Ora vi facciamo vedere noi chi sono i napoletani. Fu questa la frase che il giovanissimo Gennaro Capuozzo, per tutti Gennarino, pronunciò poco prima di andare incontro alla morte in quei 4 giorni che cambiarono il corso della nostra storia che e consegnarono il capoluogo campano agli onori della Resistenza
Gennarino nasce nel 1932 in una famiglia poverissima, primo di 4 figli e con un padre che parte in guerra nel 1941. L’8 settembre 1943 l’Armistizio getta nella confusione più totale anche Napoli: i tedeschi, che prima erano alleati, diventano nemici della popolazione e il 12 settembre i nazisti occupano la città e dichiarano lo stato d’assedio e la Legge marziale. Il 27 settembre alcuni marinai vengono uccisi a bruciapelo. La misura è colma, i napoletani insorgono.
Il giorno seguente Gennarino, mentre sta per recarsi al lavoro, incrocia un gruppo di ragazzini scappati dal carcere e decisi a combattere il nemico. Torna a casa, saluta la madre e si unisce agli insorti. Saranno due giorni di combattimento, che culmineranno con il gesto eroico del giovane Capuozzo, il quale morirà ucciso da una granata mentre corre per assaltare un carro armato tedesco. Quella sera stessa i tedeschi trattarono la resa con gli insorti. A Concetta Capuozzo, la mamma di Gennarino, verrà assegnata una medaglia d’oro al valor militare alla memoria di quel piccolo, grande eroe: “Prodigioso ragazzo che fu mirabile esempio di precoce ardimento e sublime eroismo”, come scritto nella motivazione del riconoscimento. Un’altra medaglia andrà a Napoli perché “col suo glorioso esempio additava a tutti gli italiani la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria”.
Marcello Magliulo
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