Fare pressione e chiedere la condanna contro un regime che non rispetta i diritti umani è quello che puoi fare anche tu
Si è svolta ieri (giovedì 29 settembre, ndr) a Place Clairefontaine nella città di Lussemburgo la manifestazione in memoria di Mahsa Amini, la 22enne uccisa dalla polizia morale iraniana perché indossava non correttamente il velo. All’evento, organizzato dall’Associazione degli studenti iraniani del Granducato (https://wwwde.uni.lu/layout/set/print/studierende/studierendenpartizipation/student_associations_clubs_and_partners/iranian_student_association) era presente anche il primo ministro Xavier Bettel.
“Mahsa non è stata l’unica donna uccisa brutalmente dal regime iraniano e non sarà certo l’ultima vittima innocente se non si farà nulla” afferma la portavoce del movimento studentesco. “Ad oggi, sono centinaia di migliaia le persone in Iran e negli altri Paesi del mondo, scese in piazza al grido di “woman, life, freedom” (donna, vita, libertà)”, prosegue.
La libertà di opinione, uno dei diritti umani fondamentali, è il prezzo che stanno pagando anche molte altre donne iraniane in nome del fondamentalismo religioso. Solo negli ultimi giorni, centinaia di loro sono state uccise, arrestate e torturate ma le loro storie sono state tenute nascoste ai media occidentali con l’interruzione della connessione internet nel Paese.
La libertà da un regime oppressivo e corrotto e una “vita normale” è quello che chiedono i membri della comunità iraniana, qui in Lussemburgo e in tutte le città del mondo.
Gli studenti iraniani hanno poi distribuito un volantino con un QR code, invitando tutti i partecipanti a firmare immediatamente e diffondere la petizione di Amnesty International che chiede l’abolizione della legge che obbliga le donne a indossare il velo, la fine della repressione e dell’impunità.
Fare pressione e chiedere la condanna contro un regime che non rispetta i diritti umani è quello che puoi fare anche tu.
Firma l’appello di Amnesty Italia https://www.amnesty.it/appelli/iran-proteggere-il-diritto-di-protesta/
Questo l’appello in inglese:
Emanuela Schiavoni