Mercoledì 24 ottobre 2012, alle ore 20 alla Philharmonie di Lussemburgo

i musicisti Luigi Ceccarelli, Fabrizio Casti ed Elio Martusciello,

invitati da Claude Lenners partecipano all’incontro musicale

 «Luxembourg meets Italy / Incontro con l’Italia»

organizzato da Noise Watchers Unlimited a.s.b.l. in collaborazione con Spaziomusica di Cagliari.

 

 

PassaParola li ha intervistati.

 

 

In cosa consiste il progetto che portate in Lussemburgo?

Elio: Si tratta di una composizione acusmatica che privilegia il tempo dilatato, la dimensione tonica, la distensione. Si tratta di un lento fluire di profili sonori che richiedono l’attivazione di una condotta uditiva che ben si predisponga all’attesa, alla sosta, all’ospitalità.

Luigi: Il mio pezzo si chiama “Il contatore di nuvole”. Quando Claude Lenners mi ha chiesto di far parte del progetto e di scrivere un pezzo per pianoforte e sistemi elettroacustici, ho pensato subito di non portare il pianoforte nel mondo della musica elettroacustica, dove anche il suono del pianoforte può essere trasformato da strumenti elettronici in uno strumento “altro”. La mia intenzione è stata quella di usare la tecnologia come mezzo per l’esaltazione dell’abilità del pianista e di scrivere quindi un pezzo in cui la sua energia fosse portata al massimo dell’espressione. Il mio pezzo è un dispositivo che chiede una grande prestazione ritmicaall’esecutore in un confronto esasperato con la precisione estrema del computer.

Il titolo del pezzo vuole mettere l’accento sul fatto che in musica, come in ogni espressione artistica, è necessaria una disciplina metodica, ma che la materia è così sfuggente che non è possibile venirne a capo soltanto con un calcolo deterministico.

Fabrizio: “Trasparenze impossibili”, per pianoforte e suoni elettronici. Dopo aver composto la parte pianistica che si muove in una continuo mostrare e nascondere il tempo pulsato – alternando velocità e lentezze, zone acute a zone gravi, zone rarefatte a zone dense, in generale zone indecise, imprecise, mai nette – ho iniziato a lavorare,  con  Elio Martusciello, alla parte elettronica. Tante parole, tentativi, discussioni, prove, hanno dato a Elio gli spunti per comporre la parte elettronica, parte che in qualche modo tenta di ordinare il disordine pianistico, lo confina in un qualche modo donandogli un ordine insperato.

 


Com’è nata la collaborazione con Claude Lenners?

Elio: non saprei dirti, perché mi ha coinvolto Fabrizio Casti, non che non conoscessi già Claude, ma si tratta di un progetto a cui probabilmente stavano già lavorato prima del mio inserimento.

Luigi: Conosco Claude da molti anni, da quando è stato borsista a Villa Medici, sicuramente più di 15 anni fa. Da allora siamo sempre rimasti in contatto e ci siamo sempre stimati vicendevolmente.

Fabrizio: Conosco Claude da tanti anni, circa 20, ci siamo conosciuti a Darmstadt, penso, o a Heilbronn, non ricordo… ricordo una sfida incrociata con il pianista Oscar Pizzo in un museo di giochi, ognuno di noi vinse con un gioco diverso, fu molto divertente, da allora abbiamo collaborato per un altro progetto con Irvine Arditti, Oscar Pizzo e Manuel Zurria. Insomma quando qualcuno ha qualche idea che può interessare l’altro ci si sente e si prova a realizzarla insieme.

 

 

Com’è il vostro rapporto con la musica elettroacustica?

Elio: I primi contatti con la musica non sono avvenuti tramite gli strumenti musicali (in famiglia nessuno praticava l’arte del fare musica), ma attraverso i dispositivi elettroacustici che la riproducevano: la radio, il giradischi, il mangiacassette. Credo di aver privilegiato da subito nell’esperienza musicale non tanto l’atto del produrla, ma la dimensione dell’ascolto da un lato e le tecnologie elettro-elettroniche per la riproduzione dall’altro. Insomma, per me fin dall’inizio è sembrato del tutto naturale che il senso più profondo dell’esperienza musicale fosse da ricercare nella capacità di orientare esteticamente il nostro udito nei confronti di qualsiasi suono.

