Dopo il successo live lo scorso 20 luglio allo Stadio del Mare di Pescara con oltre 20.000 persone presenti, la 2ª edizione de “La notte dei serpenti”, il concertone ideato e diretto dal Maestro Enrico Melozzi per celebrare la cultura e la tradizione musicale abruzzese, he registrato una media del 10,8% di share e un picco del 12,61% con un grande successo di pubblico televisivo. Abbiamo raccolto le impressioni dell’ideatore Maestro Melozzi che ci ha concesso questa intervista
Quanto è importante per un musicista, per un grande Maestro come lei, la scoperta o ri-scoperta e la valorizzazione dei canti originari e arcaici? E qual è il suo rapporto con la tua terra?
Hai toccato due parole importanti, “originali” e “arcaici”. Rappresentano proprio quello che io voglio portare sul palco con “La notte dei serpenti”. I canti più potenti, secondo me, sono quelli antichi, arcaici e anonimi. In passato sono stati scritti dei pezzi meravigliosi di cui, per fortuna, abbiamo testimonianza e quindi siamo riusciti a rielaborali. I canti più belli, quelli più potenti, sono quelli nati nei campi dalla fatica del lavoro, quelli nati per esorcizzare la paura di morire di fatica, di caldo o di freddo. Quando ci si riuniva dentro una casa dopo il lavoro e si suonava di fronte a un camino, si suonava tutti insieme si cantava e da lì, improvvisando, sono nati questi meravigliosi canti. Questa è la vera potenza. Tant’è vero che la presenza del coro sul palco vuole rappresentare proprio un gruppo di contadini, di lavoratori, di gente che, per alleviare la fatica, cantava. Questi canti così antichi che io ho cercato di rispolverare rappresentano un po’ il nostro blues. Credo molto a questo parallelo perché qualsiasi canto nato dalla fatica, dal dolore esprime un sentimento di un popolo infinito.
Quella di quest’anno è la seconda edizione della Notte dei Serpenti dopo il successo della prima. Come è nato originariamente il progetto e come sceglie gli ospiti da portare sul palco?
Dopo aver curato arrangiamenti e musiche popolari di tutto il mondo, dal Sud America all’Albania, mi sono chiesto e domandato come mai in Abruzzo non siamo mai riusciti a fare un ragionamento su sulla nostra musica popolare. E purtroppo fino a qualche anno fa è stata gestita esclusivamente da persone completamente analfabete sull’aspetto musicale, per cui le canzoni esprimevano una semplicità quasi rasente l’idiozia. invece c’era bisogno di un progetto molto colto e allo stesso tempo popolare che restituisse giustizia a questi a questi canti e alle nostre tradizioni. Nasce così, con l’aiuto e la complicità del presidente del Regione Abruzzo Marco Marsilio, questo progetto. La prima edizione ci è esplosa tra le mani e questa seconda ce la stiamo giocando. Con la prima edizione siamo riusciti a passare su Rai1 in seconda serata mentre quest’anno saremo in prima serata su Rai2. Mi auguro che il pubblico apprezzi come è successo l’anno scorso.
Gli ospiti li scelgo in nome della iper-trasversalità del progetto. Molti coristi e musicisti sono giovanissimi altri invece sono turnisti più esperti logicamente. Per quanto riguarda gli special guests cerco di rappresentare un po’ tutte le generazioni. Passiamo da Coma_Cose e Noemi, che sono amati tra i giovanissimi, fino ad Albano e Umberto Tozzi che sicuramente sono apprezzati un pubblico più adulto.
Perché la Notte dei “Serpenti”. Qual è l’assonanza particolare con la terra d’Abruzzo?
Il tema dei serpenti è un tema importante in Abruzzo fin dall’antichità. Ancora oggi c’è l’antico rito di Cocullo dove, il 1° maggio, vengono messi dei serpenti sulla statua del santo per portarlo poi in processione in tutto il paese. L’Abruzzo aveva bisogno di un simbolo più forte, più profondo, perché fino adesso siamo sempre stati rappresentati dalla pecora. Ma la pecora non era un animale che andava bene per rappresentarci in un progetto del genere di rilancio. Il serpente invece rappresenta non solo il tamburello e l’infinito ma anche la prudenza, come diceva Gesù nel Vangelo “siate prudenti come i serpenti”. Non dimentichiamoci che Mario Monicelli ha girato “Parenti serpenti” proprio in Abruzzo. Evidentemente il collegamento del serpente con l’Abruzzo è molto più forte di quello che possiamo immaginare.
Lei, a differenza di molti altri colleghi, riesce a spaziare tra diversi generi musicali. Pensa che per il futuro a musica e dei suoi interpreti debbano abbandonare schemi rigidi e confort zone?
La mia comfort zone è cambiare. Non riesco a fare una cosa per più di una volta, invidio quelli che sono capaci di fare le tournée. Perdo l’entusiasmo a dover replicare le cose. Mi piace molto cambiare genere anche se il mercato non apprezza questa cosa e io ne sono testimone perché altrimenti avrei potuto essere molto più conosciuto. Ho cercato di seminare in tanti campi, come l’opera lirica, la musica sinfonica, la musica sacra, la musica popolare, il pop e il rock. Dai Maneskin a Mr. Rain, da Grignani al Teatro dell’opera di Parma. Ho cercato sempre di cambiare stile e questa è la mia forma di divertimento più grande. Posso anche considerarlo un lusso, perché non è facile passare da un genere all’altro e farlo mantenendo alto il livello. Cerco di studiare sempre tutti i linguaggi e di essere per perfetto, non ci riesco sempre ma almeno ci provo.
“Costruire” un festival comporta tanto impegno e fatica. Cosa ti aspettavi da questo appuntamento? Come vorrebbe fosse ricordata con tre aggettivi questa Notte dei Serpenti 2024?
Mi aspettavo molta più gente dell’anno scorso e c’è stata. Mi aspettavo una promozione dal punto di vista della Rai e c’è stata. Ora spero che tantissima gente guardi la trasmissione, che è la summa di questo sforzo che abbiamo fatto, dove hanno lavorato centinaia e centinaia di persone proprio per ridare valore alla nostra terra. I tre aggettivi: colorata perché abbiamo utilizzato delle luci e dei fondali animati meravigliosi, pirotecnica perché a livello tecnico e musicale ci siamo superati e intergenerazionale perché siamo riusciti a far cantare canzoni che siamo abituati a sentire delle nostre nonne a dei ragazzi giovanissimi.
Gilda Luzzi