ll virus ha dimostrato che i confini sono una creazione dell’uomo, gli Stati nazione una costruzione del passato sulla base di una lingua, una struttura politica, una storia ed una cultura comune.
Il sogno, o meglio l’utopia europea, rappresentava il superamento delle barriere: la creazione di uno spazio unico di libero commercio e circolazione delle persone, inizialmente aperto ad una integrazione politica, ad un luogo dove ricchezza, formazione e diritti fossero comuni a tutti i suoi cittadini. Schengen era un luogo simbolo, situata all’incrocio di tre frontiere che non esistevano più.
Improvvisamente, tutto quello che sembrava scontato appare oggi minacciato e non compiuto. Gli Stati nazionali ripiegano verso i loro egoismi, come se l’interesse comune dei popoli europei non fosse più quello della singola nazione. Il ritorno dei controlli alle frontiere, il divieto di circolazione dettato dal pericolo epidemico fanno emergere l’incompiuto.
Non c’e solidarietà e fratellanza nella sciagura altrui.
Come per l’emergenza dei rifugiati e dei migranti, ogni singolo Stato sembra essere abbandonato a se stesso. Come nel caso della crisi greca, si lascia affondare il vicino perché questo non è popolare, non ci riguarda, non porta nessun vantaggio interno.
La retorica populista e sovranista, la non capacità di governare i fenomeni complessi, la struttura burocratica e macchinosa di questo “elefante zoppo” chiamato Europa che mostra ancora una volta tutti i suoi limiti, sembrano avere il sopravvento.
La politica neoliberista del rigore monetario e dell’austerità permette, all’interno dell’Europa, milioni di disoccupati e di rifugiati a carico dei Paesi più deboli. La disparità di politiche del lavoro, industriali e fiscali aumentono le disuguaglianze e l’ingustizia sociale.
Abbiamo bisogno di risposte e politiche comuni da parte dell’Europa non solo monetarie, ma anche di bilanci pubblici di tipo federale, di fondi comuni da utilizzare per dare risposte ai problemi sociali ed ambientali. Nel momento più difficile della sua giovane storia, la minaccia di una disgregazione dell’Europa è reale.
Di fronte a questo possibile disastro, il bisogno di ritrovare e riconoscere i popoli europei come nostri fratelli con cui condividere un pezzo di mondo dove vivere è la risposta che vorremmo.
La solidarietà verso il vicino – come l’accoglienza dentro i propri confini – restano valori fondanti di uno spazio libero, dove i muri cadono e le regole comuni non sono un ostacolo, ma un aiuto alla convivenza civile, allo sviluppo socio-economico sostenibile, al raggiungimento dell’equità sociale, modello di integrazione per tutti i popoli.
Antonio Libonati