Undici anni dopo il rovesciamento del regime di Muammar al-Gheddafi per mano occidentale, la Libia continua ad essere minacciata dal frazionamento interno oltre ad essere  divenuta il terreno delle guerre per procura che numerosi Paesi africani e non, conducono nel Mediterraneo Orientale. La precaria condizione dello Stato influenza negativamente anche la situazione di instabilità del Sahel e i flussi migratori verso l’Europa

Un nuovo scontro fra i rappresentanti di due governi, il GNU (Governo di unità nazionale) di Dbeibah, riconosciuto dall’ONU in vista delle previste elezioni poi mancate e il GNS (Governo di sicurezza nazionale) votato dall’anch’esso internazionalmente riconosciuto Parlamento libico di Tobruk, presieduto da Aquila Saleh Issa.

Lo scorso mese di agosto ha visto il confronto armato a Tripoli fra milizie favorevoli a Fathi Bashagha, il nuovo primo ministro votato il 24 dicembre 2021 dalla Camera dei rappresentanti (Parlamento) libica con sede a Tobruk, e il primo ministro del governo provvisorio Abdul Hamid Debaibah, eletto nel quadro del processo di riconciliazione nazionale dal Libyan  Political Dialogue Forum riconosciuto dall’ONU, un anno prima come leader  sino alla data prevista delle elezioni, mai tenute (24 dicembre 2021 appunto), ma in seguito mantenutosi irregolarmente al potere al di là del suo mandato.

Quindi, un nuovo scontro fra i rappresentanti di due governi, il GNU (governo di unità nazionale) di Dbeibah, riconosciuto dall’ONU in vista delle previste elezioni poi mancate e il GNS (governo di sicurezza nazionale) votato dall’anch’esso internazionalmente riconosciuto Parlamento libico di Tobruk, presieduto da Aquila Saleh Issa.

Lo scontro descritto è in effetti la punta dell’ iceberg di una situazione profonda libica ben poco compresa internazionalmente e ancora meno correttamente rappresentata.

La Libia è, innanzi tutto, un Paese a composizione tribale, diviso fra tre regioni profondamente diverse storicamente ed antropologicamente come la Tripolitania, la Cirenaica e il Fezzan. Qui il dopo-Gheddafi dal 2011 ha lasciato  sul terreno la frustrazione delle tribù cirenaiche come gli Awaqir, i Bara’issah e i Ferjan o gli Obeidat che, da Tobruk, Bengasi, al-Marj, al-Bayda, Derna, fedeli alla prima monarchia, avevano visto con Gheddafi slittare il centro di potere verso la Tripoli dal Castello Rosso della colonizzazione italiana, con il sostegno delle tribù concorrenti dei Qadadfah, dei Warfallah e dei Magariha. Oggi in Libia sussiste, come eredità del regime gheddafiano, una centralizzazione economica e finanziaria strutturata sulla Tripolitania, con la compagnia di Stato NOC (National Oil Company) che centralizza i rapporti libici con le multinazionali petrolifere estere operanti nel paese che ha un’unica sede a Tripoli, come ha sede a Tripoli l’unica banca centrale del paese, la CBL, o la Libyan Investment Authority (LIA).

Il problema di fondo è la mancanza in Libia di un corretto sistema di ripartizione delle risorse verso la regione in cui vive un terzo della popolazione, la Cirenaica. La presenza nel Paese dell’Esercito nazionale libico (LNA), comandato dall’antico compagno di lotta di Gheddafi, il gen. Khalifa Belqasim Haftar, che ha tentato la conquista del potere dall’aprile 2019 rinunziandovi poco più di un anno dopo per l’intervento turco – sostitutivo di fatto del mancato intervento italiano -, è il sintomo di questa ineguaglianza strutturale interna che va eliminata per arrivare alla effettiva pacificazione del Paese. Il resto, come direbbe Gerard Chaliand c’est du pipeau. Senza questo riequilibrio nella distribuzione delle risorse dello stato rentier libico ed un paziente ed effettivo programma di disarmo delle centinaia di milizie attive nel Paese, secondo il previsto ma mai realizzato programma DDR (Disarmament  Demobilitation and Reintegration) è perfettamente inutile fissare – come è stato fatto per le elezioni previste il 24 dicembre 2021 per forte pressione francese sulle istanze internazionali – delle scadenze elettorali. Senza, allora, un preciso quadro legale elettorale, senza che ci fosse chiarezza se i cittadini libici fossero richiesti a quella data di approvare per referendum la proposta di Costituzione elaborata nel 2017 o di eleggere il solo Parlamento o di eleggere un Parlamento e contemporaneamente il Presidente del Paese.

Quanto al quadro esterno, in cui si sono distinti molti stati africani e non, occidentali e non,  impegnati in varie guerre per procura sul territorio libico nel quadro di quello che si definisce come il Middle Eastern Mesh la guerra, la operazione militare speciale,  voluta dalla Russia in Ucraina il 24 febbraio 2022  ha dei riflessi ambigui, bipolari, sul paese. Da un lato rendendo più difficile l’approvvigionamento alimentare dalla Russia e dall’Ucraina, ma dall’altro rivalutando la produzione gasiera e petrolifera del Paese per un futuro approvvigionamento dei mercati occidentali in sostituzione delle produzioni russe. Ricordiamo che la Libia forniva, prima del 2010, il 29% delle sue risorse all’Italia, primo Paese di esportazione, davanti alla Francia, alla Cina, alla Germania, mentre oggi copre solo uno stentato 4% del fabbisogno energetico italiano. Evidentemente, c’è lo spazio per un ulteriore miglioramento della posizione libica come Paese fornitore.

Nel quadro del difficile riequilibrio di un Paese che, per la storia, si è ritrovato nel caos per l’opzione della destabilizzazione scelta, per motivi puramente economici, contrabbandati da intervento umanitario di protezione delle popolazioni, da alcuni Stati occidentali nel 2011. Quando la Libia figurava nel gruppo dei  Paesi a più alto sviluppo umano del pianeta, al 60° posto sui 189 Stato censiti dal PNUD. E senza la sentinella anti-islamista che era rappresentata dal regime di Gheddafi la instabilità si è progressivamente estesa ai Paesi sub-sahariani del SAHEL, in cui operano gruppi radicali islamisti che fanno capo a al-Qaida o all’organizzazione dello Stato islamico, contribuendo alle migrazioni delle popolazioni attraverso il Mediterraneo.

Carlo degli Abbati*

* Autore del volume Libia Passato e Presente. Tribù e milizie nel destino libico, Stefano Termanini Editore, Genova 2021, disponibile anche in lingua inglese

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