Quella che tanti invocano come la salvezza alla crisi economica scatenata dalla pandemia per ora è impossibile e vi spieghiamo perché
In questi ultimi mesi abbiamo tanto sentito parlare di Eurobond, considerati da molti come la soluzione più congrua per far fronte all’emergenza economica derivante dall’attuale pandemia COVID-19. Gli Eurobond, nell’accezione più pura del termine, a oggi non esistono e, con l’attuale governance europea, tantomeno potrebbero esistere. Vediamo perché e cerchiamo di fare chiarezza. Gli Eurobond dovrebbero essere titoli di debito pubblico (obbligazioni) europei, emessi da un potenziale Ministero del Tesoro dell’area euro. Come tutti i titoli di debito dovrebbero contenere la promessa per chi li acquista di veder restituito, alla scadenza, il capitale investito più un interesse su tale somma e dovrebbero servire a sostenere la spesa pubblica europea.
Il vantaggio di questo strumento sarebbe la possibilità per gli Stati membri di finanziarsi con tassi di interesse molto bassi, poiché i titoli sarebbero garantiti in solido dalle economie dell’area euro, quindi economie altamente solvibili, ossia capaci di onora-re i loro debiti. Per intenderci: tutte le economie dell’area euro (sia le economie forti che hanno rating più alti sia quelle più deboli con rating più bassi) garantirebbero in solido l’emissione di questi titoli, facendo in modo che il costo per interessi su questo debito sia più basso perché le economie che li garantiscono sono così solide che non avrebbero alcun problema a ripagare i loro debiti.
A oggi gli Eurobond non esistono perché, come sappiamo, l’Unione europea, per via dell’architettura istituzionale attuale, non è nelle condizioni di poterli emettere: non esiste, infatti, un Ministero del Tesoro europeo, l’UE non riceve alcuna entrata tributaria e non detiene patrimonio pubblico che potrebbe essere messo a garanzia.
In conclusione, nella situazione attuale, gli Eurobond, nell’accezione pura del termine, non potrebbero esistere perché prima di tutto sarebbe necessario cedere ulteriore sovranità all’Ue, cosa che gli Stati nazionali non sono ancora pronti a fare. Tuttavia, nell’ultimo consiglio europeo del 23 aprile, è stato deciso di creare un Recovery Fund, un fondo per la ripresa europea, che consentirà di emettere dei titoli di debi-to europeo, garantiti dal bilancio europeo, per un ammontare di circa 1 000 miliardi. Proprio questo Recovery Fund potrebbe essere lo strumento precursore dei tanto attesi Eurobond.
Tra gli strumenti di cui l’UE già dispone, vi sono, invece, il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e la Banca Europea degli Investimenti (BEI), due istituzioni finanziarie che hanno sede proprio qui in Lussemburgo. Esse sono organismi sovrannazionali in cui tutti gli Stati membri hanno versato un capitale inziale e in virtù di questo sono autorizzati a emettere titoli di debito. Il capitale iniziale versato nel MES è di circa 80 miliardi, mentre per la BEI è di circa 250 miliardi, quindi questo capitale è la garanzia per l’emissione di debito pubblico. Queste istituzioni sono attive da tempo e da tempo emettono titoli di debito che finanziano progetti o iniziative a livello europeo.
Tuttavia, l’utilizzo delle risorse finanziarie emesse da queste istituzioni è legato a delle condizioni, ossia che gli Stati membri, per poterle utilizzare, devono rispettare determinati vincoli e restrizioni, motivi per cui molti di essi sono riluttanti perché vedrebbero limitato il loro raggio di azione e la loro politica economica.
Gerardo Magaldi