Quello di lunedì 5 maggio all’Auditorium Parco della Musica di Roma è stato il suo primo concerto nella capitale. La Obel rivolgendosi scherzosamente al suo pubblico ha chiesto di essere invitata a tornare quanto prima.
C’erano tre lumi ieri sul palco dell’Auditorium: il primo ad illuminare un violino, un secondo per una viola, il terzo era puntato nell’interno del piano a coda da cui Agnes Obel ha estratto l’incantesimo della sua musica. Trentatrè anni, danese, Agnes Obel ha conquistato critica e pubblico del vecchio continente nel 2010 con l’album Philharmonics, le cui atmosfere raffinate le sono valse quasi mezzo milione di dischi venduti con performance in patria, in Francia, in Belgio e in Olanda. Ma dopo quest’album, emerso in rete spontaneamente ma contemporaneamente segnalato dagli addetti ai lavori sulla stampa, si poteva avere la sensazione che questa inaspettata ondata di successo potesse non conservarsi. Dal 2013, invece, anno in cui ha aperto il concerto di Ludovico Einaudi all’ iTunes Music Festival, sta facendo sold out in quasi tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Australia.
Oggi Agnes Obel con l’album Aventine e con questo tour presenta una nuova opera, un mix ipnotico tra musica folk e classica che connette la sua formazione classica assieme ad artisti come Roy Orbison, PJ Harvey ed Erik Satie. L’intensità della musicista dal vivo è piuttosto fedele alle sue registrazioni in studi, nei suoi testi si tratteggiano spesso ambienti e momenti rarefatti e sospesi sonori; un discorso fittissimo tra gli archi ed il piano, in cui le due strumentiste sul palco rispondono ad precisa visione della esibizione live concepita tra performance intima ma condivisa come in una “living room gigante “. Nella sua splendida esibizione e maggiormente nelle tracce di Aventine, si sente tutta quella intimità ricercata dalla musicista che l’ hanno spinta a registrare l’intero album appartata nella tranquillità del suo appartamento berlinese.
Non stupisce che altrove in Europa la Obel abbia portato questo spettacolo anche in qualche abbazia o aula da musica classica. Il pubblico romano l’ha applaudita senza riserve, richiedendola per ben tre volte sul palco a fine esibizione.
Ogni momento musicale di questo concerto è stato guidato con una sicurezza sorprendente, la vocalità di una ragazza esile che parla sussurando tra una canzone e l’altra e che rivela una contingenza con Tori Amos e Bjork, senza lasciarsi tuttavia invadere da nessuna delle due.
Valentina Pettinelli