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Uguaglianza di genere, scuola e pregiudizi. Se ne è parlato lo scorso 5 luglio a Mondorf-les-Bain in occasione della conferenza internazionale organizzata dal Ministero per le Pari Opportunità nell’ambito della presidenza lussemburghese della Grand Région.

Rappresentanti di Francia, Belgio, Germania e Lussemburgo, si sono confrontati sulle differenze di opportunità uomo-donna in ambito scolastico e lavorativo, individuando una priorità comune: combattere gli stereotipi di ruolo che impediscono alle nuove generazioni di realizzare le proprie potenzialità.

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“I cliché di genere non sono altro che pregiudizi, muri che limitano la nostra libertà di agire e di pensare e che ci portano a perdere talenti”, ha commentato il ministro della Salute e delle Pari Opportunità Lydia Mutsch ricordando come per il Lussemburgo la parità tra i sessi rappresenti una priorità; sia in termini di accesso all’istruzione, di opportunità di carriera e di uguaglianza degli stipendi. Quello delle pari opportunità ha sottolineato il vice presidente della Regione Grand-Est, Nicole Muller-Becker citando la legalizzazione dell’aborto in Francia ad opera di Simone Veil: ” È una tematica fondamentale che investe direttamente il campo dei diritti sociali e civili”. A pagare le conseguenze della cristallizzazione dei ruoli, però, non sono solo le donne, ma anche gli uomini relegati a mestieri tradizionalmente maschili. Basta guardare i dati Eurostat relativi al corpo docente nella scuola elementare: in Germania, solo il 13,2% degli insegnanti è uomo, leggermente meglio in Lussemburgo dove i maestri raggiungono il 23%. Tuttavia i numeri cambiano mano a mano che ci si sposta verso l’università. Nella scuola secondaria il numero di uomini in Germania sale al 33,8% (61,8% negli atenei) al 42,9% (62,5% università) in Lussemburgo. Quando, invece, ad essere messe sotto lente sono le posizioni dirigenziali ad essere sotto rappresentate sono le donne.

Se il primo passo per combattere i pregiudizi è la presa di coscienza, il secondo deve essere l’azione.

“Partendo dalla scuola, tradizionale veicolo di stereotipi, che – ha sottolineato Herbert Heyd, capo dipartimento presso il Ministero per le Politiche sociali in Germania – dovrebbe, invece, essere in grado di comprendere e promuovere talenti e competenze, indipendente dal genere”. Anche se la strada verso una completa parità resta lunga, di azioni ne sono state fatte tante. Se la Germania ha introdotto moduli universitari ad hoc sulle tematiche di genere, il Belgio, secondo Rebecca Cardelli dell’Iweps (Insitut Wallon de l’èvaluation, de la prospective e de la statistique) ha adottato nel 2016 una legge che obbliga il legislatore a verificare le conseguenze di ogni provvedimento sulla parità uomo-donna.

Nel 2017 il Lussemburgo ha cominciato a punire per legge le differenze di paga. Ma la strada da fare è ancora tanta. Perché se vero che le politiche possono offrire degli strumenti importanti, la vera sfida per il cambiamento risiede nelle nostre menti. E ognuno è chiamato a fare la propria parte.

 Ivica Graziani

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