Un tour teatrale che ha registrato il tutto esaurito. Un album di inediti che racconta un viaggio interiore. Un poeta della canzone italiana che ci racconta che dietro ogni successo ci sia sempre un sacrificio.
Una grandissima gavetta fatta di tanto piano bar, tanto jazz (di nicchia) e poi l’esplosione del successo popolare. Quanta forza ci vuole per arrivare fino in fondo?
La mia gavetta è iniziata in tenerissima età…Fin da giovane ho iniziato a lavorare con la musica: a Crotone, d’estate, suonavo al piano bar di un villaggio turistico. Questo per arrivare ad essere indipendente. Con i soldi che guadagnavo compravo dischi di musica classica: Beethoven, Von karajan…Tutto per consolidare il mio sogno. Poi ho lasciato questa terra bellissima verso nuove esperienze. La caparbietà e la passione sono stati gli elementi che mi hanno temprato. La passione è una cosa invisibile di cui ognuno di noi è pervaso. Serve a raggiungere i nostri obbiettivi che sono la nostra stessa vita. Quindi ho fatto tanti lavori: ho gestito un bar a Firenze (Bogart, ndr), dove suonavo e allo stesso tempo ero barman, ho lavorato in un’assicurazione e presso un orafo. Dietro ogni successo c’è sempre un sacrificio.
Normalmente i cantautori snobbano Sanremo ma nel tuo caso il festival ti ha portato una grande notorietà che da allora si é mantenuta costante. Cosa ne pensi?
Sanremo è una vetrina importantissima in Italia anche se da qualche anno sta perdendo la forza che aveva negli Anni ’70; pero’ è un evento mediatico del nostro Paese. E’ vero che cantautori come Vasco, Zucchero o Fossato lo snobbano ma io ci sono stato perchè Pippo Baudo è un mio amico e mi ha aiutato a farmi conoscere con una canzone (Tutto quello che un uomo, ndr)che, da quel palcoscenico, è rimbalzata in tutto il mondo. E’ vero che non si ricordano i cantautori che partecipano ma si ricordano le belle canzoni di Sanremo, che è sempre ricco di belle canzoni.
Nonostante tu ormai sia da tempo presenza costante nelle hitparade italiane riesci a mantenere la tua arte “incontaminata” dal mainstream. Come descriveresti la tua musica?
L’arte è un contenitore e il successo non ha cambiato il mio modo di fare musica, di viverla. Sono un cantautore ma ho composto anche per il cinema (L’ “Abbuffata”, di Mimmo Calopresti e le “Comiche Vagabonde” di Charlie Chaplin con Fabrizio Bosso, per la collana “Sound for Silence”, L’Espresso, ndr), per il teatro. La mia musica racchiude tutti i generi dalla classica alla chanson francaise, dal jazz alla bossanova.
Carovane. Nel tuo ultimo disco un ritratto crudo e amaro di una realtà italiana in continuo declino. Un brano su tutti “paesi di finti”. Ci racconti come Sergio Cammariere vede il presente ed il futuro del nostro paese?
Fede e speranza sono valori importante che devono combinarsi al meglio. Spero che non ci siano più guerre. Mi auguro che i nostri messaggi di pace suscitino sentimenti di spensieratezza e libertà a chi ci ascolta. In futuro personalmente spero di continuare a fare il mio mestiere a suonare la musica della mia anima.
Che rapporto hai con la terra di Calabria, bella e “maledetta”?
La Calabria è una terra chiusa e selvaggia ma anche una terra in cui convivono in armoniade la triade della natura: terra, cielo, mare. Sono elemebti a cui mi ispiro. Tuttora nella mia terra leggo il mio passato e vedo il mio futuro. Come ogni sud del mondo è una terra problematica, soprattutto in questo perido difficile che il nostro Paese sta attraversando. Spero in futuro, di diventare testimonial artistico della Calabria. Mi auguro di poter portare nel mondo tutti i nostri immigrati. E che la mia musica sia anche una sorta di riscatto per coloro che hanno lasciato questo Paese.
Paolo Travelli. Ha collaborato Picci