Elly Schlein è il nuovo segretario del partito democratico. La vicepresidente della Regione Emilia Romagna non aveva, fino a poco tempo fa, neanche la tessera del PD. Infatti, ha perso le primarie interne per poi stravincere in quelle aperte a tutti. Anche questo è un fatto storico. Cioè che un segretario del PD venga eletto dall’opinione pubblica e non dai delegati al congresso del partito. Ma il primo fatto che resterà negli annali del partito erede di quello comunista sarà avere la prima segretario donna
Elly Schlein è giovane ma ha le spalle larghe, ha fatto parte del comitato di Obama per le primarie; è stata una delle europarlamentari più presenti in commissione e si è sempre battuta per i diritti dei migranti. Per due anni fu la relatrice dei Socialisti europei alla riforma del regolamento di Dublino, riguardante il diritto di asilo. Insieme a Popolari e Liberali, Schlein trovò un compromesso per modificare il regolamento rendendo automatico il ricollocamento dei migranti negli altri Paesi europei, ma la proposta finale del Parlamento non venne mai approvata dal Consiglio. Combattere le Disuguaglianze, allargare i diritti civili e attuare nuove politiche green sono i principali temi che ha messo al centro della sua attenzione e del programma politico che ha portato avanti nella campagna elettorale delle primarie: “mettere al centro il contrasto ad ogni disuguaglianza e precarietà”, ha sottolineato in conferenza stampa appena eletta segretario.
Elly Schlein ha il profilo, la cultura per rappresentare la sinistra moderna. Ma oltre al coraggio che ha già dimostrato, ora deve avere la forza di cambiare radicalmente il partito democratico: la vera sfida inizia adesso.
Elly Schlein eredita un partito moribondo che oltre a perdere elettori ha perso la credibilità di essere un partito progressista. Ha tradito un’intera comunità democratica smantellando i diritti del lavoro; ha svenduto la sanità pubblica favorendo i privati; ha affossato l’istruzione pubblica precarizzando il personale; ha chiuso le porte in faccia al milione di giovani di seconda generazione negando loro il diritto ad essere italiani. Il PD è stato in silenzio sulle atrocità che sono avvenute nei lager libici. Anzi, con il ministro Minniti si è toccato il fondo. Ora tocca riconciliarsi con una comunità politica che va oltre ai tesserati del PD. Ma la nuova segretaria avrà anche grane interne: dovrà ricompattare il gruppo dirigente prima che i centristi ex renziani raggiungano il loro vecchio capo. Forse, sarebbe anche meglio. Poi c’è la questione politica attuale: il Pd ribadirà la linea filo-ucraina o l’ammorbidirà? Il rapporto con i Cinque Stelle rinascerà o aumenterà la competizione a sinistra? La nuova segretaria saprà parlare agli elettori liberali, moderati, cattolici e allo stesso tempo avvicinare al partito una nuova generazione, che in parte si è mobilitata – per la prima volta – già ieri?
Tanti sono gli interrogativi che la nuova segreteria dovrà accogliere e a cui rispondere con azioni concrete. Dalle parti del PD e alla sua sinistra c’è molta disillusione e la linea su cui si muoverà Elly Schlein sarà molto sottile, ma pare che almeno le è chiaro il compito che l’aspetta: «Ringrazio il popolo democratico, un popolo che si è riunito e ha risposto alla chiamata. Ora la responsabilità è non tradire questa fiducia e avere l’ossessione di riportare al voto i tanti che si sono astenuti negli ultimi anni» ha detto a margine della conferenza stampa.
La sfida non è per niente facile e avrà bisogno di tempo, di partecipazione e di scelte chiare. Dopo un periodo di appiattimento a sinistra, questa in ogni caso rappresenta una novità che certo va approfondita ma non ostacolata, anche perché alla gauche del PD per adesso ci sono decine di micro gruppi che non riescono a fare sintesi fra loro, non riescono a fare una costituente.
“Le forze più radicali non dovrebbero far fatica nel riconoscere il PD come naturale alleato contro le destre e, forse, sarebbero chiamati a una scelta anche più impegnativa: restare minoranze di opposizione nel Paese o rappresentare, senza rinunciare alla propria radicalità, la minoranza all’interno di un partito che può governare l’Italia come la sinistra di Jeremy Corbin nel Labour inglese o quella di Bernie Sanders nel Partito Democratico negli Stati uniti” scriveva tre mesi fa Pino Ippolito Arminio su Il Manifesto.
Questo congresso del PD deve rappresentare un’opportunità per l’intera sinistra: aspettando Godot, si sta facendo tardi.
Paolo De Martino