Il prossimo lunedì 24 gennaio alle ore 15 il Parlamento si riunirà in seduta comune, con i delegati regionali, per la prima votazione destinata ad eleggere il successore di Mattarella
Dopo il lungo periodo della monarchia concluso con il referendum del 2 maggio 1946, la Costituzione successiva promulgata il 27 dicembre 1947 ha definito la struttura della nuova Repubblica italiana come parlamentare. Al Parlamento viene attribuito il potere parlamentare e il controllo sull’indirizzo e l’attività dell’esecutivo.
In particolare si attribuisce al Presidente della Repubblica il ruolo di Capo dello Stato e rappresentante dell’unità nazionale. Anche se la Costituzione gli attribuisce il ruolo di comandante delle forze armate e di presidente del Consiglio superiore della magistratura il Presidente non è titolare nessuno dei tre poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) ma li coordina e li sorveglia in un ruolo di garante della Costituzione. Fra i suoi compiti vi è la nomina del Presidente del Consiglio, capo dell’esecutivo.
Per queste attribuzioni il Presidente italiano si distingue da quelle riservate al presidente francese nell’ambito del regime semipresidenziale previsto in Francia dalla Costituzione del 21 dicembre 1958, in seguito più volte modificata. Secondo questo sistema il Presidente eletto a suffragio universale diretto con mandato di 5 anni rinnovabile presiede il Consiglio dei Ministri e nomina il primo Ministro e su proposta di questi i ministri. La semi-presidenzialità del sistema francese deriva dalla circostanza che il governo nominato deve comunque ricevere la fiducia del Parlamento.
Nel caso italiano, il Presidente della Repubblica è eletto non direttamente dal popolo, ma dai due rami del Parlamento in seduta comune, integrato da 3 delegati per ciascuna delle venti regioni (due di maggioranza uno di opposizione), con un solo delegato per la Valle d’Aosta. Per un totale di 1.008 o 1.009 grandi elettori: 321 senatori, 630 deputati e 58 delegati regionali.
L’elezione a scrutinio segreto avviene a maggioranza dei due terzi e solo dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Il presidente rimane in carica sette anni ed è rieleggibile. In caso di incapacità in corso di mandato le sue funzioni vengono assunto dal presidente del Senato, seconda carica dello Stato.
Al momento attuale le circostanze abbastanza atipiche delle vicende politiche italiane rendono problematico individuare la figura del successore di Sergio Mattarella. Dopo la crisi del secondo governo Conte aperta dal partito Italia Viva di Matteo Renzi, tutti partiti dell’arco parlamentare (meno uno) hanno deciso di confluire in una grosse coalition sostenendo la nomina di Mario Draghi già presidente della Banca centrale europea (BCE), come primo ministro.
Razionalmente, la situazione pandemica non ancora esaurita, la esigenza di garantire la corretta spesa dei fondi messi a disposizione dall’Europa con il Next Generation EU consiglierebbero il mantenimento di Mario Draghi a primo ministro e l’elezione di una diversa figura alla Presidenza della Repubblica.
Ma oggi con la prospettiva di un consistente taglio dei parlamentari previsto in seguito al referendum, a pochi mesi dalla fine certa della carriera politica di molti parlamentari attuali, le segreterie dei partiti hanno perso molto del loro potere di influenzare i loro iscritti sulla scelta di uno specifico candidato. In questo quadro indeciso avanza la strategia di Silvio Berlusconi, leader del partito di destra Forza Italia, che mira a farsi eleggere alla Presidenza della Repubblica.
Se questa manovra gli riuscisse, sarebbe la prima volta nella storia della Repubblica che un candidato diviene presidente mentre in processi ancora aperti lo Stato si è inserito contro di lui come parte civile. In pieno conflitto con il ruolo di presidente del Consiglio superiore della magistratura, supremo ordine della magistratura italiana che l’art.104 della Costituzione attribuisce al Capo dello Stato.
Carlo Degli Abbati