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In questo ultimo mese è saltata alla cronaca la xylella fastidiosa, batterio a cui la Regione Puglia ha attribuito la causa dell’essiccamento di migliaia di ulivi nella zona del Salento. Simboli della Puglia, patrimonio dell’ Unesco, molti di questi ulivi sono sopravvissuti a guerre e a tantissimi avvenimenti durante i secoli. Sarà possibile salvarli questa volta?

Questa  situazione ha causato molte preoccupazioni da parte di tutti i coltivatori della regione che, attraverso la voce di varie associazioni tra le quali in primis Peacelink – l’associazione web ambientalista, con base a Taranto, che da anni si occupa di ILVA –  che ha portato all’attenzione della Commissione Europea la possibilità che a causare la ”malattia” di questi alberi secolari, sia stato un fungo e non principalmente la xylella.

Tutto inizia quando la Regione Puglia lancia l’allarme annunciando che questo batterio ha infettato gli ulivi del Salento e che potrebbe diffondersi rapidamente in tutta Italia e nel continente.  La Commissione Europea decide allora di procedere a una quarantena degli ulivi già infetti e di quelli che sono ancora in salute. Tutto questo sotto gli occhi increduli degli agricoltori pugliesi che, cercando sostegno nelle associazioni local, trovano in Peacelink una voce forte che si presenta alle Istituzioni europee mostrando studi scientifici che dimostrano come il batterio non sia la causa principale del disseccamento degli alberi, attribuita invece a un fungo. 

Intanto l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), con sede a Parma, si pronuncia sulla questione il 1 aprile, annunciando di non essere stata chiamata in causa per studiare la causa della malattia. Nel frattempo la Regione Puglia e lo Stato italiano chiedono lo stato di calamità naturale. Tutto questo ha diffuso molte preoccupazioni tra gli Stati membri dell’Unione Europea, che hanno chiesto all’Italia misure drastiche per evitare la diffusione del batterio.

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Il Commissario straordinario per l’emergenza xylella Giuseppe Siletti, ha suddiviso il tacco dello stivale in tre zone: il focolaio (da dove è partito il contagio), la zona di eradicazione (dove si vogliono sradicare gli ulivi) e la zona cuscinetto che dovrebbe permettere il blocco della diffusione del batterio e  dove è prevista l’eliminazione di tutte le piante nel territorio. Questa valutazione inserisce nel piano di eradicazione anche alberi sani, cosa che distruggerebbe l’economia e la vita di agricoltori alcuni dei quali posseggono migliaia di questi esemplari di alberi straordinari.

Può effettivamente questo batterio essere la causa del disastro che sta colpendo la regione?

Possibile che i soldi stanziati dall’Europa siano destinati soltanto all’abbattimento e all’eradicazione e non alla ricerca di una cura?

Purtroppo le operazioni sono già iniziate e le proteste non cessano. Gli ambientalisti stanno facendo il possibile per salvare gli ulivi. Nella provincia di Veglie, ad esempio,  sono riusciti a bloccare, almeno per il momento, i lavori di eradicazione degli ulivi colpiti.

Il Ministro delle Politiche agricole e Forestali Maurizio Martina si è detto fermo sulle sue decisioni e prevede l’applicazione del piano come stabilito affidandosi, a parer suo, allo studio di molti esperti, poichè è il primo caso che si presenta in Europa e, quindi, un caso senza precedenti. L’abbattimento di questi ulivi significherebbe arrecare un danno enorme non solo ai possessori di questi alberi, alcuni dei quali hanno incentrato la loro vita nella produzione di olio e nella cura di questi, ma anche un danno ambientale per l’utilizzo di grandi quantità di pesticidi.

Alessio Mattiuzzo

 

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