Riproponiamo l’intervista al musicista siciliano Pippo Pollina (ex leader degli Agricantus, il più importante gruppo etno-folk a livello europeo degli Anni ’90), realizzata lo scorso anno a Freudenbourg (Germania) prima del concerto con il quartetto d’archi Altamarea.
Com’è cambiata la direzione musicale di Pippo Pollina dall’esperienza etnica con Agricantus a quella più cantautoriale solista?
Gli Agricantus sono nati nel quartiere di Palermo dove abitavo. Giochi di bambini. Dopo aver giocato con i soldatini con gli amici abbiamo preso in mano ad qlc strulento strumenti e poi abbiamo pensato che sarebbe stato bello abbiamo formato una band. Siamo riusciti ad avere una sala per provare sotto casa di un nostro amico eda li è cominciata. Poi ad un certo momento devi decidere se prendere questa strada più profonda e coscienziosamente. E noi abbiamo deciso questo, poi gli eventi ci hanno dato una mano.
Poi da solista ho avuto esigenza di esprimere con i testi una realtà, un universo che esprimeva di piu la realtà in cui vivevo. Con i testi in italiano ho potuto comunicare a più gente possibilepersone. Trovavo che i testi in siciliano restringevo il mio campo d’azione rispetto a quello che mi ero previsto. La canzone d’autore è stato un genere più vicino a quello che io volevo esprimere.
Da solista hai cominciato a viaggiare e cantare in italiano anche all’estero. Cantare in italiano ti ha aiutato?
Immediatamente mi sono reso conto che il referente ideale non sarebbe stato l’italiano medio che vivea all’estero perchè le cose che esprimevo non erano vicine all’umanità rappresentata e composta da tutta quella generazioni di emigranti che hanno popolato il centro e nord Europa e che, ovviamente, dal pdv musicale avevano altri punti di riferimento di cui io non ero rappresentante. Ho capito subito che l’umanità che dovevo contattare con la mia musica era più simile a quella che parlava un’altra lingua. L’apprendimento di un’altra lingua, della lingua del posto dove andavo, era un ponte con quelle generazioni di persone che erano più spiritualmente vicino a me.
Quanto hanno inciso nelle tue liriche le esperienze che hai vissuto in molti luoghi della terra?
Ha inciso più dopo che durante. Ho lasciato decantare questo bagaglio di esperienze importanti accumulati in questi tre anni di giro del mondo. Quindi, anni dopo ho tirato fuori da questo serbatoio: vicende, fatti, circostanze, personaggi per scrivere canzoni che sono state pubblicate negli album che ho inciso.
Sei un artista molto prolifico. Ci puoi raccontare dove trai le tue fonti ispirative?
Le canzoni sono finestre aperte sulla vita, basta aprire le finestre con occhi attenti, captare anche nel quotidiano quelle serie di cose che spesso ci sfuggono. Il livello di attenzione con il quale viviamo la nostra vita è importante per un artista ma anche per l’uomo. Anche a partire dalle cose semplici ottengo ispirazioni che trasformo in musica.
Come nasce la tua collaborazione con l’Orchestra Sinfonica del Conservatorio di Zurigo nel tuo ultimo cd?
L’idea è stata del direttore del Conservatorio e del Comune di Zurigo i quali mi hanno proposto questa collaborazione. Ho ricevuto, lo scorso anno, la cittadinanza onoraria della città per meriti artistici e sia il direttore che il sindaco non volevano che questa rimanesse una cosa teorica. Quindi, abbiamo deciso di realizzare un’opera e una tournée con i migliori studenti del conservatorio. Ed è per questo che è nato questo disco che ha visto 4 spettacoli in Svizzera e in 10 città dell’Italia.
Sei un artista estremamente valutato in tutta Europa specie nella zona mittel-europea. Quali sono i tuoi progetti?
Dedico questo tempo ai concerti con questo quartetto d’archi “Altamarea”, che suona un repertorio che è adattamento e riduzione dell’intero album realizzato con l’Orchestra e intitolato “Fra due isole”.
Paolo Travelli