In attesa della puntata di VoicesbyPassarola dedicata al 25° anniversario della caduta del muro di Berlino, abbiamo incontrato Mauro Montanari, titolare di un premio St. Vincent – per la prima volta dato ad un giornalista italiano all’estero che non fosse il corrispondente di grandi quotidiani nazionali –  e gli abbiamo chiesto cosa ha significato per lui la caduta del muro. 

fonte DPA (Agenzia stampa tedesca)
fonte DPA (Agenzia stampa tedesca)

Il 9 novembre 1989: ti ricordi ancora dove ti trovavi?
Ero allora fidanzato con una meravigliosa berlinese dell’Ovest che sarebbe poi diventata mia moglie, ed in quei giorni mi trovavo proprio là, a Berlino. Ho vissuto l’entusiasmo del momento e l’attacco al Muro con picconi e martelli; ho picconato e martellato a mia volta, non soltanto per potermi portare a casa il ricordino, ma soprattutto, direi, per poter essere voce del coro nei giorni più straordinari della storia d’Europa del Dopoguerra. In quei giorni, l’entusiasmo lo si misurava nell’aria ma, nell’entusiasmo, non c’era forse del tutto la consapevolezza della storicità del momento. A venticinque anni di distanza sappiamo meglio come, con la caduta del Muro, il conflitto Est-Ovest si sia soltanto assopito, mentre è scoppiato virulentemente il conflitto Nord-Sud.

DDR e Germania Federale: cosa ti ricordi della costellazione dell’epoca?
La questione tocca ovviamente la Germania, ma anche l’Europa e il mondo. In questi ultimi mesi, dicevo, vediamo come il conflitto Est-Ovest torni lentamente ad essere parte degli incubi collettivi di tutti noi. Possiamo allora, forse, trarre un bilancio complessivo sia dei passi avanti che il mondo ha fatto in questi venticinque anni in direzione della pace e del progresso ma anche degli errori che si sono commessi e che rischiano di trascinarci di nuovo in un conflitto che nessuno vuole.

Ti riferisci alla crisi dell’Ucraina forse?

La crisi dell’Ucraina è soltanto l’effetto di una serie di cause che hanno radici lontane. A quelle bisogna risalire per capire cosa succede oggi. Mi spiego. C’è una cosa che mi lascia sempre stupefatto: come la politica non conosca la storia. Se io vado a vedere, ad esempio, cosa accadde dopo la sconfitta della Germania nel 1918, dopo la Prima guerra mondiale, trovo una situazione con molte analogie. La Germania perdente e colpevole venne punita, come è normale, ma venne anche umiliata pubblicamente; venne messa alla fame; le vennero tolte le possibilità di costruirsi di nuovo un futuro industriale e di giocare un ruolo (diverso ovviamente, più positivo) di grande potenza europea, e ciò in una atmosfera di nazionalismo esasperato. Il personaggio satanico che venne dopo, potè utilizzare con relativa facilità i sentimenti di frustrazione e i desideri di rivincita del suo popolo. C’è sempre da chiedersi quanto colpevole fosse il trattato di Versailles del 1919 rispetto alla presa del potere del nazionalsocialismo. Ora, le analogie con la Russia e i pericoli riguardo la situazione attuale, li puoi immaginare da sola.

Cioè tu temi una escalazione del conflitto?

Molti dicono che la storia non si ripete; altri sostengono che la storia ha corsi e ricorsi. Personalmente sono dell’opinione che sarebbe meglio evitare di ripetere le cause che hanno dato luogo a grandi catastrofi nel passato. Dopo la caduta del Muro, mi sarei aspettato che il vincitore creasse le condizioni affinché la Russia potesse giocare un ruolo positivo nello scacchiere mondiale, nel rispetto delle sue grandi tradizioni e della sua grande cultura, umanistica e scientifica. Sono convinto che, all’inizio degli anni Novanta, le condizioni per un coinvolgimento positivo della Russia nella risoluzioni delle crisi mondiali, c’erano, e ciò anche nel rispetto della autonomia degli Stati cosiddetti satelliti dell’orbita ex-sovietica. Invece si è iniziata una politica di provocazioni, di umiliazioni, di dimostrazione di forza nel tentativo di ridurre la Russia a potenza locale. Questo però è assurdo. La Russia è la metà dell’Asia. Ora, fermo restando il fatto che la violenza e la rappresaglia armata sono sempre da condannare, consiglio di andare a vedere cosa è successo veramente negli ultimi vent’anni ai confini meridionali e a sud-est della Russia. E al momento, da osservatore, temo molto l’alleanza che si sta creando tra Russia, Cina e molti Paesi del cosiddetto BRICS in funzione antioccidentale, sull’onda degli errori di politica estera americana.

Cosa dovrebbe fare l’Europa in favore della pace nel mondo?

Dovrebbe crearsi anzitutto una politica estera autonoma dagli Stati Uniti ed agire in maniera oculata nelle crisi locali. Fino a qualche anno fa c’erano le condizioni per creare in Ucraina una federazione di regioni con una sufficiente autonomia culturale e politica, e così risolvere un conflitto etnico che invece sta diventando sempre meno controllabile. E ciò nell’ambito della collaborazione e perfino con il consenso russo. Ho trovato peraltro molto lodevoli le intenzioni della signora Mogherini di creare le condizioni per la creazione di uno Stato palestinese autonomo. Mi paiono esempi illuminanti.

Concludiamo con una domanda sul muro. Se dovessi spiegare oggi, ai tuoi figli, la storia delle due Germanie, cosa diresti?

Parlerei loro piuttosto della Germania unificata e del suo ruolo in Europa, che è in parte paradossale. Da una parte, la Germania ha realizzato il suo sogno, durato tutto il secolo scorso, di essere di fatto leader nel continente. Dall’altra parte, sembra che questo ruolo non lo voglia più; sembra intimorita e senza orientamento. Ci sarebbe invece bisogno di un motore per far avanzare l’Unione, che rimane in mezzo al guado: governata da un gruppo di commissari nominati che non hanno il consenso del voto. Invece sempre silenzio. Nessuno si prende la responsabilità di uscire dal coro. Mancano le vere teste pensanti: i Mitterand, i Brandt, i De Gasperi: manca gente con un progetto. Tante piccole teste non fanno un grande stratega. Ora, la signora Merkel sembra proprio il Primus inter pares di queste piccole teste.  La sua popolarità si basa sul dire banalità e non fare nulla di concreto. Tuttavia dà al suo popolo la sensazione della protezione materna. Questo il paradosso.

 

Elisa Cutullè

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