Il Paese latino-americano più povero nelle classifiche mondiali e, per questo, favorito dalla cancellazione del debito estero, di recente ha cercato di fronteggiare le diverse difficoltà congiunturali con accordi con una serie di compagnie cinesi e russe. Vediamo in dettaglio la situazione

La Bolivia, col suo milione abbondante di km2 ha sulle carte geografiche la forma di una grande mano guantata che sembra stringere il Chaco paraguaiano come se fosse l’impugnatura di una spada. Il mignolo e l’anulare più a ovest corrispondono alle due cordigliere delle Ande fra cui è compreso il più elevato “altiplano” di tutto il continente, con una altitudine media di 4200 metri ed una lunghezza di ca. 1000 km. Il mignolo, sino al 1883 e alla perduta Guerra del Pacifico per il controllo del salnitro, si allungava sino ad Antofagasta sul Pacifico, oggi compresa nel Cile settentrionale. Il dito medio corrisponde invece al versante orientale della Cordillera rapidamente degradante. L’indice e il pollice segnano infine il bassopiano formato dalla “selva” e dalle sue valli fluviali, le “yungas”, segnate dal corso degli affluenti del Rio delle Amazzoni e del Rio Paraguay. La sua capitale, La Paz, che con i suoi 4.000 metri permette di selezionare gli amici della Bolivia anche sotto il profilo della condizione fisica, era stata fondata da un monaco taciturno, Pedro de la Gasca, che Carlo V aveva inviato in Perù, preoccupato della guerra fratricida scoppiata fra i seguaci dei conquistadores Francisco Pizarro e Diego de Almagro. Missione compiuta nel 1548 dopo la battaglia di Xaquixaguana. Indipendente dalla Spagna dal 1825 la Bolivia è l’archetipo, come il Guatemala in America Centrale, del paese coloniale in cui una ristretta minoranza di origine europea e creola ha asservito la preponderante maggioranza autoctona usando prima l’arma della sottomissione violenta e dello sfruttamento e poi quella della marginalizzazione e della esclusione giuridica, economica e sociale da ogni forma di partecipazione politica.
Ha quindi conosciuto una vita politica travagliata da continui interventi autoritari succedutisi a ritmo frenetico in particolare dopo la sconfitta nella Guerra del Chaco del 1935 con il Paraguay. Solo dal 1985 con la fine della dittatura del gen. Hugo Banzer Suarez il governo è ritornato stabilmente in mano ai civili con un presidente della Repubblica che è anche capo del governo regolarmente eletto a suffragio universale diretto per un mandato di cinque anni, secondo la Costituzione del 1947.

Venendo alla storia più recente, la Bolivia ha a lungo rappresentato il paese latino-americano più povero nelle classifiche mondiali, il paese dalla distribuzione più diseguale della ricchezza, con il 20% più ricco della popolazione che possedeva il 63% del reddito totale, il paese con il coefficiente di Corrado GINI che raggiungeva addirittura lo 0,601 su 1, con una speranza di vita alla nascita e una mortalità infantile che lo faceva all’inizio del secolo scivolare al 123° posto su 176 paesi censiti nelle apposite statistiche. Inoltre il suo coefficiente di analfabetismo lo collocava al terzultimo posto del continente (9,3%) precedendo solo Perù (10,4%) e Brasile (10%). Del resto, il paese era stato sino al 2005 il perfetto allievo delle logiche di sviluppo propagate dalle istituzioni di Bretton Woods, il FMI e la Banca Mondiale, concepite nel 1944 per allineare alle scelte e agli interessi statunitensi le economie del mondo intero attraverso in epoca recente i famosi programmi di stampo ultra-liberista chiamati di aggiustamento strutturale che in Bolivia avevano contribuito ad aggravare gli abissali contrasti sociali esistenti. Paese produttore di gas, di stagno e d’oro aveva per lungo tempo attirato gli interessi delle grandi corporation statunitensi, in particolare della Bechtel, filiale della Halliburton controllata dall’ex-presidente americano Dick Cheney.

