L’Ente Ecclesiastico senza scopo di lucro che promuove e svolge attività riabilitativa, psicoeducativa e assistenza socio-sanitaria per bambini e giovani adulti con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali festeggia in Vaticano i 150 anni dalla sua fondazione

“Questi 150 anni di vita sono stati un viaggio in mare aperto, spinti dall’amore sulla via della fraternità”. Così, Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, ha iniziato la sua riflessione al Santo Padre, durante l’udienza privata che Papa Francesco ha concesso questa mattina in Vaticano ad una delegazione dell’Istituto in occasione del suo 150° di fondazione, una rappresentanza di ragazzi e genitori, medici, operatori, volontari, sostenitori, padri Rogazionisti e suore Elisabettine Bigie, insieme al vescovo Domenico Sorrentino e ai frati francescani del Sacro Convento.

E’ stata la festa dei ragazzi e delle famiglie e anche di Papa Francesco che proprio il 13 dicembre celebra l’anniversario della sua ordinazione sacerdotale.

Foto: Gilda Luzzi

“Siamo emozionati, commossi e grati per questo incontro. – ha continuato la presidente. La strada percorsa sino ad oggi non è stata sempre facile. Il Serafico ha attraversato due guerre mondiali, il terremoto del 1997 che colpì in modo grave la nostra struttura ed infine la pandemia da coronavirus, che forse ha rappresentato per tutti noi la prova più difficile”, ma “padri e madri straordinari ci hanno insegnato a non arrenderci mai e sono stati la bussola del nostro cammino”. E tuttavia, anche in un giorno di festa, c’è bisogno di riflettere su una considerazione dolorosa. “La nostra missione – ha sottolineato Francesca Di Maolo –  a volte stride con la cultura dominante. In tempi di crisi economica, a causa delle ristrettezze delle risorse, l’accesso ai servizi sanitari viene garantito in base ai risultati di salute che possono generare. È in atto una pericolosa deriva culturale, secondo cui “l’inguaribile è incurabile” Questa conclusione è aberrante: dell’inguaribile ci si può sempre prendere cura! Accanto ai nostri ragazzi abbiamo imparato che anche in un corpo immobile c’è un’anima capace di volare se c’è qualcuno al suo fianco. Prendersi cura delle persone più fragili, non è mera assistenza, non è solo un atto di carità, ma è prima di tutto una risposta di giustizia. È riconoscimento della dignità di una persona che ha diritto non solo di sopravvivere, ma di vivere. Amore e giustizia sono inseparabili”.

Papa Francesco, durante il suo discorso, ha ripreso questo aspetto della dignità della persona e ha invitato le istituzioni a crescere verso un obiettivo di civiltà.

“La cosa più importante è come voi svolgete questa missione, ha detto Francesco. Per voi è chiaro che ogni persona umana è preziosa, che il suo valore non dipende da quello che ha o dalle sue abilità ma dal semplice fatto che è persona. Se la disabilità e la malattia rendono la vita più difficile questa non è meno degna di essere vissuta e vissuta fino in fondo. Del resto chi di noi non ha dei limiti o non va incontro, prima o poi, a delle limitazioni anche gravi? L’importante è guardare al disabile come a uno di noi che deve stare al centro della nostra cura e della nostra premura. E anche al centro dell’attenzione di tutti e della politica: è un obiettivo di civiltà. Adottando questo principio ci si accorge che la persona con disabilità non solo riceve ma dà, è uno scambio di doni. Noi cristiani troviamo questi valori all’interno del Vangelo ma valgono per tutti, perché, come ho ribadito nella mia enciclica “Fratelli Tutti”, siamo legati tutti da un vincolo di fratellanza. Di questo principio bisogna prendere coscienza e applicarlo anche quando si tratta di distribuire la ricchezza comune perché chi ha bisogno di soccorso non ne resti privo.

Foto: Gilda Luzzi

Penso a tante strutture che come voi svolgono questo servizio e talvolta fanno fatica a sopravvivere o a rendere al meglio le loro prestazioni. Certamente il Signore benedica i vostri benefattori ma lo Stato e la Pubblica amministrazione devono fare la loro parte: non si possono lasciare sole tante famiglie costrette a lottare per sostenere dei ragazzi in difficoltà con la grande preoccupazione del futuro che li attende quando loro non potranno più seguirli.

Tanti genitori trovano nella vostra struttura una nuova famiglia per i loro figli, il Serafico li sente parte integrante della loro comunità ed essi sono felici di sperimentare che i servizi dell’Istituto non si limitano all’assistenza professionale ma si curano di un’assistenza personalizzata, attenta, premurosa. La vita è sempre bella, anche con poche risorse. Talvolta sa sorprendere. So che i vostri ragazzi sanno fare tante cose, diventano piccoli artisti di teatro, di radio, di pittura. Un loro sorriso ripaga di ogni fatica.”

Durante il tempo di pandemia e del post pandemia – l’ha ricordato anche Papa Francesco – l’Istituto Serafico di Assisi ha dovuto affrontare grandi difficoltà. Eppure, con l’entusiasmo e la voglia di vivere che caratterizza tutti, è riuscito con grandi sforzi anche ad organizzare il viaggio a Roma, un’esperienza unica per i suoi ragazzi. Perché la logica del Serafico, si sa, è l’Amore, quello che sa leggere gli occhi e i gesti, anticipa i desideri, non si arrende di fronte alle fatiche, trova ogni giorno la forza di ricominciare e gioisce di ogni pur minimo progresso della persona assistita.

“Che il vostro lavoro – ha augurato in conclusione Papa Francesco – abbia sempre il sapore della letizia della missione e il sorriso dei vostri ragazzi sarà per voi il sorriso di Dio!”

Testo e foto: Gilda Luzzi

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