Danilo Rea e Fiorella Mannoia hanno conquistato, ieri (29 ottobre, ndr) il pubblico dell’Auditorium di Roma con la loro “passeggiata storica” tra le pagine della musica italiana
Dopo il dialogo appassionato con la tastiera del maestro Danilo Rea, che fa librare le sue mani a una velocità supersonica e le sue note che avvolgono tutto l’Auditorium, l’entrata sul palco di Fiorella Mannoia è accolta del boato del suo pubblico. C’è stima, ammirazione, riconoscenza in quell’applauso che sembra non voler finire mai. C’è anche, e soprattutto, un senso di sincera felicità, quasi liberazione, nel vederla di nuovo in piedi, sul suo palco, con un sorriso che riscalda i cuori e comunica, subito, la voglia incontenibile di dare il massimo. Non si risparmia Fiorella, tutt’altro…
Mette tutta la sua rivitalizzante energia nei brani più “movimentati” come Besame mucho e Quizas Quizas Quizas, quando dimentica completamente di essere ancora un po’ “acciaccata” e balla e si scatena… e pure tanto! Non si risparmia in Messico e Nuvole, accompagnata – in un crescendo di ritmo sempre più veloce – dalla partecipazione e dal divertimento di tutto il pubblico della Sala Santa Cecilia. Non si risparmia quando lascia trasparire un’emozione grandissima parlando dei brani dei grandi cantautori che non ci sono più e che vanno preservati come patrimonio culturale del nostro Paese o quando si cimenta sulle note della Tosca, ricordando i racconti del papà prima di addormentarsi.
Non si risparmia, Fiorella, quando trasuda forza e determinazione mentre ricorda che le donne finalmente “dicono” e possono anche dire no – che deve essere NO! – o quando canta, in chiusura di concerto, Il disertore di Ivano Fossati, perchè “io non sono qui per ammazzar la gente più o meno come me”, attualissimo inno pacifista contro guerre mosse solo da interessi di potere lontani dal sentimento della povera gente. Si susseguono bis su bis, come se tutti volessero che questa magica alchimia – tra Danilo, Fiorella e il suo pubblico – non finisse più, non finisse mai. Si chiude con un’ovazione interminabile, unita a brividi ed emozioni che a stento si riescono a controllare e, anzi, non si vogliono controllare.
Perché la meraviglia di un concerto così è anche quella di lasciarsi andare.
Gilda Luzzi