Ora, il problema sociale dei paesi andini come la Bolivia è la lenta conversione del versante andino, l’Altiplano, in zonas expulsoras con la conseguente creazione di flussi interni di migrazione verso le grandi città destinati alla proletarizzazione. Questo fenomeno era stato aggravato al volgere del secondo millennio da decisioni assunte a livello FMI di non considerare più prioritaria l’estrazione nazionale dello stagno con la chiusura delle miniere di Oruro e Potosí, mentre la Banca Mondiale decideva a Cochabamba la privatizzazione del locale acquedotto affidato alla Bechtel che faceva capo a Dick Cheney, con l’introduzione di prezzi da rapina dell’acqua, aumentati sino al 200%, che avevano finito per provocare la rivolta della popolazione.
E’ questo il quadro del paese sino a che le comunità indigene non hanno mutato la loro attitudine da astensione in partecipazione, portando nel 2005 al potere un rappresentante, Evo Morales, di quella collettività india formata da 36 comunità in cui si distinguono i Quechua e gli Aymarà che insieme formano il 35% dei 12,2 milioni di boliviani.
Favorito dalla cancellazione del debito estero, dato che la Bolivia era stata considerata meritevole della misura concepita dal FMI a favore dei paesi poveri più indebitati del pianeta (PPTE), Evo Morales aveva concepito un programma di riduzione della povertà di cui aveva sofferto nel periodo 1990-2005 il 50,7% della popolazione. Con un programma specifico, chiamato Plan Nacional de Desarrollo, articolato in quattro capitoli e accompagnato da una serie di nazionalizzazioni, la presidenza mirava a ridurre la povertà e a creare una società più inclusiva “eliminando i retaggi coloniali e neoliberali della società boliviana”. Durante il lungo periodo presidenziale di Evo Morales, durato dal 2006 al 2019, i parametri economico-sociali del paese hanno conosciuto in effetti un miglioramento netto comprovato dai parametri elaborati dal PNUD: il coefficiente passato dal 0,637 allo 0.715, la speranza di vita alla nascita da 64,8 a 67,8 anni, gli anni di scolarità attesa da 13,9 a 14,9, gli anni effettivi di scolarità da 6,9 a 9,9, il reddito pro-capite (in USD PPA 2017) da 5.615 a 8.353, cioè ad un valore superiore all’attuale.
L’uscita dalla presidenza di Evo Morales, dimessosi e rifugiato all’estero dopo una elezione contestata, per poi rientrare, ha portato nel 2020 alla presidenza di Luis Arce Catacora, sempre appartenente allo stesso partito MAS (Movimiento al Socialismo). La presidenza Arce si è accompagnata ad una congiuntura molto sfavorevole per il paese negli ultimi anni. Oltre all’epidemia di Covid il paese è stato interessato da un andamento sfavorevole dei prezzi delle materie prime esportate, in discesa dal 2022 (stagno, oro, gas). Anche il debito pubblico elevato insieme alla scarsità delle riserve in valuta, all’erosione dei fondi accumulati negli anni di congiuntura favorevole e al calo della produzione di gas naturale, hanno limitato fortemente l’azione del governo nel sostegno della crescita economica.

Di recente il paese ha cercato di fronteggiare le diverse difficoltà congiunturali, dalle condizioni ecologiche che hanno peggiorato l’agricoltura e gli allevamenti alla diminuzione della produzione di gas e dei prodotti raffinati, scommettendo sulla filiera del litio, risorsa divenuta ormai strategica. Il litio è presente nel paese nel grande giacimento di Salar de Uyuni. La Paz, attraverso la compagnia nazionale YLB (Yacimientos de Litio Bolivianos) ha concluso dal 2023, sull’esempio di Cile ed Argentina, degli accordi con una serie di compagnie cinesi e russe. Si tratta di CATL (Contemporary Amperex Technology), CITIC Guoan Group, Uranium One Group (Rosatom), BRUNP e CMOC.

