Ogni anno centinaia di ragazzi giungono nel Granducato di Lussemburgo per vivere un’esperienza lavorativa e formativa senza eguali: un tirocinio presso le Istituzioni europee. Testimonianze di chi l’ha fatto e di chi è rimasto
Rodolfo Maslias, a capo dell’Unità di coordinamento terminologico del Parlamento europeo, spiega: «Si tratta di cittadini europei con una laurea in diversi campi. A seconda dell’Istituzione ci sono diversi tipi di stage. Il maggior numero di posti è disponibile nel campo della traduzione. A seconda del campo di attività, sono ricercati profili con un alto grado di competenze accademiche ed anche una buona conoscenza della lingua inglese, che è la lingua più utilizzata per comunicare nelle unità internazionali. I candidati per il tirocinio sono molto diversi. Al Parlamento europeo esistono due tipi di tirocinio: quello generale, chiamato Schuman, che riguarda principalmente, fra i tanti, comunicazione, Information Technology (IT), giurisprudenza, trasporto, amministrazione, relazioni internazionali; e quello per i traduttori. Quasi ogni laurea offre accesso ad un tirocinio. Da quando mi occupo della selezione ho notato che fanno domanda soprattutto candidati con uno o più master, persone che hanno studiato all’estero e vogliono fare esperienza al Parlamento sia per il prestigio di lavorare in tale istituzione sia per il carattere multilingue che essa offre. Il secondo tipo di tirocinio – continua il capo Unità – è destinato ai traduttori. La maggior parte dei candidati sono italiani o spagnoli».
Francesco ha iniziato la sua carriera nelle Istituzioni europee proprio con uno stage e oggi si occupa della selezione dei nuovi tirocinanti per ITS (supporto IT, ndr). Ci dice: «L’età è varia; la Direzione generale Traduzione ha avuto anche gente oltre i 40 anni, ma anche ragazzi di 20. Gli Schuman hanno profili molto più eterogenei. Per essere ammesso il candidato deve corrispondere ad un profilo utile per i progetti in corso. Oltre alle competenze sono ancora più importanti la proattività, la flessibilità e adattabilità, l’assertività e le doti di comunicazione».
Ma quali sono le principali preoccupazioni e gli obiettivi di chi arriva per uno stage?
Ci racconta Silvia, tirocinante dello scorso anno: «Pensavo che il lavoro sarebbe stato noioso o difficile, che non avrei fatto molte amicizie e che Luxembourg-Ville non fosse una bella città… mi sbagliavo su tutto. Vivere e lavorare in un ambiente così internazionale mi ha fatto conoscere persone provenienti da tutto il mondo, ampliando notevolmente le mie vedute. Il mio dipartimento era un ambiente di lavoro molto rilassato e allegro, ho imparato molto professionalmente e ho conosciuto persone meravigliose. Ho avuto molti problemi nel cercare casa, ma alla fine ho trovato una camera in un appartamento bellissimo ed ho avuto la fortuna di avere coinquilini e colleghi fantastici».
Il problema dell’alloggio è molto sentito tra chi arriva qui per uno stage. Racconta Jessica, anche lei ex tirocinante di Verona: «Prezzi a parte, un aspetto che mi ha colpito di Lussemburgo è stata l’insolita solidarietà da parte di sconosciuti nell’aiutarmi a cercare un alloggio; all’inizio ho pensato si trattasse di qualche tecnica di adescamento o di qualche sfumatura culturale a me sconosciuta, ma, poi, queste stesse persone si sono rivelate anche ottime amicizie. Sono arrivata in Lussemburgo senza aspettative, senza conoscere nulla e nessuno in modo così approfondito. Sono stata graziata dai 25 gradi di un maggio un po’ insolito, da un cielo blu acceso, una primavera in forma smagliante. Sono rimasta colpita dal fervore internazionale di una realtà allo stesso tempo così raccolta e accogliente. Lussemburgo è molto europea, la città più europea in cui abbia mai vissuto, molto di più rispetto a Bruxelles. L’esperienza più bella? Lavorare all’interno dell’Unità di terminologia con un team professionale ed esplosivo. Posso dire che ho lasciato ottimi colleghi, ma soprattutto degli amici».