Contemporaneamente però mi sembrava, sempre fin dall’inizio, che fosse anche del tutto ovvio che le tecnologie elettro-elettroniche potessero ampliare al massimo le nostre occasioni, i luoghi e i modi per esperire tale universo sonoro. La fase del produrre musica invece è avvenuta solo in un secondo momento. Da questo punto di vista per me, da allora, le cose non sono più cambiate e la gerarchia è rimasta sempre la stessa: la cura per le qualità ospitali dell’orecchio; le tecnologie elettro-elettroniche che riproducono suoni esistenti e ne creano di nuovi; l’attività creativa dell’artista.

Luigi: Ho iniziato a studiare Musica Elettroacustica nel 1972, quando la si poteva studiare e praticare soltanto nei grandi laboratori delle università americane e in una decina di Istituzioni europee.

Da allora mi sono dedicato esclusivamente alla produzione elettroacustica, pur integrando ad essa suoni strumentali, immagini, danza e testi. In particolare ho lavorato molto al rapporto tra il suono e lo spazio, sperimentando la diffusione surround fin dagli Anni ’80.

La musica elettroacustica è quindi il punto centrale della mia attività di musicista.

Fabrizio: Il mio rapporto con la musica elettroacustica è un rapporto stimolante, sono un compositore prevalentemente acustico, ma trovo che il pensiero, molte modalità e le possibilità che mostra siano estremamente interessanti anche per comporre la musica strumentale.

Nel mio lavoro ho usato l’elettronica in modo sempre misto, cioè ho sempre composto opere per strumenti acustici + l’elettronica. Ultimamente esperienza di improvvisazione mi avvicinano ancora di più a questo mondo in quanto c’è il contatto diretto con la vibrante sonorità non più mediata dalla carta o dall’interprete.

 

Come descrivereste voi stessi in tre aggettivi?

Elio: Ipersensibile, sensibile, insensibile.

Luigi: Perfezionista – curo e progetto le mie opere fino al minimo particolare

Anticonvenzionale – rifuggo sempre dagli stereotipi e dalle scuole di pensiero istituzionali

Istintivo – I miei progetti non usano strutture formali precostituite.

Fabrizio: sensibile, indeciso, paziente

 

 

La musica oggi: quanto è difficile emergere e vivere con la propria arte?

Elio: Certo oggi è molto difficile emergere e vivere con la propria arte, ma non sono sicuro che questo sia un dato veramente (o comunque sempre) negativo. Ho qualche forma di idiosincrasia nei confronti dei professionisti dell’arte.

La mercificazione dell’arte, la falsa questione dello “stile”, la sacralizzazione dell’opera d’arte e dell’artista ne sono dei derivati inevitabili. Derivati che spesso inquinano la creatività, trasformando l’arte in un “fine”, dimenticando che essa dovrebbe essere solo uno “strumento” a disposizione dell’uomo. Nel caso della musica si tratta di uno strumento capace di orientare e destrutturare il senso dell’udito, capace di rimodellare il nostro rapporto con il mondo e con gli altri, in definitiva… in grado di “nutrire la vita”.

Luigi: Fin da quando ho incominciato a fare il compositore mi sono sempre stupito che qualcuno apprezzasse la mia musica e soprattutto che qualcuno mi pagasse per farla. Ancora oggi continuo a non capire perché riesco a vivere scrivendo musica. Non ho mai cercato il successo se non come comunicazione verso le persone che stanno intorno a me. E nonostante questo ricevo sempre più proposte di lavoro di quelle che riesco a portarne avanti. Sicuramente sono fortunato, faccio quello che mi piace fare.

Fabrizio: Dipende dal punto di vista, considerando lo star system direi che è impossibile vivere, tranne che per le star appunto, ma non è l’unico modo. Io vivo con la mia “arte” insegno in Conservatorio, parlo, penso con allievi, colleghi, scrivo, suono, leggo, studio, insomma faccio quello che amo e lo faccio sempre. La differenza con le star? …

 

Paola Cairo

 

Biglietti: 15 eur/7 eur

Prenotazioni : 26 32 26 32

 

www.philharmonie.lu

 

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