Del resto, le riserve boliviane di litio sono stimate a 23 milioni di t. Questo non poteva peraltro non suscitare le apprensioni degli Stati Uniti che ormai considerano il principale cliente delle ricchezze del sottosuolo boliviano come un rivale sistemico operante in zone considerate tradizionalmente di loro influenza.
Il 26 giugno scorso il comandante delle forze armate boliviane, il gen. Juan José Zúňiga al grido di: “Vamos a recuperar esa Patria!” sfondava con degli autoblindo il portone della tradizionale sede del governo, Palacio Quemado, nella centrale Plaza Murillo, con un tentativo di colpo di stato, sventato solo grazie all’appello alla folla fatto dal presidente Arce via social. Definito colpo di stato o auto-colpo di stato, questo tentativo di putsch si colloca nell’ambito della contrapposizione personale di Luis Arce con Evo Morales in vista delle prossime elezioni presidenziali del 2025. Ma se si fa riferimento al contenuto dell’intervista rilasciata da Luis Arce alla BBC il 16 luglio 2024, c’è una precisa allusione a “interessi stranieri dietro il colpo di stato”. Se è difficile comprovare questa affermazione è evidente che l’affermazione stessa testimonia del difficile stato d’animo della dirigenza boliviana che cercando di sopravvivere, sfruttando le proprie risorse, si trova presa in mezzo fra le tensioni che spaccano il pianeta. Nel proprio back-yard, come sempre dopo la dottrina Monroe gli Stati Uniti hanno tradizionalmente considerato il Sud-America, la presenza di un partner commerciale dominante come la Cina viene considerata una minaccia ormai non solo commerciale, ma anche politico-militare, quella di un concorrente “a spettro completo”.

Un vento freddo nuovo si aggiunge a quelli che hanno già intirizzito secoli fa sull’Altiplano i conquistadores spagnoli che trasportavano l’argento dalle alture di Potosi sino al porto di Lima. L’argento che, per un vecchio detto, arrivava in Spagna per morire a Genova….che ne aveva ottenuto dalla Corona il monopolio commerciale….. ma allora in maniera del tutto pacifica.

