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Il Grand Théâtre  di Lussemburgo, nell’anno delle celebrazioni verdiane, ha messo in scena La Forza del Destino, con la direzione musicale di Erik Nielsen e le scenografie Henrik Ahr. L’opera che fece il suo debutto nel 1862 a S.Pietroburgo, s’innesta sul libretto scritto da Francesco Maria Piave. Diversi aspetti, però, non convinsero il maestro Verdi, che decise di revisionare molte parti musicali, fino ad arrivare al debutto scaligero nel 1869 con la versione definitiva.

La Forza del Destino non è altro che un fato capriccioso e crudele, che strazia personaggi in totale balia di sentimenti e passioni; una forza suprema che allontana i protagonisti nello spazio e nel tempo, per poi condurli a un inesorabile, cruento epilogo. Accidenti, eventi funesti nella finzione e nella realtà, che, nel tempo, hanno trasformato l’opera nel capolavoro iellato per eccellenza.

La vicenda ha inizio con la poco realistica ricostruzione della dimora del Marchese di Calatrava (il basso Jaco Hujipen), la scenografia e i costumi di stampo moderno e un’illuminazione soffusa e inquietante, forse presagio dell’imminente tragedia, hanno del tutto cancellato i fasti della dimora del nobile nonché della Siviglia del tempo. La scena è statica; preminente è la sagoma della croce, che fà da sfondo a tutta l’opera, dando vita a una dimensione atemporale e spesso poco agevole.

Non manca qualche errore di interpretazione tranne che per la discreta Leonora (Catherine Naglestad), che ha ben eseguito una delle aree più famose dell’opera: la Vergine degli Angeli.

Amelia Conte

 

 

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