Ospitiamo la collega giornalista Paola de Benedictis che ci racconta i motivi per cui piace il film di Paolo Sorrentino, vincitore dell’Oscar come Miglior film straniero 2014.
La Grande bellezza piace per gli stessi motivi per cui non piace. Perché parla di noi, della nostra parte più miserevole, quella che invano cerchiamo di nascondere dietro la porta della coscienza, come polvere. Oppure proviamo ad affogare e alla fine torna sempre a galla. Quando c’è godimento durante la visione, allo stesso tempo affiora la nausea.
Come se si assistesse alla messa in scena del perturbante freudiano, un qualcosa sentito ad un tempo familiare ed estraneo. Generatore, dunque, di angoscia e spaesamento.
La grande bellezza attraversa tutto l’arco esistenziale fino al liminare dei sessantenni, soglia del tramonto di una vita. Del futuro che comincia ad accorciarsi. “A 65 anni ho capito una cosa: di non avere più tempo per le cosa che non mi interessano”. Con queste parole Jep, il protagonista, si congeda dall’autoinganno di una vita. La grande bellezza è un demolitore. Pensiamo alla sequenza in cui il nostro eroe distrugge, con poche battute, la traballante immagine di sé che ha la 50enne-giornalista-donna-in-carriera-con famiglia-cuore-e-marito-amorevole. Tutte balle. Una pantomima di cui in fondo anche lei conosce la falsità ma messa per schivare il fallimento di una vita. La grande bellezza – se pure imperfetta e a volte vittima di luoghi comuni o lungaggini – è proprio a tali imperfezioni che deve la sua umanità ed il suo successo.
Insomma si tratta di un film pieno di difetti ma che può permetterseli tutti.
Paola De Benedictis, giornalista, poetessa, sceneggiatrice e partigiana in prestito a Radiouno Rai