Ieri all’Utopia abbiamo incontrato la regista di una pellicola intensa e toccante, che ci ha spiegato come è nato il suo lungometraggio. Per la prima volta in Lussemburgo, per una proiezione organizzata dal Circolo « E. Curiel » assieme all’Ambasciata d’Italia Lussemburgo e al 40° Festival du Film Italien de Villerupt, arriva Maternal (Italia, Argentina/ 2019/91′) con la regia di Maura Delpero, sceneggiatrice e anche insegnate di italiano, nella sezione Competizione del Festival.

Il film è ambientato in un “hogar” (il termine è spagnolo) in Argentina, una casa di accoglienza per ragazze madri adolescenti gestita da suore italiane. Qui, in questo luogo isolato dal mondo esterno, si intrecciano le storie di tre donne: quella di Lu e Fati, entrambe madri adolescenti, e quella di suor Paola, che è appena arrivata dall’Italia per prendere i voti. Maternal è un film molto pù focalizzato sui personaggi che su una trama specifica; è la dinamica fra di loro che diventa la storia stessa. Essendo il tema puramente incentrato sulla maternità, sicuramente tocca più nell’intimo il pubblico femminile, ma la storia resta conserva in ogni caso sfumature universali, poiché parla di amore e sentimenti.

È stato interessante scoprire con la regista, che solo metà del cast era composto da  attrici professioniste (le suore), mentre tutte le ragazze giovani e i bambini non avevano alcuna esperienza nel mondo del cinema o della  recitazione in generale. Il risultato è impeccabile, non si direbbe nota mai la differenza. Davvero un cast di attrici e bimbi-attori davvero bravissimi. Questo la dice lunga sul risultato della pellicola…

Suggerisco di vederlo, sebbene il tema non sia facilmente «metabolizzabile ». È un dramma molto profondo, con personaggi davvero interessanti, dove la finzione cinematografica riesce appieno a rendere il senso della realtà. Se ancora non vi è chiaro di che tipo di film si tratta, la risposta è sempre la stessa: comprate il biglietto e andate a scoprirlo voi stessi!

Breve intervista alla regista

maura

Come nasce l’idea del film?

Tutti i miei film sono nati da un mio impulso personale, un’attrazione istintiva che provo per un argomento che voglio capire meglio e che mi guida lungo la strada della ricerca. La maternità è una domanda sulla quale nella vita tutte le donne si pongono. È un evento travolgente che cambia radicalmente la vita come la conosciamo e che è irto di tutte le solite difficoltà legate alla negoziazione di territori inesplorati. Sono state proprio queste difficoltà di natura sia psicologica che sociale che ho voluto mettere in luce nel mio film; le emozioni contrastanti che possono essere scatenate da un’esperienza così intensa e che consuma tutto: gioia per la nuova vita, ma allo stesso tempo nostalgia per ciò che è stato lasciato indietro.

 La sceneggiatura a cosa si ispira?

È stata l’esperienza diretta che ho avuto, durata circa 4 anni, in vari “hogar” argentini, sia laici che religiosi. Nel mio ruolo di insegnante, sono entrata in questi luoghi offrendo corsi di formazione per le madri, che significava che non ero vista come un “corpo estraneo invasore”. Sono stata accettata all’interno di queste comunità. La sceneggiatura è scaturita in modo abbastanza naturale da questa esperienza, ispirata alla realtà quotidiana che ho condiviso con i miei “studenti”.

Fabio Bottani 

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