´attuare le riforme. Nessun segno di ripresa da parte della sinistra tedesca, orfana dagli anni Gerard Schröder (ultimo cancelliere socialista) di un leader carismatico.
La Finlandia ha visto qualche settimana fa la vittoria della coalizione di centro-destra relegando il partito socialista al quarto posto. Nell´ultimo governo in carica, i socialisti erano al governo con i conservatori del National Coalition Party. Entrambi hanno perso le elezioni, a vantaggio del partito di centro e, soprattutto, del partito populista, nazionalista ed euroscettico (Finns) arrivato secondo alle elezioni.
In Spagna ed in Grecia le rispettive compagini di sinistra sono sempre più in difficoltà dinanzi all´avanzare di quei movimenti inizialmente di protesta ed oggi sempre più politicamente influenti (Syriza, partito di estrema sinistra in Grecia – oggi al governo – e Podemos e Ciudadanos in Spagna). La Spagna, in particolare, vive un momento politico molto delicato e pieno di insidie: un Paese abituato a un bipolarismo perfetto (partito popolare (PP) e pasrtito socialista (PSOE)) si ritrova ad avere un panorama politico composto da quattro partiti: ai tradizionali PP e PSOE si sono uniti Podemos (di estrema sinistra, che sfrutta le debolezze e la sfiducia dell´elettorato nei confronti del PSOE) e Ciudadanos (di stampo liberale) che hanno ufficializzato il loro peso politico alle ultime elezioni amministrative tenutesi in Spagna nel mese di maggio.
Il successo di Cameron in Inghilterra ha dimostrato la debolezza strutturale e le contraddizioni interne dei Labour britannici. Anche qui, la sinistra ha pagato dazio per due motivi: la forte ascesa del partito nazionalista scozzese (SNP) che ha drenato quasi per intero il bacino elettorale labour in Scozia e l´assenza di un leader carismatico dopo gli anni di governo di Tony Blair.
La Polonia, alle presidenziali tenutesi a fine maggio, ha visto un inaspettato successo di Andrzej Duda, candidato appartenente al partito nazionalpopulista, russofobo, euroscettico e clericale denominato Diritto e Giustizia (PiS). Affermazione ancora più sorprendente se si considera che il partito di centro-destra, al governo da anni, ha portato la Polonia ad avere un peso considerevole in ambito europeo (si pensi alla nomina di Donald Tusk, ex premier polacco, a presidente del Consiglio Europeo dallo scorso dicembre) ed ha sensibilmente migliorato le performances economiche polacche, seppur a danno di notevoli costi sociali (in termini di disoccupazione giovanile soprattutto). Anche in Polonia la sinistra latita, e questo vuoto è stato colmanto al primo turno delle presidenziali non solo dal PiS, ma anche da un locale cantante rock nazionalista (Pawel Kukiz) che si e´affermato come terza forza politica (dietro il centro-destra) con il 20% di voti.
Il trend sopra analizzato trova conferma – infine – nell´attuale composizione del Parlamento Europeo, rieletto il 2014, lagamente in mano Partito Popolare Europeo.
La debacle politica della sinistra europea è dovuta anche ad una strategia dei partiti di centro-destra, vittoriosi nei vari Paesi, di far proprie argomentazioni care ai partiti più radicali di estrema destra. Cameron in Inghlterra ha fondato parte della sua campagna elettorale promettendo di lanciare un referendum sulla permanenza o meno del Regno Unito in Europa, argomento sponsorizzato sopratttutto dal partito di estrema destra inglese UKIP. In Ungheria, il premier Orban, già conosciuto in Europa per le sue politiche illiberali a danno di stampa ed informazione, ha paventato nelle ultime settimane la reintroduzione della pena di morte in Ungheria (la cui attuazione porterebbe ad un´automatica uscita dell´Ungheria dall´Unione Europea), cavalcando l´onda del malcontento popolare nei confronti del flusso migratorio, utilizzando gli argomenti che hanno portato a un trionfo elettorale lo scorso febbraio il partito di estrema destra xenofobo ungherese Jobbik. In Francia, Sarkozy ha avuto una larghissima affermazione alle recenti elezioni municipali, anche utilizzando tematiche proprie del Front National di Marine Le Pen (in campagna elettorale, Sarkozy si è detto contrario ai pasti differenziati nelle mense scolastiche ed ha proposto l´interdizione dell´uso del velo nelle università).
La capacità dei parititi di centro-destra di far proprie e tradurre in voti alcune tematiche di estrema destra va a braccetto con la crisi identitaria della sinistra. Quest´ultima non riesce più a parlare al proprio popolo. La crisi economica, le dinamiche del mondo del lavoro irrimediabilmente cambiate, un´economia sempre piu globalizzata ed “aggressiva”, nuove nazioni emergenti che stanno cambiando la visione del lavoro e della produzione, il flusso migratorio sempre più intenso e drammatico in Europa stanno mettendo a dura prova la capacità di adattamento delle classe dirigente delle sinistre europee dinanzi a questi cambiamenti epocali.
Non è un caso che nell´unica nazione in cui la sinistra governa con una larga maggioranza, l´Italia, il partito (PD) è lacerato al suo interno da frequenti discussioni di natura identitaria. Il premier in carica, Matteo Renzi, è accusato da buona parte del partito e da una larga fetta del popolo di sinistra di appartenere al PD solo formalmente, predisponendo o attuando riforme considerate lontane dal mondo della sinistra. A seguito delle elezioni regionali di fine maggio, il PD ha subito un vistoso calo di preferenze rispetto alle ultime elezioni europee (dal 40% al circa 31%), ma si conferma, in ogni caso, prima forza del Paese. Il caso italiano dimostra il malessere, il disagio e la difficoltà della sinistra di leggere il mondo di oggi ed i suoi cambiamenti.
E´ in atto dunque una profonda crisi identitaria in seno alla sinistra europea. Questo determina uno scompenso dell´intero sistema democratico di ciascuno dei Paesi europei coinvolti; infatti tale vuoto lascia ampi spazi per l´inserimento di proclami populisti, se non anche xenofobi e razzisti.
Dinanzi a questa debacle, bisogna forse ritornare alle radici storiche della sinistra europea, affinchè diventino fonte di idee e progresso, vengano utilizzate come un grimaldello per scardinare le complesse serrature di un mondo in continuo cambiamento e non come uno strumento desueto che impedisce di leggere le sfide di oggi.
Gaetano Vittoria