Sabato 12 gennaio Daniel Pennac, autore della saga dei Malausséne, del saggio Come un Romanzo e di numerosi fumetti, ha offerto al pubblico del Grand Théatre de la Ville de Luxembourg un’eccellente lettura del suo ultimo lavoro, Journal d’un Corps (Diario di un Corpo), seguito dalla rappresentazione della sua prima opera teatrale, Le Sixième Continent.
Immerso nell’universo teatrale, Daniel Pennac si “cala nella parte” e interpreta egli stesso alcune pagine di un Caro Diario sospeso fra autobiografia e finzione. La vita di un corpo è raccontata da un uomo fra i suoi dodici e ottantasette anni attraverso i suoi cambiamenti fisici, le sue sensazioni, i piaceri, il dolore e la sorpresa, dove affiorano non tanto il cambiamento fisico, quanto le sensazioni legate alla scoperta intima e segreta di un corpo maschile che riconosce di volta in volta tutti i suoi limiti, i suoi liquidi, i suoi odori…
Alla scrittura dettagliata, comica e ambiziosa, si intervalla la giovialità e la presenza sensibile dello scrittore, che interpreta con candore ed empatia i momenti di pudore del narratore. La scenografia di Clara Bauer mette a suo agio Pennac: seduto la maggior parte del tempo ad un tavolo dove cresce un prato, il padre dei Mallausséne legge, con compiacimento evidente e contagioso, le narrazioni di un corpo e lui stesso, che si confessa più fisico del suo eroe, usa con arte e coscienza il suo corpo, ivi compresa la voce.
Ancora in scena, a seguire, per Le Sixieme Continent, la scrittura comica ed espansiva dello scrittore di Belleville è ben rappresentata anche come opera teatrale. Ne Le Sixieme Continent il protagonista è ancora una volta il corpo, ma un corpo sociale, politico e collettivo. Lo spettacolo propone una lettura critica dell’attuale crisi ecologica che rimane comunque semplice e giocosa. E’ la storia di una famiglia di fabbricanti di sapone ossessionata dall’igiene, che diventa una multinazionale dell’imballaggio e del reciclaggio dei rifiuti urbani. Nel corso di tre generazioni le vicende, le sorti e le velleità della famiglia, gestano la nascita di un sesto continente, che si compone dei rifiuti di tutta l’umanità, imballati e abbandonati in mare.
Con parole giocose e prive di facili moralismi, Pennac sembra volerci trasmettere il messaggio che “I privilegi di oggi sono i rifiuti del domani”, ponendo così l’accento sulla brama di accrescimento e di ricchezza delle prime generazioni, che finisce per gravare sulle spalle delle ultime. Metafora quest’ultima, interpretata da Theo (Ludovic Chazaud); giunto a capo dell’impresa, il rampollo della dinastia vorrebbe convertire gli affari di famiglia in un’attività “ecologicamente corretta”…
La messa in scena di Lilo Baur rende in chiave onirica la favola di Pennac, orchestrando una troupe cosmopolita di attori, musicisti, ballerini e coreografi e fluidificando i passaggi narrativi con immaginazione e spontaneità. Pur dando il giusto rilievo al protagonista Theo, ha saputo inoltre legare un inizio piuttosto realista, razionale e materialista ad un epilogo se non altro visionario, folle e caotico.
Daniel Pennac, dunque, artista poliedrico e prolifico, ha sempre rappresentato nella sua letteratura giocosa e burlesca gli aspetti più umani e buffi dei suoi personaggi. Come a voler testimoniare proprio attraverso la fisicità grottesca dei loro corpi, la drammaticità delle loro esistenze e la profonda umanità della loro condizione.
Intervista.
Da cosa nasce la scelta del corpo come punto di vista previlegiato per la narrazione di una vita?
Pennac: “Sono sempre stato “fisico”, io: da giovane, intellettualmente ero un ignorante, ma la mia squadra non perdeva mai…”..
Il personaggio di Journal d’un corps è un personaggio inventato?
Pennac: Sì e no, si compone del mio vissuto personale e di quello che ho osservato negli altri
E quanta “gestazione” ha avuto questo lavoro?
Pennac: 4 o 5 anni…Quando uno scrittore dice che inizia a scrivere un libro, in realtà il tempo che indica non è mai relativo alla sola scrittura, ma a tutto il periodo in cui osserva, riflette, rielabora, immagina…
Che relazione vede lei fra corpo e letteratura? Journal d’un Corps vuole in qualche modo essere una celebrazione di questo rapporto?
Pennac: La scoperta del corpo è sempre una fonte costante di “sorpresa” e un linguaggio del corpo nasce proprio da questa presa di coscienza, arricchisce il linguaggio, veicola sensazioni, emozioni, crea parole…La lingua francese in particolare ne è ricca, basti pensare ad autori come Rabelais, Montaigne, Diderot, Flaubert; le corti dei re Francesi d’altra parte, erano luoghi in cui in qualche modo si celebrava questa corporeità, almeno fino all’avvento di Napoleone, che segna una censura su questi costumi…
Anche in Le Sixième Continent un corpo è in scena, ma un corpo collettivo, sociale e politico. La critica ecologista è in seno anche una critica proprio di quella modernità che si fa partire storicamente da Napoleone. E’ deliberata l’intenzione di accostare le due opere, come a voler suggerire un parallelismo fra corpo individuale e corpo collettivo?
Pennac: Anche qui: sì e no, nel senso che possiamo, a livello critico, sondare somiglianze e parallelismi, ma che rimangono pur sempre operazioni artificiali, fatte a posteriori. Almeno, quando ho scritto le due opere questa intenzione non c’era…
EL &MP