Carlo degli Abbati

Encadré

La Bolivia figura correttamente nelle statistiche elaborate dal PNUD, occupandovi uno dei posti della categoria dei paesi a medio sviluppo umano (MHDI). La sua posizione è il 120° posto sui 191 paesi censiti dal PNUD con l’indice di 0,698. La sua popolazione stimata, dalla perfetta piramide demografica, è di 12.224.110 ab. (2022) ripartiti su di una superficie di 1.098.581 km2. con una densità di appena 11 ab./km2 ed una densità urbana, in crescita, pari al 71,2% della popolazione totale (2023). La età media è di 22 anni. La Bolivia è anzi tutto un paese enclavé, senza sbocco al mare, incuneato fra Cile, Brasile, Paraguay, Argentina e Perú. La sezione occidentale del territorio è costituita dall’Altiplano con alcune delle massime vette andine (Nevado Sajama, Illampu, Illimami). Il versante orientale andino degrada verso il bassopiano dove le foreste e le steppe si alternano ai coltivi. Il clima tropicale caldo e umido del bassopiano nelle regioni meridionali contrasta con il clima freddo delle alte quote andine. La popolazione attiva, stimata nel 2023 in 6.114.198, con una componente femminile del 42,4%, si ripartisce fra le attività primarie (25,1%), il secondario (20,1%), il terziario (54,8%) (2023). Al PIL annuo prodotto di 46,473 miliardi USD (2023) contribuiscono l’agricoltura e l’allevamento, ma anche le risorse del sottosuolo (gas, oro, argento, stagno, e più di recente litio). La coltivazione ammessa di foglia di coca per famiglia, di cui il paese è grande produttore, è di un cato (1600 mq). Il PIL per settore si ripartisce fra il 14,1% del primario, il 29,7% del settore secondario e il 56,2% del settore terziario. Il PIL pro-capite annuo è di 7.988 USD (in PPP 2017) (2023), che in effettivo annuo scende a 3.831 USD. Il tasso di inflazione 2,6% (2023) corrisponde all’incirca alla crescita annua (2,5%), mentre la disoccupazione tocca il 3,1% della popolazione, essendo per metà una disoccupazione femminile. La popolazione boliviana è formata da 36 gruppi etnici di cui ricordiamo solo i principali: Quechua (18,3%) Aymará (15,9%), Chiquitano (1,4%), Guaraní (1%), Mojeňo (0,4%). I gruppi minori totalizzano il restante 63 % della popolazione totale. La maggioranza della popolazione è di religione cattolica per il 76,8%, protestante per il 16%, non religiosi 5,5%. La popolazione, dalla forte concentrazione urbana (71,2%), presenta una speranza di vita alla nascita di 64,98 anni, in forte decrescita nel 2022, con indici inferiori a quelli del 2007 (65,027 anni) (D 67,907 anni, U 62,265), una fecondità del 2,5 % (2022), una mortalità infantile di 20,4 per mille, una mortalità materna di 161 casi su 100.000 nascite, mentre il numero di nascite da madri adolescenti è di 63,07 su 1.000 (2022), da anni in miglioramento costante. La scolarità attesa è di 15,022 anni (D 15,133 U 14,90), quella effettiva di 9,82 anni (D 9,21 U 10,49). La Bolivia fornisce anche appropriati indici di genere, sia nella forma di Gender Development Index (GDI), 0,965 (2022) in miglioramento costante dal 1990 (0,846), sia nella forma di GII (Gender Inequality Index) (0,418), anch’esso in miglioramento costante dal 1999 (0,58). Si possiedono sul paese altri dati indicativi della situazione. Con un indice di Povertà multidimensionale MPI di 0,038, la popolazione boliviana si trova in situazione di povertà per poco meno della metà del totale (sotto 2,15 USD/g.), all’incirca sei milioni di persone. Il coefficiente di Corrado Gini si è comunque abbassato dal 2005 dallo 0,601 al 0.461 attuale, valore che lo colloca al 49° posto sui 163 paesi nelle statistiche attuali. Grazie alle campagne durante la presidenza di Evo Morales il tasso di analfabetismo si è ridotto al 6,1% (2022). La spesa pubblica per l’istruzione è stata del 7,7% del PIL nel 2022; quella per la sanità del 5,9% del PIL nel 2021; la spesa dello Stato per la protezione sociale del 12,5% (2007); il numero di medici è di 1,0 ogni 1000 ab. (2017), l’accesso all’acqua potabile è possibile per il 94,1% della popolazione (2022); la disponibilità di calorie per ab./giorno è di 2.342 (2021-2023); la emissione di CO2 per ab. è di 1,798 t. (2022); i telefoni cellulari ogni 1000 ab. sono 1.015,7 (2022); gli utenti Internet 732,8 ogni 1000 ab.(2022); i casi di malaria registrati nel 2022 10.330, i casi di tubercolosi sono stati nel 2022 di 108 su 100.000 (dati OMS). L’indice di Corruzione Percepita (PCI) per il 2023 è di 29, il che pone la Bolivia al 133° posto al pari del Pakistan e della Papua-New Guinea su 180 paesi censiti secondo le statistiche elaborate da Transparency International. Quanto ai dati finanziari risalgono al 2021. Bilancio dello Stato: entrate 67.809,9 milioni di bolivianos ; spese 91.424,1 milioni eq. a 12.799, 374 milioni di EURO ( 1 boliviano = 0,14 EURO) con un deficit del 25,8 % ; in % del PIL: 7,1% Debito estero: 15,930 mliardi USD (2022); Aiuti dall’estero: 334 milioni USD (2022) (0,8 % PIL)

Bibliografia consigliata
Robin Foà, Bolivia, Mattioli 1885, 2023
Eduardo Galeano, Memoria del Fuoco- Le Origini, Sansoni, 1989
Che Guevara, Diario in Bolivia, Feltrinelli, 2007

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