E’ italiano di terza generazione. Leandro Guffanti sorprende e conquista per la sua ricerca musicale che mira a creare un connubio tra parole, musica e ambientazione. PassaParola ha incontrato per voi il jazzista in occasione del Blues & Jazz Rally del 20 luglio scorso a Lussemburgo. Leandro ha respirato l’energia di questo evento. Ecco cosa ci ha raccontato.
Sei nato in Argentina, hai studiato in Italia e Olanda e risiedi in Francia. Che peso ha l’Italia in questa tua “globalità”?
I miei bisnonni erano italiani del nord una parte di Udine e una della Lombardia. L’Italia per me però è Roma, dove, per così dire sono sbarcato molto tempo fa. Avevo 19 anni (all’epoca mio padre viveva in Italia) e io avevo voglia di fare musica e di studiarla sul serio. Così mi sono iscritto alla Scuola di Musica Popolare del Testaccio di Roma di Giovanna Marini, che conosceva mio padre. Quindi scelta naturale, per così dire. La cosa simpatica è che non parlavo, allora, nemmeno una parola di italiano: è stata la musica e l’ambiente della scuola che mi ha anche fatto imparare questa bellissima lingua. Mi piaceva, inoltre, l’aria che si respirava in quella scuola. Forse è stato uno dei periodi più belli del mio soggiorno in Europa. Ho studiato sassofono con Alberto Mariani ed ho conosciuto Patrizia Rotonda con cui poi abbiamo suonato assieme. Con lei e Giulia Sansone abbiamo formato un trio e fatto diversi spettacoli assieme. Ho frequentato per 3 anni la scuola ed ho, ancora oggi, buoni rapporti con i miei ex insegnanti e colleghi.
E la tua internazionalità?
Presente anche quella, particolarmente all’interno del mio gruppo (Leandro Guffanti Quartet, ndr). Uno dei musicisti è argentino e abita a Madrid, Martin Bruhn: con lui abbiamo il comune le radici ma anche l’amore per l’Europa. Helene Szanto è una contrabbassista francese che conosco da tanto tempo. Con lei ho suonato in contesti diversi: lei è un’amante delle salsa e della musica latina. A lei piace molto tutta la musica etnica e in generale e riesce a rendere suoi molto bene i ritmi latini. Or Solomon, il nostro pianista, è israeliano ed ha un talento incredibile. Pur essendo un pianista di formazione classica è un improvvisatore nato. Il suo amore per la musica mediterranea ha funto da ponte per la musica sudamericana. Ci troviamo bene assieme: la mia musica è la nostra musica.
L’amore per la musica è innegabile. Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo della musica?
Ho incominciato a studiare il pianoforte non appena ho iniziato la scuola a Roma e, poi, dopo un po’ è cominciato a nascere il desiderio di conoscere meglio il mondo del jazz. Così io e Marcello Autuori, un altro mio collega sassofonista, abbiamo deciso di “andare verso Nord” ossia in Olanda. Ci siamo iscritti al Conservatorio di Amsterdam per continuare gli studi di jazz.
Come è nata la passione per il jazz?
Non credo che ci sia stato un momento preciso. Si è rafforzato sicuramente mentre ero in Europa ma già mi piaceva mentre ero in Argentina. Suonando il sassofono si è portati, quasi naturalmente, a fare dell’improvvisazione e questa è una delle caratteristiche fondamentali della musica folcloristica argentina. Potrei dire che quasi ce l’ho nel sangue. In Europa il jazz è molto apprezzato e se ne ascolta veramente da rendere il panorama interessante e intrigante.
In un panorama così vasto cosa rimane, per te, una fonte di ispirazione?
Ci sono tante fonti di ispirazione, ma, delle volte, sarebbe bene “sbarazzarsi” dei grandi jazzisti. Ultimamente cerco di pensare molto di più alle mie origini e sempre meno a grandi icone, come Massimo Urbani tra i sassofonisti italiani o Rollins e Coltrane tra i jazzisti americani.
Quindi tu ricerchi una sonorità diversa?
Per tanti anni Coltrane è stato il faro e il riferimento delle mie composizioni. Ora, focalizzandomi maggiormente sulle mie radici, cerco di evocare paesaggi sudamericani con momenti tipici, come, per esempio l’ora della siesta, il viaggio nel verde. Cerco l’ispirazione che mi porti ad un suono che sia il più genuino possibile.
Come si combina questa tua ricerca con i tuoi prossimi progetti?
Mi piacerebbe fare un qualcosa che coinvolga i grandi scrittori. A me piace molto leggere e tante volte reggendo un racconto, un romanzo ci sono dei personaggi che mi ispirano note. Mi prometto di farne un giorno qualcosa: non so ancora bene in che formato, ma mi piacerebbe fare un disco che unisca musica e letteratura.
Elisa Cutullè