Anche Mauro, ora in una posizione chiave al Centre de traduction des organes de l’Union européenne, ha iniziato la sua carriera come tirocinante. Ci racconta: «Il mio tirocinio si è svolto nel lontano 1989, anno di grandi cambiamenti a livello mondiale. Ottenerlo è stato relativamente semplice. Conoscevo una ragazza della mia università che lo aveva ottenuto e ho fatto anch’io una semplice domanda. L’attesa è stata di soli quattro mesi, anche perché, a differenza di oggi, non occorreva una pubblicazione ufficiale. Se vogliamo c’era meno trasparenza, ma più velocità. Sul piano personale l’esperienza ha trasformato la mia vita. Ero arrivato per uno stage di tre mesi e… 28 anni dopo sono ancora qui! Nei tre mesi ho trovato amore e lavoro e ho ancora entrambi, quindi non mi posso lamentare. All’epoca attorno all’edificio del Parlamento pascolavano le mucche e non sto scherzando. La città era un po’ sonnecchiante, ma, per riprendere un titolo cinematografico, tra noi stagisti regnava un’atmosfera da “L’appartamento spagnolo” e, quindi, ci si divertiva alla grande».
Un senso di nostalgia condiviso anche dalla nuova generazione di stagiaire: Jessica ci dice: «Un tirocinio in un’Istituzione europea ti cambia la vita, le prospettive, il modo di guardare il mondo. È come riuscire a salire in cima alla montagna non per il fatto che si è in vetta, ma perché si ha la possibilità di vedere oltre. Vivere e condividere una dimensione così fortemente europea ti impedisce di poterne fare a meno. Ciò significa che ti cambia la vita per sempre.
Il “marchio” europeo diventa la tua identità e non sentirsi circondato da almeno tre nazionalità diverse ti priva della tua libertà. Significa tornare in Italia e sentirmi un’estranea, aver tentato un riavvicinamento con la Patria senza successo. Il tempo in certi casi non mette a posto le cose e tu hai visto oltre la cima della montagna».
Può uno stage nelle Istituzioni aiutare un giovane a costruirsi una carriera “europea”? Secondo Mauro: «Dopo il tirocincio è stato più semplice essere chiamato a lavorare per il Parlamento, prima come freelance e poi come ausiliario, temporaneo, funzionario. Ai tempi in cui non esisteva internet il mio lavoro come freelance era di buona qualità perché vivendo in Lussemburgo potevo andare a verificare i documenti di riferimento nella Biblioteca del Parlamento, cosa impossibile per i freelance dall’Italia. Uno stage in una delle Istituzioni dell’UE è sempre e comunque un buon biglietto da visita per, poi, trovare un lavoro anche in altri ambienti. Si impara molto sul funzionamento di un organismo pubblico e si incontrano persone altamente qualificate. Tutto ciò è prezioso per il proprio arricchimento personale».Come si può accedere ad uno stage delle istituzioni?
Spiega Maslias: «Essere molto chiari nello stilare la lettera di motivazione ed il CV e continuare ad insistere ad inviare la propria candidatura, poiché vi è la possibilità di essere inclusi in varie liste ed essere invitati a svolgere il proprio stage in un periodo successivo, se si è flessibili e pronti ad accettare ogni occasione che viene offerta. Posso assicurarvi che è un’esperienza che tutti hanno molto apprezzato. Si potrebbe dire che si tratta di un… Erasmus professionale». E aggiunge: «Siccome riceviamo numerose domande, suggerirei ai candidati di elencare soprattutto progetti concreti realizzati durante gli studi o nell’ambito lavorativo, i titoli delle tesi di laurea o magistrale, i nomi dei professori ad esempio. Non sempre abbiamo tempo di leggere testi lunghi».
Le varie Istituzioni europee offrono diversi stage in Lussemburgo, a Bruxelles, a Strasburgo e negli altri Paesi membri. Il modo migliore per tenersi aggiornati e tentare di accedere a queste iniziative è quello di monitorare i siti delle varie istituzioni, specie per quanto riguarda la Commissione e il Parlamento.
Maurizio Fusillo
(L’articolo è stato pubblicato su PassaParola Mag, aprile 2017)