Oggi è il 25 aprile.
Sono passati 67 anni da quel 25 Aprile 1945, giorno nel quale l’Italia – ma in quei giorni anche buona parte dell’Europa – si risveglio’ dalla lunga notte di paura nella quale la dittaura fascista l’aveva trascinata.
E, va detto con distaccata serenità, quell’incubo fu voluto o accettato, almeno per un certo periodo, anche da una cospicua parte degli italiani. Anche da questa spigolosa constatazione deve partire la riflessione sull’attualità del 25 Aprile.
Fu certo un lieto fine e, soprattutto, un lieto inizio. Si girava pagina e si apriva una nuova fase della vita del nostro Paese.
Ma quando si leggono storie di drammi e tragedie lontani nel tempo – come furono gli anni della II Guerra Mondiale e della dittatura fascista – si ha l’abitudine, per naturale predisposizione psicologica, a concentrarsi sui lieti finali dimenticando o tralasciando quello che vissero i protagonisti di quelle vicende prima che arrivasse il lieto fine.
Chi si oppose alla dittatura nazifascista, specialmente nel periodo 1943-45, non aveva per niente la certezza di vincere la battaglia. Chi si oppose e chi fece la scelta partigiana, lo fece senza contropartite e in un contesto che nulla lasciava sperare al meglio.
Ancora alla fine del 1944 Hitler era a capo di una superpotenza, la guerra sembrava ben lontana dal finire, l’Italia era praticamente divisa in due e la Repubblica di Salo’ era il governo ufficiale dell’Italia del Nord.
Gli uomini e le donne che scelsero di combattere (e combattere non significava soltanto imbracciare le armi), lo fecero consapevoli che l’unica vera e profonda forza verso un contesto tanto avverso era quella di RESISTERE.
Resistere contro gli invasori nazisti, resistere contro un governo repubblichino spietato e fratricida, resistere contro l’assenza di libertà personali e collettive, resistere contro malvagità e soprusi senza fine, resistere contro il dolore in tutte le sue manifestazioni.
E’ attuale e utile ricordare tutto questo oggi? Anzi, domani?
Si’, perchè l’invasore, sia pur sotto altre forme, è ancora presente. E’ presente nelle manifestazioni di intolleranza razzista o xenofoba che dovrebbero preoccupare i “tecnici” di Roma e di Bruxelles tanto quanto il bilancio e gli spreads dei singoli governi. L’invasore è ancora presente nella non sopita voglia di una parte degli italaini di firmare deleghe in bianco a governanti ricchi e di facile parola purchè promettano di risolvere i loro problemi, con tutte le conseguenze che conosciamo sulla qualità della democrazia e delle libertà collettive. L’invasore è presente quando la pavidità di una certa classe politica e di una parte dell’opinione pubblica sono con-causa dell’imperante credo economico che vuole convincerci che ingiustizia sociale e diseguaglianze economiche sono naturali e inevitabili. Ma non è cosi’!
L’elenco delle nuove identità dell’invasore potrebbe essere ancora lungo.
Le qualità umane delle donne e degli uomini che ci hanno salvato nel 1945 sono le stesse di cui c’è bisogno oggi e che ben vengono descritte dalle lettere del partigiano Pietro Benedetti, fucilato il 29 aprile 1944 a Forte Bravetta a Roma.
Alla moglie:
…Vi sono nel mondo due modi di sentire la vita. Uno come attori, l’altro come spettatori. Io, senza volerlo, mi son trovato sempre fra gli attori. Sempre fra quelli cioè che conoscono più la parola dovere che quella diritto…
Ai figli:
…Dell’amore per l’umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli…
Il futuro di tutti noi è in queste bellissime parole e nel fare in modo che ogni giorno sia un 25 Aprile. Da attori e non da spettatori!
Roberto Serra
Segretario del Circolo PD Lussemburgo