Ho appena finito di guardare (ieri, sabato 27 settembre n.d.r.) Italy in a Day di Gabriele Salvatores e ho deciso subito di scrivere. E’ un bisogno così immediato che mi fa riflettere: cosa scaturisce questa voglia instantanea di digitare, scrivere parole che rimangono impresse, nella testa, nel file word, nel mio quaderno (perchè si, nulla batte la penna e la calligrafia incerta sul foglio)? Perchè Italy in a day ha smosso qualcosa?
Il film presentato al Festival di Venezia, riprende il progetto di Ridley Scott (che finanzia Salvatores n.d.r.) e presenta i 44.000 video girati degli italiani nel giorno 26 ottobre 2013. Il social movie promosso dalla RAI sotto la direzione del premio Oscar Gabriele Salvatores come esperimento di cinema collettivo.
C’è chi parla di un amore perduto, chi documenta la nascita di un figlio, chi canta in macchina, chi va a scuola, chi si sposa e chi racconta la propria giornata. L’Etna un anno fa era in piena eruzione, ed ecco i video di questo spettacolo della natura.
Non ho paura né vergogna, a scrivere che lacrime sono scese. Sono scese quando chi come noi, vive all’estero ci parla del desiderio di tornare in Italia, di lavorare in Italia, di far nascere e crescere la propria famiglia in Italia.
L’Italia è casa, nel senso di Madrepatria.
L’Italia è quel sogno lontano; fatto di buon cibo e famiglia. E’ dura la vita da migrante, perchè quando guardi film come questo, senti una stretta allo stomaco. E pensi a casa, a tuo fratello, ai genitori, ai tuoi nonni e ti domandi per quanto ancora il limbo durerà. Il limbo in cui tutto va bene, in cui tu stai bene qui e loro stanno bene laggiù. Nell’epoca in cui ognuno diventa protagonista, Salvatores rincarna la dose con un film fatto da noi, che non può che emozionarci e renderci fieri.
Per farci comprendere che la vera felicità non è nulla di legato a qualcosa di materiale. Ma solo e semplicemente ad una parola: Casa.
Valentina Agostini