Ridere e riflettere sull’uomo senza Dio è possibile. E’ bastato vedere la pièce ”Laika” scritta da Ascanio Celestini, magistralmente interpretata dall’attore belga, David Murgia (nella foto), ieri sera al Kinneksbond di Mamer.
La scena è essenziale: c’è un sipario rosso alle spalle di David Murgia, che nasconde una catasta di casse di plastica colorata, simbolo del lavoro. L’atmosfera è densa e viene caricata d’emozione attraverso le note di una fisarmonica.
Le parole dell’attore sono come le piccole abat-jour disseminate sulla scena e poi inizia a raffica a raccontare le vite di persone che per il comune sentire non contano niente, qualcuno li definirebbe “gli invisibili”: la donna con la testa “impicciata”, la vecchia che non crede, la prostituta, i facchini del supermercato. Sono emarginati che vivono lo stesso angolo di quartiere e innescano relazioni a partire dalla propria differenza, da ciò che li distingue e li separa dalla comunità. Sono perduti, senza appello, senza Dio.
Sono alla stessa maniera della cagnetta Laika lanciata nello spazio da una capsula spaziale sovietica nel 1957 e di cui nessuno ha più avuto notizia, ma anche dello scienziato Stephen Hawking, genio dell’astrofisica capace di teorizzare l’inesistenza di Dio, costretto già adolescente all’immobilità da una grave forma di sclerosi: ognuno perduto a modo suo, ognuno accomunato dalla differenza cui non c’è rimedio, qualunque sia il ruolo e la statura riconosciuta della loro esistenza.
Celestini, con il suo testo che è quasi come una sorta di preghiera atea, ci costringe a riflettere e a ridere allo stesso tempo, come solo lui sa fare.
Amelia Conte