“Si può e si deve cambiare l’Africa dal suo interno”: ha esordito con queste parole Christiane Kayser, intervenuta lo scorso 27 febbraio al Grand Auditorium dell’Université du Luxembourg, in una serata dedicata al racconto di un’Africa che parla ed agisce, decisa a divenire protagonista della propria storia.
La studiosa lussemburghese, membro di Sos Faim, collabora dal 1984 con numerose think thank africane; si tratta di associazioni nate con lo scopo di stimolare e diffondere, anche in seno alla comunità internazionale, l’analisi sul passato del proprio paese e sui possibili scenari futuri di cambiamento.
Troppo spesso le riflessioni sull’Africa provengono dall’esterno e ignorano una realtà piena di creatività e di idee a cui le think thank cercano di dare voce; ma è anche il punto di vista occidentale sull’Africa, ha sottolineato la Kayser, a dover cambiare. La nostra idea sull’Africa è fortemente stereotipata in quanto parte dal presupposto che le popolazioni africane siano solo vittime impotenti e inconsapevoli del proprio destino fatto di fame e violenza. Tale convinzione poggia sulla presunzione che il nostro modello di sviluppo sia il più adatto anche per una realtà così distante, geograficamente e culturalmente. Se ciò era giustificabile un tempo, oggi grazie ad una maggiore libertà ed accessibilità all’informazione, come l’avvento della Primavera Araba dimostra a pieno titolo, il cambiamento è possibile.
Il pensiero politico africano esiste: capi tribù tradizionali affiancano figure più istituzionali e hanno un ruolo partecipe nella società civile, in quanto legittimati dalla comunità che ne riconosce lo zenu, la saggezza. “Ciò che è necessario a questo punto, ha sostenuto la studiosa, è una maggiore partecipazione politica della società civile, delle donne e dei più giovani in particolare”.
Pole, in lingua swailii, è una parola che racchiude in sé un pensiero importante: mi dispiace per quello che è successo, ma sono sicuro che andrà meglio. Può andare meglio: la speranza è nell’Africa.
Per saperne di più sulle Think Thank africane:
Lara Zucchetto